La follia dello stato di emergenza senza fine.

Nella post-democrazia lo stato di emergenza non è più una emergenza, anzi sembra essere diventato la normalità. La definizione di emergenza cambia radicalmente: mentre nell’età pre-pandemica l’emergenza deve essere certificata, chiara ed evidente, nell’era delle pandemia si mantiene lo stato di emergenza in funzione preventiva. Poiché l’emergenza potrebbe esplodere, allora è bene mantenere questo stato in modo che lo Stato possa intervenire più rapidamente e in modo più efficace al mantenimento della salute, intesa come mera sopravvivenza materiale. In questo modo cambia radicalmente anche la stessa concezione dello scambio tra nostra libertà e difesa dal pericolo. Mentre nella concezione hobbesiana lo scambio è tra la libertà dell’individuo e la sicurezza di fronte a un pericolo reale, qui invece viene sacrificata la libertà dei cittadini in nome di un pericolo possibile. Come ha detto del resto il presidente del Consiglio, Draghi, al recente Global Health Summit, bisogna prepararsi alle “prossime pandemie”.

Per questo non siamo rimasti sorpresi quando abbiamo letto che proprio Draghi sarebbe colui che intende prorogare, de facto sine die, lo stato di emergenza, e non Speranza che, su questo almeno, sarebbe o sarebbe stato favorevole ad una riapertura totale. E non siamo rimasti sorpresi perché il metodo di governo Draghi è fondato proprio sulla presenza di un’emergenza. È una emergenza che lo ha fatto chiamare al governo, è l’emergenza che ha fatto accettare dai partiti di governo una coalizione eteroclita in cui il loro potere, soprattutto sui dossier di peso, è stato di fatto annichilito. È infine l’emergenza che ha reso giustificabile la anomalia di un premier non parlamentare.

I cultori formali delle regole potranno obiettare che nella nostra costituzione il presidente del consiglio e persino in teoria tutti i ministri sono legittimi perché investiti indirettamente e non eletti. Nessuno però è cosi cieco da non vedere che si tratta di un’anomalia rispetto ai regimi democratici occidentali, in cui il capo del potere esecutivo è sempre legittimato dalle urne, è sempre parlamentare o, nel caso dei regimi presidenziali, è  il capo dello stato eletto. La lunga teoria dei governi tecnici in Italia (da Ciampi a Dini a Monti) era in passato giustificata dall’emergenza, che era per definizione momentanea e di breve periodo. Nell’eta pandemica invece l’emergenza è “never ending”, come scrive il “Telegraph” riferendosi al lockdown e non alla Storia infinita.

E il “Wall Street Journal “ di oggi si chiede se i “covid rules” siano destinati a durare anche dopo la fine della pandemia. Nell’età pandemica l’emergenza non è più lo stato di eccezione, anzi lo stato di eccezione diventa la norma. Quindi il prolungamento dello stato di emergenza è senz’altro una follia, come ha denunciato Giorgia Meloni: ma si tratta purtroppo di una follia con metodo.

Il che vuol dire che va combattuta ancora più a fondo.

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Marco Gervasoni
Marco Gervasoni
Marco Gervasoni (Milano, 1968) è professore ordinario di Storia contemporanea all’Università degli Studi del Molise, editorialista de “Il Giornale”, membro del Comitato scientifico della Fondazione Fare Futuro. Autore di numerose monografie, ha da ultimo curato l’Edizione italiana delle Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia di Edmund Burke (Giubilei Regnani) e lavora a un libro sul conservatorismo.

1 commento

  1. Bravo Professore. Se vogliamo, potremmo dire che oramai è diventata emergenza la stessa emergenza. Questo gioco però ci fa perdenti di fronte alla maggioranza che non vuole emergere. Preferiscono soffocare che respirare. Le situazioni di emergenza non possono essere perenni sennò vuol dire che non si prendono sul serio oppure che non lo sono. Questo lei lo sa meglio di me. Scusi per questi sciocchi commenti ma non parlo più con nessuno che ora mi annoiano un po’ tutti. Forse è per il caldo. Buon lavoro

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