La scorsa domenica il popolo cubano è stato chiamato ad eleggere il proprio Parlamento e tra qualche settimana verrà confermato, salvo improbabili sorprese, il Presidente attualmente in carica, Miguel Dìaz Canel, delfino di Raul Castro.
Ma credere che nell’isola si svolgano regolari e libere elezioni è solo una triste illusione, costruita ad arte dalla dittatura castrista per coprire la realtà di una autocrazia chiusa, per dare l’apparenza di uno Stato democratico, garantirsi così l’accreditamento con l’Estero e i finanziamenti da parte dei Paesi Occidentali e dalle potenze economiche mondiali.
A Cuba, innanzitutto, il voto non è un diritto ma un obbligo. Non si può fare campagna elettorale, perché vietata per legge.
Le Politiche fanno parte di un più ampio ciclo iniziato nel novembre 2022 con l’elezione di circa 11mila rappresentati municipali (dove solo il 68,58 % degli aventi diritto si è presentato alle urne) e che terminerà con il 19 aprile con la conferma di Canel alla guida del Paese. Questo sistema, introdotto nel 2019 con l’approvazione della nuova Costituzione e che ha ridotto da 612 a 474 i membri del Parlamento, è il primo passo verso il modello unico senza la partecipazione dei partiti politici.
Il ruolo dei parlamentari dovrebbe essere quello di rispondere alle istanze dei cittadini, ma di fatto è quello di una vigilanza delle diverse comunità, svolta in maniera capillare ed autoritaria. In questo modo il PCC (Partito Comunista Cubano) può esercitare un controllo tempestivo e totale su tutto quello che accade nell’isola.
Tutti e 474 i candidati in lista erano appartenenti al PCC, l’unico partito che può esistere legalmente perché nessuno di opposizione è riconosciuto o permesso. Metà di questi è stata indicata direttamente da una commissione nazionale delle candidature, composta da sindacati e associazioni, anche questi assoldati al PCC; l’altra metà era designata dai governatori municipali.
Se il candidato non raggiunge il 50% dei voti, lascia il posto vuoto per i prossimi cinque anni, perché non c’è la possibilità per l’elettore di esprimere una scelta alternativa. I membri dell’Assemblea Nazionale non avranno alcun potere decisionale, si limiteranno a seguire le indicazioni del partito, a formalizzare le decisioni prese dal PCC e a controllare i territori ai quali sono stati assegnati.
Gli elettori, a loro volta, non esercitano così un diritto di voto ma una semplice ratifica tramite le finte elezioni di quanto deciso dai plenipotenziari di Castro.
È per questo che le opposizioni hanno invitato la popolazione a non andare a votare e i risultati alle urne sono stati ben lontani da quella aspettativa bulgara che la propaganda di regime costruiva e si attendeva.
Questo, nonostante la repressione delle proteste, le minacce ai dissidenti e agli osservatori indipendenti del voto ai quali è stato fatto divieto di uscire di casa proprio il 26 marzo. Moltissime persone non sono andate a votare nonostante la dittatura arrivi a geolocalizzare i lavoratori per scoprire se si sono recati o meno al seggio.
Lo stesso Canel, poche ore dopo lo spoglio, si è sfogato in un tweet, evidentemente infastidito dalla protesta tramite l’astensione per la quale i cubani rischiano il carcere e addirittura la vita. La macchina della propaganda si è poi subito mossa per insabbiare la diserzione alle urne e gonfiare il risultato dei partecipanti: i giornali parlano di un quorum oltre il 70%, ma in realtà sarebbe di molto molto inferiore.
Tutto questo arriva a noi tramite canali informali: le testimonianze video e le foto dei seggi deserti, ripresi da cittadini comuni di nascosto per non farsi arrestare dalla polizia castrista.
Secondo i più riconosciuti think-tank che valutano il tasso di democraticità dei Paesi, come il The Economist Democracy Index, Freedom House e Varieties of Democracy (V-Dem), Cuba rimane tra quelli con i peggiori indicatori democratici dell’America Latina, assieme a Nicaragua, Venezuela e Haiti. Da oltre vent’anni, inoltre, è tra gli Stati agli ultimi posti della classifica per la libertà di stampa.
Chi governa il Paese ha un alto tenore di vita e con ogni comodità concessa da quel tanto deprecato capitalismo che il comunismo considera il “male assoluto”. La differenza tra la casta (composta dalla famiglia Castro, la sua corte, i funzionari e i militari che a loro rispondono) e il popolo è abissale.
Nell’isola è in atto la peggiore crisi economica degli ultimi 30 anni: l’inflazione è alle stelle e ha completamente svalutato la moneta locale. Mancano pane e medicine; ai bambini sopra i 7 anni è vietato bere latte a causa della sua scarsità; la popolazione deve fare lunghe file quotidianamente per acquistare i beni di prima necessità, i cui prezzi sono aumentati nell’ultimo anno del 72%. Si vive e si lavora sotto un blackout energetico, che durerà almeno fino a maggio con una corrente fruibile solo 4 ore alla mattina e 3 ore alla sera. La crisi energetica è iniziata nel 2018 e molte città hanno subito blackout totali. Il Ministero del Turismo a gennaio ha ufficializzato il default di Stato annunciando che non pagherà i fornitori, sia cubani che stranieri, per tutte le fatture emesse da novembre 2022 in poi.
Lo sperpero effettuato dalla casta per garantirsi il proprio lusso e la corruzione degli apparati statali, accumulato sotto forma di debiti di Stato nei confronti di creditori esteri, hanno reso difficile l’approvvigionamento di materie prime e di beni di prima necessità. Eppure, l’isola potrebbe vivere esportando zucchero, nichel, tabacco, pesce e cacao.
Per la Corte Internazionale dei diritti umani il regime ha commesso oltre 60 tipi di violazione, tra le quali detenzione arbitraria, processi sommari e soppressione delle libertà individuali. Sono più di 1.000 i detenuti politici e tra questi ci sono centinaia di bambini.
Votare il 26 marzo significava non solo legittimare un processo privo di trasparenza e totalmente controllato del PCC, ma anche ratificare lo sfruttamento e la repressione continua dei diritti sotto i quali Cuba vive da 64 anni.
Altro che Rivoluzione! Altro che Democrazia!
Anche se il 19 aprile Canel tornerà Presidente, è chiaro che il popolo non è più disposto a farsi sfruttare e manipolare.
Noi auguriamo a tutti i cubani di riprendersi presto in mano il loro destino.
Patria y Vida!
Libertad!