La cultura, quella autentica e profonda, non si presta a visioni ideologiche parziali.
Appartiene e si appropria dell’umano, lo comunica trasversalmente e largamente.
Pur fondandosi nella storia e nell’identità, rivela se stessa, si offre spontaneamente, al mondo intero.
Possiede una natura “ecumenica”, rendendo vivo e fertile il pensiero dell’umanità, abbracciando idealmente il passato e il futuro, il particolare e il generale, l’io e il noi.
È un cuore che batte, una mente che non cessa di interrogarsi, un animo disponibile alla meraviglia. Suscita gratitudine e stupore, senza tuttavia impoverire la potenza creatrice del dubbio.
Sazia, ma non estingue la sete e la fame di nuova conoscenza.
Guardarsi indietro per spingersi in avanti, ascoltare e studiare, piegarsi sulle testimonianze della storia, rifiutando tanto atteggiamenti passatisti quanto il ruolo di meri osservatori acritici di cronache e narrazioni altrui, troppo spesso faziose e insincere.
La cultura non si cancella, si sedimenta, attendendo la primavera per portare frutto e speranza. Richiede impegno e fatica, umile disponibilità e servizio.
Il resto è chiacchiera e vuoto vociare, sterile autocompiacimento di sé.