La libertà si paga con il sangue: dalle Termopili a Mariupol

Quando, il 22 giugno 1941, la Germania, l’Italia e i loro alleati attaccarono l’Unione Sovietica, Stalin si rivolse, più volte, al proprio popolo incitandolo alla resistenza. Non era certo uno scontro facile.

Nei primi sei mesi, quelli ricordati come Operazione Barbarossa, l’URSS perse circa quattro milioni di uomini. Sappiamo com’è andata a finire ma quel primo anno la guerra era, o così sembrava, in bilico. Se l’umore dei popoli sovietici fosse crollato o si fossero addirittura ribellati cosa sarebbe successo? Stalin questo non poteva permetterlo e oltre alla ferrea disciplina imposta dai commissari politici usò, come sempre in questi casi, d’ incitare al combattimento attraverso la retorica.

Il 7 novembre del 1941 concludeva il suo discorso:

“La guerra che voi conducete è una guerra di liberazione, una guerra giusta. Che le figure ardimentose dei nostri grandi antenati – Alessandro Nevski, Demetrio Donskoi, Cosimo Minin, Demetrio Pogiarski, Alessandro Suvorov, Michele Kutusov – vi ispirino in questa guerra! Che la vittoriosa bandiera del grande Lenin sia il segno che vi guidi!”

Cita la Patria – e infatti quella contro l’Asse è ricordata come la Grande Guerra Patriottica – e gli eroi del passato russo. Personaggi tra loro certamente non assimilabili, non solo per la distanza temporale, fra i rivoluzionari comunisti – come Demetrio Donskoi, Santo per la chiesa Ortodossa – ma sicuramente Patrioti.

Perché lo fa? Il richiamo della patria e degli eroi, e dei santi, è più forte di qualsiasi altro e, in un momento drammatico com’è una guerra, le radici, la patria e il coraggio sono la saldezza e lo sprone. Anche se nei tempi di pace sopra quei valori ci si sputa sopra.

Eppure c’è un legame ancestrale, impolitico e irrazionale con le figure che superano se stesse e incarnano il coraggio e il sacrificio.

Lo sa bene Hollywood, e infatti quali sono i film più visti? Quelli dei supereroi che richiamano, a modo loro, l’epica. L’ammirazione per il coraggio è in noi istintivamente. Nonostante la cultura mainstream sia, da anni, impegnata a cancellare qualsiasi legame con la Patria e il coraggio, quando la situazione è drammatica anche i più progressisti tornano al patriottismo, all’identità e al coraggio.

Il Corriere della Sera, La Stampa, Repubblica oggi sono, incredibilmente, impegnati a esaltare la resistenza disperata di Azov a Mariupol. Ovviamente loro, gli stessi che negli anni hanno denigrato qualsiasi affermazione patriottica e d’amore per il coraggio, lo fanno per interessi di parte. Ma perché? Perché i pochi contro i tanti, il combattimento senza quartiere contro forze soverchianti, il sacrificio di sé per un ideale sono la realizzazione pratica di un verso di Pericle che nessuno ricorda ma di cui tutti siamo eredi: “Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà ma che la libertà sia solo il frutto del valore”.

E allora, dal puzzo del ferro, dalla fame e dalla sete di quell’enorme bara chiamata Azovstal, l’incredibile resistenza del Battaglione Azov, e degli altri reparti che rifiutano la resa, supera qualunque distinguo politico, qualsiasi “ma le svastiche?” o “e il Donbass?”, qualsiasi posizione da tifosi seduti su un divano a guardare la televisione con l’errata consapevolezza che per sempre qualcun altro rischierà la vita per noi, deciderà il meglio per noi mentre invece, come sempre nella storia, il coraggio e l’impegnarsi in prima persona sono l’unico modo per garantirci serenità e benessere.

Ma le mie sono chiacchiere e convinzioni con le quali voglio, ma non posso, convincervi. E allora, forse, se ci allontaniamo dai social, dal tifo, dall’interesse o dalle legittime, o meno, considerazioni geopolitiche, possiamo guardare questi giovani uomini che gridano Slava Ukraïni! (Gloria all’Ucraina!) mentre muoiono e magari rispondere a bassa voce Herojam slava! (Gloria agli Eroi!)

“Ma non ci toglieranno mai la libertà”.

Uno dei più belli ed esaltanti discorsi della storia del cinema si conclude così.

William Wallace è a capo di un popolo, quello scozzese, che vuole la sua indipendenza, vuole decidere da sé quello che è giusto per la propria nazione senza che altri possano decidere per loro.

Per questi valori si fa uccidere, impiccato e poi squartato. Non solo nel film – Breaveheart – ma anche nella storia reale. Un popolo fiero combatte anche se sa che la sconfitta è, quasi, certa.

È il più grande ed estremo gesto che si possa fare per la propria patria e per i valori più alti che si possano immaginare – coraggio, solidarietà, amore – a prescindere dalle contingenze.

Questa è casa mia e tu, Stato straniero, devi andartene. Poi, se la mia patria internamente è libera o meno, se il governo è giusto o corrotto, saremo noi a deciderlo. Saremo noi a scegliere, e magari a sbagliare, per noi ma senza che altri decidano per noi. O abbiano l’idea di poterlo fare.

Anche perché uno straniero penserà sempre prima a casa sua e solo dopo alla nostra.

“Prima indipendenti, poi liberi” scrisse l’apostolo della libertà d’Italia Guglielmo Oberdan prima di essere impiccato dagli austriaci.

Il sacrificio della propria vita non è gesto da poema epico. O meglio lo è, ma i poeti si sono ispirati alle tantissime volte che uomini e donne hanno deciso di rinunciare a tutto per dimostrare al mondo che la propria comunità e la sua dignità sono ben più importanti di tutto il resto. Compresa la propria vita.

Possiamo giudicare le motivazioni, le culture, l’ideologia politica e quello che vogliamo. Possiamo “tifare” per chi vince e non per chi si sacrifica ma amore e coraggio non sono soggetti a processo.

E chi ha esaltato l’eroismo e il patriottismo fino a ieri è un (gran bel) po’ ridicolo se oggi condanna quello altrui.

“Venite a prenderle”

Nel 480 a.C. il più grande esercito mai visto nella storia dell’antichità attacca la Grecia.

La culla della nostra cultura era un’identità ben definita ma non una nazione. Atene e Sparta, per non citare le altre città-Stato, si combattono in maniera quasi costante.

Ma sono greci, hanno un avversario comune, Serse Re di Persia, e un valore: la libertà.

L’esercito di Serse è imbattibile ma lo è più di un ideale? Il coraggio e l’amore per se stessi è più forte dell’inferiorità nel numero e nelle armi?

Non importa.

Non si sa esattamente quanti fossero i persiani. Alcuni storici parlano di 4 milioni di soldati, improbabile, ma anche il numero più basso, 170.000, è incredibilmente più alto dei greci, guidati dagli Spartani, che li affrontano.

I greci vanno alle Termopili e se oggi ci andiamo possiamo trovare un epitaffio che riporta scritto:

“Vai, dì agli Spartani,

o viandante,

che qui noi giacciamo

obbedienti alle loro leggi.”

La storia è nota. Leonida si fa ammazzare sul posto non perché pensasse di poter vincere ma per prendere tempo e far sì che si unisse un esercito comune dei greci – oltre a far scappare il “grosso” dei soldati, non spartani, che difendevano le Termopili e che, dopo il tradimento di Efialte, erano circondati –.

Rimane anche per lasciare un messaggio a tutti gli altri: vi doniamo tutto quello che abbiamo, ricordatelo e onoratelo per voi, i vostri figli e la nostra Patria.

Nel film 300 alla fine Leonida si rivolge alla sua regina, il suo amore, perché nessuno è felice di morire. E nemmeno lo vuole. L’eroismo non è essere incoscienti ma sapere abbandonare quello che si vive per qualcosa di più grande, sennò non è una rinuncia, altrimenti non è un sacrificio. Non è un “oggi bevo un bicchiere di meno”, è un “non ci sarà un domani per me. Peccato. Ma è giusto così”.

Gli spartani muoiono tutti ma hanno preso tempo e hanno scritto, col proprio sangue, un’invocazione agli altri greci.

E così, poi, a Platea, pur se inferiori nel numero, ma certo non nello spirito, i greci sconfiggono i persiani.

Ma gli Spartani non sono solo un ricordo. Sono un esempio, sono i più famosi fra i tanti che meritano d’essere ricordati.

Le Termopili d’Italia

Prima Guerra Mondiale. È il 30 maggio del 1916. Passo Baule è in Veneto. È un luogo strategicamente fondamentale e gli austriaci l’attaccano già da un mese. I nostri si difendono in maniera disperata.

Un battaglione della Brigata Sicilia, poi rinforzato da altri reparti, resiste.

Gli imperiali vogliono passare ma non passano.

Sono le Termopili d’Italia.

“Non abbiamo ceduto di un sol passo e non cederemo finché resti un sol uomo”

Anche in questo caso i difensori non si arrendono e non arretrano e, probabilmente, ci salvano dalla sconfitta.

Due anni dopo, proprio là vicino, verranno preparati i documenti che, firmati il 3 novembre, sanciranno la vittoria d’Italia nella Prima Guerra Mondiale.

Ma il mito si incarna in tanti luoghi e tempi diversi.

E gli statunitensi sono fra i più bravi a raccontarlo.

“Ricordatevi di Alamo”.

Il 21 aprile 1836 i texani vincono la battaglia di San Jacinto contro l’Impero Messicano, di cui il Texas è parte, e ottengono la libertà – pochi anni dopo entreranno negli USA –. Ogni battaglia ha bisogno di una motivazione, l’indipendenza, e di un grido di battaglia: “Ricordatevi di Alamo”.

A cosa si riferisce?

Due mesi prima le truppe messicane avevano attaccato la missione francescana di Alamo.

Santa Anna, il generale messicano, ha dalla sua la forza del numero, sono 10 a 1, e delle armi.

“Il nemico mi ha chiesto di arrendermi, ho risposto loro con un colpo di cannone, non mi arrenderò mai”.

Non può non vincere e lo fa. Ma a quale prezzo?

Quello di far diventare i difensori di Alamo, tra cui David Crockett che diventerà un’icona degli Stati Uniti, martiri. E nel loro nome i Texani vincono a San Jacinto e gli USA, pur con tutti i loro difetti, non dimenticano d’essere stati sconfitti e, per questo, imparano a voler vincere. E Alamo la raccontano in tanti film e storie popolari che si concludono, invariabilmente, con la bandiera che sventola e la vittoria che arriva proprio perché, sullo sfondo, ci sono i resti della missione e i corpi di chi è morto combattendo per la libertà

“…And then they sent a young scout from the battlements, bloody and loud

With the words of farewell from a garrison valiant and proud

“Grieve not little darling, my dying, if Texas is sovereign and free

We’ll never surrender and ever with liberty be”

Toscani! Son queste le vostre Termopili: o vincere o morire!”

Passano pochi anni e “Non morrà in Italia il ricordo dei difensori toscani che con animo non impari a quello del leggendario manipolo lacedemone, apposero i loro petti alle orde avanzanti tra Curtatone e Montanara sui campi italiani a ripristinare il dominio del giogo feroce e della tirannide austriaca. Oggi, l’Italia, la Toscana e Firenze, in quella regione ideale del tempo, della storia e della gloria che il tempio di Santa Croce, innalzano a quel ricordo i pensieri più puri e dedicano a quella gloria il fiore delle loro speranze”.

Prima guerra d’indipendenza, 1848. Gli austriaci stanno accerchiando l’esercito piemontese ma a Curtatone e a Montanara vengono frenati dai volontari napoletani e toscani.

Inferiori di 5 a 1 come uomini e come artiglieria i nostri non possono farcela. Ma, perdendo quasi un decimo dei propri effettivi, resistono abbastanza da permettere all’esercito sabaudo di non essere aggirato e vincere nella battaglia di Goito.

Anche qui pochi contro molti. Coraggio o incoscienza? O ideali?

“Un modello di lotta della civiltà contro la barbarie, della libertà contro il dispotismo, dei pochi contro i molti, e ancor più del sacrificio volontario, della gioventù offerta per il bene della patria.”

A Roma. Repubblica.

Un anno dopo, è il 3 giugno 1849. L’esercito francese ha attaccato la Repubblica Romana. Non ci sono dubbi sul risultato, eppure un giovane poeta cavalca contro di loro. Goffredo Mameli e gli altri patrioti combattono l’esercito francese pur sapendo di perdere per difendere un ideale e per, lui, rispettare col sangue le parole che aveva scritto e che saranno il nostro inno.

Viene colpito a una gamba, gliela amputano ma non basta. Un mese dopo morirà.

Doveva ancora compiere 21 anni.

«Italia mia! Non la Italia delle turpitudini e del lucro quella del tanto per cento, quella curvata sotto la sferza dell’Ibero, del Borbone, del Croato! Non quella della pancia e della prostituzione! Ma l’Italia ideale, sublime, quella concepita da Dante, quella per cui morivano i Bandiera a Cosenza e migliaia di giovani sotto le mura della sua Metropoli, esaltandola moribondi, acclamandola mutilati! Ebbene, quella Italia del mio cuore aveva trovato il suo bardo, Mameli, al volto d’angelo, al cuore d’un Masina. Non gli ermafroditi suoi istrioni, i suoi eunuchi, ma egli, Mameli, avría trovato l’inno italiano, l’inno che la sollevasse dalla polve, quando generato da un Mameli! I nati sotto il cielo d’Italia non abbisognano dell’estraneo per redimersi, ma d’unione, e d’un inno che li colleghi, che parli all’anima dell’Italiano, coll’eloquenza del fulmine, la potente parola del riscatto!».

E poi? E poi nasce l’Italia. Come?

Con i nomi dei nostri grandi sul labbro

Il 20 dicembre 1882 viene impiccato a Trieste Guglielmo Oberdan per aver pensato e progettato di uccidere l’Imperatore d’Austria-Ungheria, Francesco Giuseppe, per liberare le nostre terre, Trieste, Trento, l’Istria e unirle all’Italia.

Aveva rifiutato la richiesta di grazia perché, come disse Giosuè Carducci: “…Egli andò, non per uccidere, ma per essere ucciso. E oggi, in questo oscuramento d’Italia, c’è un punto ancora della sacra penisola che risplende come un faro, ed è la tua austriaca prigione, o fratello.
Tutte le memorie, tutte le glorie, tutti i sacrifici, tutti i martiri, tutte le aspirazioni, tutte le fedi si sono raccolte là, nella oscurità fredda, intorno al tuo capo condannato, per consolarti, o figliuolo, o figliuolo d’Italia!
Oh poesia d’una volta! Chi potesse pigliare il tuo cuore e darne a mangiare a tutti i tapini della patria, sì, che il loro animo crescesse e qualche cosa di degno alla fine facessero! Oh poesia d’una volta! Chi potesse, consolandoti anzi morte con la visione del futuro, farti segno di rivendicazione, e trarre intorno la tua immagine, e batterla su i cuori, gridando: Svegliatevi, o dormenti nel fango, il gallo rosso ha cantato.”

Oberdan voleva morire? No, certo. Ma riteneva di doverlo fare per dare un segno agli italiani. Per gettare un altro seme che, germogliando, avrebbe spinto alla libertà verso cui “correranno i giovani d’Italia; correranno, con i nomi dei nostri Grandi sul labbro”. I martiri daranno, e danno, la forza di fare ciò che è giusto.

Quanto dolore può fare una corda che stringe il collo?

Oberdan aveva 24 anni. Una vita d’avanti. Sceglie di donarla.

Un pazzo? Poteva rimanersene a casa? Può essere.

Trovate il coraggio di dire “per me era scemo” o, se siete filoasburgici, “era un traditore” davanti alla sua cella. Poi domandatevi cosa fate per avere il diritto di criticarlo e fateci sapere…

Trentasei anni dopo l’Italia vinceva la Prima Guerra Mondiale e, nella battaglia finale, “Fu sacro il patto antico /Tra le schiere, furon visti
Risorgere Oberdan, Sauro, Battisti”.

L’Italia ha ricordato, con poca passione, il 4 novembre, la sua vera festa dell’unità. Altri, invece, sulle proprie vicende storiche ci costruiscono il presente e il futuro della propria Nazione.

“Mai più Masada cadrà”

E Masada è un mito, di carne e, soprattutto, sangue, per Israele.

Nel 74 d. C. l’esercito romano accerchia la città. Ci si sono ritirati gli ultimi ribelli della prima guerra giudaica.

Masada è una fortezza teoricamente inespugnabile eppure l’esercito guidato da Lucio Flavio Silva riesce, grazie alle sue eccezionali capacità, a entrare. Non trovano, però, nessuno vivo – o, meglio, cinque bambini e due donne –. Si sono tutti dati la morte per non essere catturati così da morire liberi e non vivere come schiavi.

Oggi le reclute dell’esercito israeliano vengono portate a visitare i resti della fortezza. Non vanno però come turisti a godere i reperti che l’Unesco protegge. Vanno a fare un giuramento cercando, oltre il tempo che tutto nasconde ma niente cancella, le gocce di sangue di chi preferì morire piuttosto che arrendersi. Di chi diede la morte a se stesso e ai suoi cari pur di rimanere libero.

E sul quel sangue promettono “mai più”.

“Cause I know now life ain’t no dice

Yes, I know now life is a sacrifice”

Siamo in grado di dire “esagerati”? Ce ne freghiamo così tanto della dignità da avere il coraggio di pretendere la codardia e il “vabbé, Franza o Spagna purché se magna” dagli altri?

Ce ne sono davvero tanti di esempi da poter fare. I pochi contro i tanti quando “uccidere un fascista non era reato”. I mille episodi in guerra e pace che il mondo magari non conosce ma in cui la libertà e la dignità sono stati difesi e incarnati da chi ha sacrificato tutto.

Diteglielo ai leoni della Folgore nel deserto di El Alamein che si dovevano arrendere senza combattere. In fin dei conti erano di meno e molto male armati rispetto agli inglesi eppure “Carri armati nemici fatta irruzione a sud. Con ciò Ariete accerchiata. Trovasi circa cinque chilometri a nord ovest Bir el Abd. Carri Ariete combattono”.

Pensate un po’. Morti per l’Italia. Pensa che scemi.

Oppure ai pochi reduci francesi della Charlemagne che si fanno decimare a Berlino il 2 maggio per non far festeggiare la vittoria il primo maggio ai comunisti di Stalin.

O quei giapponesi, eredi dei samurai, che si gettano con i propri aerei contro le navi americane.

Poi magari andate da Jan Palach, dagli studenti, braccianti, operai di Budapest 1956 e da quelli che sono i loro eredi, non politici ma ideali, e spiegateli che “sì però, forse. Ora vi spiego io che il coraggio è starsene a casa a fare dei distinguo e cambiare bandiera se conviene”.

E lo fate mentre siete a casa, a misurare ogni parola, ogni gesto, ogni simbolo esposto da chi parla di coraggio e morte e poi ha il pessimo gusto di morire sul serio, mentre noi cambiamo canale sulla nostra televisione a 55 pollici.

Ma il dramma è che non si discute delle svastiche, della Nato, di Putin, delle implicazioni geopolitiche per l’Europa e l’Italia – tutto legittimo se fatto con serietà e competenza – ma si tifa. Fino a ieri, anche su questo sito, condividevate gli articoli dedicati a Quattrocchi – Poteva chiedere pietà invece di gridare “vi faccio vedere come muore un italiano”. E magari oggi era vivo. Che idiota! – al coraggio e oggi sul coraggio ci sputate sopra.

Visto che si parla tanto delle letture di Azov chissà se, in queste probabili ultime ore, oltre a ricordare i camerati caduti – e uso questo termine perché so che l’apprezzerebbero e, soprattutto, perché hanno condiviso la trincea mentre carri armati stranieri entravano a casa loro –, si domandano qual è il senso della loro battaglia. Io di certo non lo so ma il più grande scrittore giapponese, e non solo, Yukio Mishima, disse: «Dobbiamo morire per restituire al Giappone il suo vero volto! È bene avere così cara la vita da lasciare morire lo spirito? Che esercito è mai questo che non ha valori più nobili della vita? Ora testimonieremo l’esistenza di un valore superiore all’attaccamento alla vita. Questo valore non è la libertà! Non è la democrazia! È il Giappone! È il Giappone, il Paese della storia e delle tradizioni che amiamo.» e poi, pensa te, si sventra.

Da dentro quell’acciaieria Azov e gli altri hanno fatto perdere tempo all’esercito russo impedendo che impiegasse tutte le sue truppe su altri fronti. Pochi contro tanti.

In questi giorni, magari proprio adesso, qualcuno degli ultimi è stato falciato da una raffica di mitra o si è fatto saltare in aria insieme a qualche russo. Magari qualcuno ha mandato un video, se la batteria del cellulare ancora funziona, ai figli per salutarli magari dicendo “moriamo per voi”. Certamente con gli occhi lucidi, perché nessuno vuole morire, ma Slava Ukraïni! – e non Slava Zelenski o Slava Nato –, una preghiera a Dio o agli Dei e “addio mia bella addio, è l’armata che se ne va e se non partissi (morissi) anche io sarebbe una viltà”.

Hanno ragione? Hanno torto?

Combattono mentre l’Italia accoglie i profughi ucraini scappati dalle case distrutte. Combattono e muoiono.

Gabriele D’Annunzio in un testo straordinario e simbolico – La fiamma intelligente – ha scritto una riga che forse potevo mettere all’inizio e chiudere così il discorso: “Ciò che è scritto col sangue non potrà mai essere abolito”.

Se non avete il coraggio di morire per le vostre idee – e temo di essere come voi, ma non voglio essere come voi – almeno rispettate chi, lontano dalla nostra tranquillità e dal nostro benessere a termine, ha il coraggio, folle e disperato, di morire per esse. Che magari sono quelle che, se fossimo uomini, combatteremmo.

Agonizzanti in un letto, fra molti anni da adesso… siete sicuri che non sognerete di barattare tutti i giorni che avrete vissuto a partire da oggi per avere l’occasione, solo un’altra occasione, di tornare qui sul campo, ad urlare ai nostri nemici che possono toglierci la vita ma non ci toglieranno mai la libertà!”

PS: in queste ultime ore Azov e i soldati della marina Nno aperto alla possibilità di resa per salvaguardare i civili che, scappando dai russi, si sono nascosti nell’acciaieria.

Hanno chiesto di farlo mantenendo le armi leggere e aggiunto che, oltre ai civili, devono poter portare fuori i caduti per rendere omaggio a chi è morto combattendo.

“Togli il sangue dalle vene e versaci dell’acqua al suo posto: allora sì che non ci saranno più guerre.”

E forse neppure più vita…

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9 Commenti

  1. ….
    Tutti i morti di tutte le guerre della storia, (ad eccezione di pochissime battaglie) sono stati semplicemente usati dai potenti dell’epoca come carne da macello per dirimere controversie di potere che avrebbero potuto risolvere assai più afficacemente accoppandosi tra di loro:

    E anche la guerra in ucraina NON fa eccezione….basta osservarne i protagonisti,cioè i mandanti e i comprimari di questa guerra,compresi noi europei: sono tutti belli vivi e vegeti,e sicuramente dormono benissimo la notte: a differenza dei profughi che questa guerra NON hanno voluto,e di tutti i poveri cristi (da una parte e dall’altra) che ora stanno allegramente concimando il terreno,con tutta la forza della loro gioventù e dei loro sogni.

    e anche quelli che sopravviveranno… per CHE COSA,AVRANNO REALMENTE COMBATTUTO?
    quando torneranno a casa,troveranno solo un paese ridotto in macerie e tutto da ricostruire,miseria e dolore.

    e avranno versato il loro sangue per difendere la loro patria,ma in che modo verranno premiati?
    la schifosa verità che NON viene MAI detta,è che non cambierà una cippa,per loro:
    che vincano o che perdano,sia che scaccino l’invasore o che vengano assogettati, la loro situazione personale non cambierà di una virgola:
    – sia che restino sotto l’ucraina sia che finiscano nell’orbita della russia, pagavano tasse prima,le pagheranno dopo.
    – le loro proprietà non erano loro…(ma erano dello stato) prima, e non lo saranno nemmeno dopo (una TUA proprietà VERA, non paga tasse di possesso e non ti può venire sequestrata dallo stato:perchè è TUA,non dello stato)
    – dovevano obbedire alle leggi….altrimenti,multe,carcere,botte ecc PRIMA, e dovranno farlo DOPO.
    – e le donne ti usavano ma NON ti amavano PRIMA,
    e continueranno ad usarti ma NON amarti DOPO.

    – la stessa libertà di cui tanto si ciancia, è una FOLA.
    all’inizio di questa guerra lo stato ucraino ha cooptato a forza tutti gli uomini dai 16 ai sessanta anni…e li ha sbattuti al fronte,impedendogli di espatriare.
    e lo stesso fanno tutti gli stati del mondo,compresi quelli democratici.
    quindi che cambia per un uomo,se lo stato che decide di farti crepare in una guerra che TU non hai voluto….è il tuo stato democratico,
    oppure la russia di putin? TU CREPI COMUNQUE.

    la verità è che quando si parla di stati…e di trattamento dei propri cittadini
    (UOMINI in particolare)
    sono TUTTI UGUALI:
    e che siano aggressori o aggrediti,tutti gli stati del pianeta fanno schifo allo stesso modo.

    – Quindi perchè un uomo dovrebbe combattere per il suo paese?
    perchè dovrebbe sacrificare la propria vita… la cosa più importante che ha, per difendere uno stato che lo vede solo come forza lavoro da sfruttare in fabbrica o sui campi di battaglia….
    e un limone da spremere con le tasse?
    perchè dovrebbe combattere per difenderlo?
    alla prova dei fatti, lo stato (qualsiasi stato)
    SFRUTTA il cittadino ma non lo ama.
    e pretende obbedienza ma NON concede…MAI, al cittadino cittadino un reale potere sul governo. mai,in nessun paese del mondo. (tranne forse la svizzera,ma ho fieri dubbi anche su quella)
    quindi lo stato non MERITA che ci si sacrifichi per lui.

    – Allora un uomo dovrebbe combattere per difendere le donne?
    nemmeno:
    le donne da sempre vedono gli uomini solo come cavalli da lavoro,e poco altro.
    basta vedere la legislazione matrimoniale e la cultura misandrica di tutto l’occidente,per rendersi conto che le donne che noi sognamo… sono solo questo,sogni. mentre nella realtà amano solo se stesse e i figli, non gli uomini.

    – Forse dovrebbe combattere per la terra?
    perchè? la terra è indifferente. sta lì da miliardi di anni e resterà lì per miliardi di anni dopo che sei morto per essa.

    – Dovrebbe combattere per difendere i suoi figli? quei figli che sempre meno si fanno, (grazie alla poca voglia di figliare delle donne moderne)
    e che sono sempre più egoisti grazie alla cultura di oggi, che li cresce nell’egoismo più sfrenato…e li fa diventare degli esseri che prendono,prendono,prendono… e non restituiscono quasi niente,delle risorse e degli affetti di cui usufruiscono. quei figli li?
    volendo difenderli, la sola cosa razionale da fare,è prenderli e portare loro,la loro madre (se ancora non si è separata,altrimenti crepi pure tranquilla) e il loro padre,cioè se stessi…. il più lontano possibile,da dove si combatte:non certo morire per la causa.

    SOLO questo dovrebbe fare,un uomo… e niente altro.

    perchè la verità che si tiene accuratamente nascosta….
    è che quando si combatte l’eroe NON è affatto,qualcosa da incensare:
    possiamo sì, ammirarne il coraggio…
    ma NON le motivazioni,visto che di fatto sono sempre stati usati e gettati come sterco,e dei loro ideali si è SEMPRE fatto strame nei giro di pochi decenni…
    a volte anche di pochi anni.

    e mi piace pensare che OGGI, grazie alla rete che informa,e grazie quello che abbiamo imparato dalle guerre passate (sopratutto le due guerre mondiali) riusciamo a vedere la VERA convenienza per gli uomini normali: (che NON è quella che vorrebbero i governi) e che per la prima volta nella storia…nelle masse si sta formando un VERO uomo:
    non facilmente manipolabile, ma che pensa a se stesso e alla propria convenienza,anzichè ad andare a crepare come un coglione per interessi altrui.
    e mi piace pensare che un giorno di questi dichiareranno una guerra o faranno una chiamata alle armi…
    e NON ci andrà quasi nessuno:
    e poi vedremo subito come fan presto a trovare un accordo,
    TUTTI QUESTI BASTARDI che cianciano sempre di ideali,valore,eroismo e coraggio,
    con la cotica altrui.
    ….
    (forse lo avremmo visto anche in ucraina,se non avessero chiuso le frontiere agli uomini per poi sbatterli al fronte:
    infatti moltissimi se ne stavano andando,altro che combattere sino all’ultimo uomo)

    • Tante cose molto valide e su cui concordo sono state espresse, mi dispiace che l’opinione verso le donne sia così amara anche se per certi esemplari del genere vera…. salvo che se un uomo si accontenta di una della sua età o anche un poco più vecchia e di una bruttarella o semplicemente normalmente cicciotta con cellulite e occhiali sarà sempre molto amato e rispettato dalla sua donna. Invece, volendo la bellona giovane non sarà amato perchè la bellona, come il bellone muscoloso, ama solo se stesso. Come dice il detto, chi si accontenta gode ed infatti ci sono molte famiglie unite e in cui gli sposi si amano reciprocamente e la moglie ama molto il marito e i figli, forse nelle realtà metropolitane non c’è occasione di incontrarle, fortunatamente nella mia esperienza di città medio piccola e nel mio ambiente di conoscenze sono immersa in questo quadro assai amorevole e sereno. Prego il Signore perchè possa anche Lei trovare una simile armonia nel suo circondario e nella sua futura esperienza di vita. Pace e bene.

  2. “Dulce et decorum est pro patria mori” diceva il poeta, ma l’ Ucraina è la nostra Patria? Nel 1956 all’ età di sedici anni dimostravo in piazza per chiedere l’ intervento degli USA, della NATO, dell’ Italia in aiuto degli insorti ungheresi. Ora ho passato gli ottanta e mi chiedo: è giusto, è ragionevole schierarsi armi e bagagli contro la Russia? La Russia ha forse aggredito l’ Italia o minaccia di aggradirla? Non mi pare, né credo che FdI possa sostenerlo. E allora? Massima solidarietà agli Ucraini che difendono la loro Patria dall’ aggressione (minore nei confronti del Presidente Zelensky che sta mandando al massacro il suo popolo), ma perchè la stessa solidarietà non è stata mostrata in otto anni ai russofoni del Donbass massacrati dagli Ucraini? Siamo patrioti, ma di quale Patria? La nostra Patria è l’ Italia, non l’ EU e tantomeno gli USA. Perché volerla sempre più coinvolgere in una guerra che non è la sua e in cui ha tutto da perdere e nulla da guadagnare? L’ azione di un politico responsabile che abbia a cuore la propria Patria ed il proprio popolo dovrebbe essere di tutt’ altro segno. Occorre fare il possibile perché questa guerra, dal cui prolungarsi non possono derivare che danni enormi all’ Italia ed all’ Europa tutta, quale che sia il suo esito, cessi al più presto. Inneggiare all’ immancabile vittoria finale ed alla distruzione dell’ infame nemico spinge nella direzione opposta. Questo non è degno di un politico maturo e con una visione strategica come sinora si era dimostrata Giorgia Meloni. Viene il sospetto che la sua posizione in questa drammatica vicenda sia dettata più dalla solidarietà con i suoi alleati Polacchi, dal timore di subire il boicottaggio dell’ establishment europeo alle prossime elezioni e dalla sudditanza psicologica nei confronti dei protettori americani che da una lucida visione politica nell’ esclusivo interesse dell’ Italia. Coraggio! In Francia Marine Le Pen, senza abiure, non è diventata Presidente ma ha superato il 40% dei voti! E soprattutto, per carità, non mascheriamo meschine ragioni di opportunità (stavo per dire opportunismo) con enfatici discorsi sull’ amor di patria. Forse se avesse avuto il coraggio di ricordare, tra i caduti per la patria, oltre a Leonida ed a Davy Crocket anche Norma Cossetto e Giovanni Gentile il suo appello sarebbe stato più credibile.

  3. Alcuni di quei pezzi di storia non mi entusiasmano affatto. Condivido il ragionamento di fondo, ma gli ucraini non muoiono per la loro patria ma per fare risalire Biden nei sondaggi, fare vendere il gas USA agli europei e mettere in crisi PUtin e la Russia. Zelensky è l’altoparlante di Joe e sta immolando il suo popolo.

  4. L’articolo della Meloni è da sottoscrivere in toto e “my country, right o wrong” è un assioma. Mi sembra che “la compagnia dell’anello” cantasse che “vive nel sangue la libertà”. Il coraggio è qualcosa di trascendente che dovrebbe attirare qualsiasi persona ma che purtroppo è spesso deriso da un sistema che come quello italiano non riconosce gli eroi che si sono immolati per la Patria o fa delle ridicole distinzioni, salvo onorare terroristi che hanno ucciso in nome dell’appartenenza a gruppi etnici stranieri.
    Gli Ucraini sono eroici anche se forse sono delle pedine in mano a forze che si servono del loro sacrificio per obiettivi che poco hanno a che fare con le motivazioni ucraine. Quindi rispetto agli eroi e vergogna agli speculatori e ai loro utili idioti.

  5. chi ha scritto questo articolo con citazioni e frasi prese dai film fa un pò sorridere, non si possono paragonare gli scontri epici del passato con le guerre dei tempi nostri per esaltare il coraggio, una volta gli scontri erano molto fisici e la componente umana aveva la sua importanza ora le guerre vengono fatte con le bombe ed i missili e c’è poco spazio per atti di eroismo, rimane solo il rispetto per chi sceglie di morire pur di non arrendersi.

  6. Concordo pienamente:
    vorrei anche aggiungere che la Propaganda americana per poter colpire la Russia prima di tutto con accuse false risiede proprio nelle parole usate ed abusate che segnalano un imbroglio: si utilizzano due parole con cui ci si riempie la bocca : atrocità ed orrori
    Cerchiamo di ragionare: atrocità è una parola molto forte che è inadatta
    I morti di Bucha (intanto qualcuno si muoveva) sì erano o sembravano morti ma con vestiti puliti e stirati e tutti a faccia in giù: non è strano ? intanto se fossero morti cosi’ avrebbero i vestiti stracciati e sporchi di sangue: quindi sembra chiaramente una messa in scena; comunque non si sa chi fossero: potrebbero essere filo russi o russi assassinati dagli Ucraini chi lo sa ? comunque in ogni caso non si può parlare di atrocità
    Seconda parola : orrore Anche questa è una parola piuttosto forte e sbagliata
    Se vi sono dei bombardamenti è chiaro che ci sono dei morti (veri) perché i missili sono intelligenti fino ad un certo punto; però la guerra é guerra : che si arrendano e basta altrimenti ne paghino le conseguenze;
    Ultima cosa; Putin anche dall’aspetto mi sembra sia un uomo buono e ragionevole
    Se fosse cattivo e spietato come lo dipingono potrebbe pompare gas lacrimogeno nei sotterranei dell’acciaieria e questi uscirebbero in ginocchio dopo dieci minuti gridando pietà presidente Putin
    Oppure potrebbe tirare una bomba tattica su Kiev una su Leopoli e una su Odessa
    domani mattina la guerra sarebbe finita
    Americani e inglesi sarebbero terrorizzati all’idea di ricevere un missile supersonico Sarmat nella notte e abbaierebbero un pç ma non farebbero nulla
    Per concludere: atrocità sarebbe se catturassero Zelensky lo torturassero (tipo tardo impero Bizantino) e lo portassero in giro così per Kiev ..e poi lo impiccassero … ma non è ancora successo.

  7. Un bel discorso sui valori, coraggio e Patria, ma per quel che mi riguarda, non considero intelligente farsi massacrare, perché un Biden ha ordito contro la Russia, al fine di creare una causa “belli”. Come la vedo io, l’ America dopo aver messo un Zelensky a capo fantoccio dell’ Ucraina, si è preoccupata di fare la guerra in Dombass, e poi l’ ha convinta a voler a tutti i costi entrare nella NATO , per poter mettere i missili sotto il naso dei russi e allontanare l’ Europa dalla Russia. Era stato detto più volte da Putin, ma non è stato ascoltato, quindi dalle parole si è passato ai fatti. Ma questa non è una guerra fra Ucraina e Russia, ma bensì fra America e Russia. L’ America ha la guerra lontana, le sanzioni che vuole contro Mosca, le dobbiamo fare noi europei e anche gli africani che avranno milioni di morti per la carestia che si sta avvicinando. Italia e Germania sono le più esposte a essere colpite dalle nostre stesse sanzioni a causa della dipendenza dal gas russo. La Germania si indebolirà come del resto tutta Europa, non ci sarà più un motore che trainerà le economie, Saremo sempre a 90 gradi con l’America che vuole questo, cioè che noi abbiamo sempre bisogno di lei e questo per ingrassare la propria economia a discapito della nostra. Il conto per Italia e Germania si presenterà salato, anzi salatissimo. Pagheremo la stupidità di mandare armi per una guerra non nostra, ferma restando la convinzione che aiutare il popolo ucraino sia doveroso, ma si doveva aiutare con la diplomazia non con le armi. Tutto questo sta portando molti paesi africani alla fame e chi potrà si sposterà, immigrerà nell’ Europa con passaporto o senza e creerà una grande destabilizzazione, non lo state vedendo?

    • Concordo pienamente con Barbex. Onore al coraggio, al valore ed all’amor di Patria, ma questa guerra, come tante altre, troppe è stata voluta ed innescata dall’imperialismo plutocratico e guerrafondaio statunitense, con lo scopo (che sta riuscendo in pieno) di indebolire e separare Russia ed il resto d’Europa! Dobbiamo trovare la dignità di dire basta agli ipocriti capitalisti yankee!!!! e rendere onore all’Europa come federazione di Stati LIBERI E SOVRANI!

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