La Commissione UE finanzia l’Autorità nazionale palestinese, ma il riconoscimento dello stato per la Knesset è ancora lontano

Circa 3 giorni fa è stato approvato un pacchetto di aiuti da 400 milioni di euro –  prestiti e sovvenzioni – mediante una lettera d’intenti tra la Commissione europea e l’ANP. I nuovi fondi saranno dilazionati in tre mesi da luglio fino a settembre e serviranno per la gestione dell’economia palestinese, tragicamente affossata in questi mesi, ma anche per sanare il bilancio dell’Autorità nazionale palestinese. Molte sono state le iniziative che hanno avuto luogo in questi mesi per consentire all’organo citato in precedenza di gestire la crisi in corso nei territori palestinesi: l’iniziativa “Food For Gaza”, è un esempio lampante dell’impegno sostenuto da paesi come l’Italia per assistere la popolazione civile palestinese in difficoltà. La stessa Giorgia Meloni, ha incontrato il Primo ministro palestinese Mohammed Mustafa a maggio, rinnovando l’impegno italiano per il sostegno della popolazione civile palestinese.

Tuttavia la situazione israelo-palestinese non è affatto risolta e servirà molto tempo prima di un accordo in grado di evitare future riprese delle ostilità tra i due Stati in questione. Lo dimostra l’ultima votazione della Knesset (Parlamento israeliano) avvenuta sempre 3 giorni fa, ha negato la creazione di un vero e proprio Stato palestinese: piuttosto assurdo in termini giuridici che per il riconoscimento di uno stato debba intervenirne un altro, anziché un’organizzazione come l’ONU.

Passando invece alle occupazioni dei territori palestinesi, la Corte dell’Aja si è pronunciata da pochi giorni chiedendo ad Israele di far evacuare i coloni e riparare ai danni provocati durante le azioni militari sul territorio. Moniti che a quanto pare sarebbero rimasti inascoltati, visto che una delle risposte congiunte è arrivata proprio dai Ministri israeliani Ben-Gvir e Smotrich, i quali hanno  chiesto di annettere alcuni territori della Cisgiordania. Una risposta che avrà fatto impallidire ed imbarazzare anche qualche membro del Likud, ma il problema non riguarda soltanto l’ambito politico nazionale: simili asserzioni sono la dimostrazione che le Nazioni Unite siano diventate fin troppo deboli e di certo non basteranno le solite “preoccupazioni” di Guterres per terminare le ostilità reciproche tra Israele ed i terroristi di Hamas. 

Per Abu Mazen, il decreto dell’Aja rappresenta una vittoria storica, non si sa ancora in base a cosa, visto che persino parte dell’opposizione israeliana non ha alcuna intenzione di vedere il ritiro delle truppe dai territori occupati: basti pensare alle parole di Benny Gantz, il quale ha definito il verdetto della Corte ONU come un’ingerenza esterna controproducente e non solo.

Gli aspetti che preoccupano l’Occidente sul versante sociale 

Insomma, se sulle azioni di Hamas non ci sono dubbi in merito alle ingenti colpe inerenti gli attentati del 7 Ottobre e su molti altri aspetti, parallelamente non si può che osservare uno spirito mancante di collaborazione da parte di alcuni membri del Parlamento israeliano, che però non si trovano soltanto nei posti di comando ma anche nelle opposte fazioni.

Il dramma di questa crisi pesantissima è che l’intensificarsi di questo conflitto sta intaccando tutte le realtà intercontinentali: basti pensare alle occupazioni dei college americani architettate dall’estrema sinistra universitaria e che sicuramente non ha nulla a che vedere con i diritti dei cittadini palestinesi. Ancora, un altra situazione a dir poco grottesca si è verificata il 25 Aprile in Italia, precisamente a Roma, quando la Brigata Ebraica ha rischiato di scontrarsi in Piazza con un Corteo cosiddetto “Filopalestinese”.

A dir poco peggiore la mancata concentrazione di Joe Biden e degli USA su questo conflitto, con un amministrazione parlamentare ed istituzionale tra le peggiori nella storia americana, senza un briciolo di coesione su tematiche delicate come questa. Per occuparsi di crisi come questa, servono propositi efficienti e volontà di ferro, le stesse che fino a questo momento sono mancate al Presidente americano ed al suo intero Staff.

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Gabriele Caramelli
Gabriele Caramelli
Studente universitario di scienze storiche, interessato alla politica già dall’adolescenza. Precedentemente, ha collaborato con alcuni Think Tank italiani online. Fermamente convinto che “La bellezza salverà il mondo”.

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