Julian Assange è libero: la fine di un incubo targato “Censura”

Dopo molti processi ed una ridicola detenzione in un carcere di massima sicurezza, il Direttore australiano di Wikileaks, Julian Assange, sarà finalmente libero: una nuova speranza per l’area mediatica in generale, in barba alle paure che spesso tengono relegati moltissimi editorialisti in ogni parte del mondo, i quali vengono oppressi da regimi dittatoriali ferocemente manipolatori.

La privazione della libertà per aver detto il vero è uno scandalo a dir poco ragguardevole, se si pensa anche alla tristissima detenzione durata 5 anni in Inghilterra, subita dall’editorialista in questione. Un sacrificio che Assange ha portato avanti in nome delle vittime innocenti coinvolte nelle brutalità commesse dall’esercito americano in Iraq ed Afghanistan.

Dopo aver patteggiato per la sua scarcerazione su cauzione con l’Alta Corte di Londra, avrebbe oggi lasciato la terra albionica, così come la cella minuscola in cui era relegato, senza possibilità di interagire con qualcuno per la quasi totalità delle ore giornaliere trascorse. Non è un caso che questo isolamento barbaro e forzato abbia messo a dura prova la sua persona, talvolta facendogli decidere di non recarsi neppure in tribunale a causa di malesseri non ben specificati.

La verità ha un prezzo inestimabile e nel suo esempio avanzano tutti coloro che ancora oggi lottano contro la segregazione, per aver denunciato le nefandezze volute da qualche politicante senza scrupoli. 

Attualmente, Julian Assange, ai fini del patteggiamento avrebbe accettato di prendersi carico d’un reato inerente al suo ruolo tra una delle più grandi violazioni di materiale classificato americano, di modo che il Dipartimento USA possa conferirgli la possibilità di evitare il carcere in loco, consentendogli di tornare in Australia.

Attualmente i Pubblici Ministeri del medesimo dipartimento di giustizia potrebbero chiedere una condanna a  62 mesi, un fardello che però il giornalista australiano avrebbe già abbondantemente scontato nella prigione inglese di Belmarsh.

Ora l’incubo volge finalmente al termine, Assange dovrà comparire in tribunale mercoledì mattina nelle Isole Marianne Settentrionali, in America: tecnicamente l’accusa potrebbe chiedere ancora 175 anni di detenzione, ma è ben difficile che questo possa realmente accadere ora come ora.

Ad ogni modo, i quotidiani veri di tutto il mondo, quelli che da sempre si battono per la protezione delle libertà degli individui, saranno pronti a schierarsi sempre dalla parte di chi non ha mai avuto alcun timore di pagare uno scotto troppo alto per aver pubblicato gli errori politici dei potenti.

Nessuna resa, un monito che servirà da lezione per tutti gli stati che del bavaglio ne hanno fatto un simbolo per il proprio regime del terrore: il punto è che spesso,  in determinate parti del mondo, alcune persone non sono affatto libere neppure di conoscere ciò che arriva dall’esterno, a causa di un’ignoranza forzata. Piuttosto improbabile, ad esempio, che un cittadino nordcoreano sia in grado di conoscere la figura di Assange, a causa della forte pressione che il governo comunista esercita nel controllo dell’informazione.

Per questo servirà condurre nuove battaglie in futuro, per dimostrare che si può essere liberi esprimendosi e donando il sacro fuoco all’umanità, come nel caso di Julian. Fondamentale riconoscerne il merito e soprattutto le impervie difficoltà affrontate fino a questo momento. All’orizzonte ora c’è una nuova speranza, quella di rivedere l’alba con i propri cari, lontano dalle carceri, delatori e sciacalli: oggi come ieri, Free Julian Assange! Belmarsh Away.

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Gabriele Caramelli
Gabriele Caramelli
Studente universitario di scienze storiche, interessato alla politica già dall’adolescenza. Precedentemente, ha collaborato con alcuni Think Tank italiani online. Fermamente convinto che “La bellezza salverà il mondo”.

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