Jorit copia e fa bodyshaming: questo e altro per la propaganda!

La scelta dell’ultima opera di Jorit, artista napoletano famoso per la sua street art, ha destato qualche sospetto negli occhi degli osservatori più attenti. La bambina ritratta su un edificio a Mariupol non sarebbe infatti del Donbass, come invece dichiarato da Ciro Cerullo, in arte Jorit appunto: “È una bambina del Donbass che ha vissuto i suoi primi anni immersa nella guerra” aveva spiegato l’artista, che ha raffigurato la giovane con i colori, negli occhi, della bandiera russa circondata da due missili NATO.
Pare, però, che la ragazza non sarebbe, come detto, del Donbass: l’opera è infatti identica a una foto scattata nel 2018 da Helen Whittle, fotografa australiana che aveva ritratto sua figlia. In pratica Jorit avrebbe – anzi, di fatto ha – rubato una vecchia foto di una bambina dell’altra parte del mondo e l’ha usata, abusivamente, senza consenso dell’autrice (nonché madre), per la sua opera. La vera bambina a cui Jorit si sarebbe ispirato si chiamerebbe Nastya, la sua foto è esposta a Mosca ma le sembianze, ovviamente, sono del tutto differenti dalla bambina ritratta dall’artista. Il comportamento di Jorit, che ruba l’immagine di una bambina per usarla nella sua opera, viene a discordare con la ricerca della verità sulla guerra in Ucraina professata dall’artista. Un controsenso che è ricorrente – lo si dice per esperienza – tra chi professa certe idee: in Donbass “non c’è nessuno da liberare” ha dichiarato l’artista, spiegando che la popolazione “lotta da 8 anni per liberarsi da un regime, quello di Kiev, che di democratico oramai non aveva più niente”. Jorit cerca di raccontare, insomma, una storia tutta sua, ergendosi a guru della verità, ma venendo poi lui stesso meno ai suoi “principi” di autenticità. Tra l’altro, la situazione si aggrava se pensiamo che la foto di Whittle è utilizzata a fini politici e propagandistici: la fotografa prende le distanze dalle parole di Jorit, ma intanto l’immagine della figlia è ora legata senza volerlo alla propaganda russa in Donbass.

Beccato inevitabilmente, Jorit ha ammesso il suo comportamento: “Ho ridisegnato Nastya con la composizione ed elementi di questa bambina australiana”. Ma in quelle che non somigliano nemmeno lontanamente a delle scuse (che sarebbero dovute, verso Whittle), Jorit commette anche bodyshaming verso Nastya: “Purtroppo non è fotogenica e ha la fronte alta”. Una bambina poco social, in una guerra che è al contrario parecchio mediatica: insomma, “troppo brutta – ha dichiarato Francesco Filini, deputato di Fratelli d’Italia – per essere raffigurata in un murale, troppo brutta per creare empatia, meglio raffigurare una bella bimba dell’altra parte del mondo”. Quindi, in un solo colpo Jorit ci ha rifilato un racconto fantasioso sulla guerra in Ucraina, un furto di opera altrui, l’aver spacciato una bambina australiana per una del Donbass a fini propagandistici e, infine, bodyshaming. “Così – conclude Filini – la bambina del Donbass (ammesso che questa storia sia vera) oltre ai bombardamenti, si è dovuta subire pure il bodyshaming planetario di Jorit”.

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