“In Italia le persone libere non piacciono, in Italia le persone libere fanno paura”.
Conclude così il messaggio a caldo dopo l’articolo delle vergogna su La Repubblica di oggi.
Sì un messaggio a caldo della Meloni, appena lette le colonne che il quotidiano nazionale oggi le dedica; a lei, leader di Fratelli d’Italia, unico partito di opposizione. Palate di melma riversate sulle colonne di un quotidiano che oggi ha perso l’ultimo barlume di credibilità, rendendosi ancora una volta braccio armato di una sinistra malevola e scorretta, mistificatrice e ingannatrice, parolaia e vaniloquente.
Ebbene, stamane Repubblica pubblica delle dichiarazioni di un non meglio identificato “pentito”, contenute in un ancor più imperscrutabile verbale segreto, in base alle quali Giorgia Meloni, per la campagna elettorale del 2013 (otto anni fa!), avrebbe consegnato 35 mila euro in una improbabile busta di carta del pane per l’affissione di manifesti a Latina. Questi denari sarebbero stati destinati ad un clan di nomadi e sarebbero stati consegnati ad un distributore di benzina in zona EUR, per il tramite di un autista, alla guida di una wolkswagen nera.
E Giorgia nella sua diretta è assai chiara nel circostanziare la assoluta falsità della notizia, è chiara nello smentire di aver mai dato soldi in contanti per le affissioni, tantomeno otto anni fa – periodo in cui Fratelli d’Italia di soldi non ne possedeva affatto dato che era appena nata – , peraltro specifica che la somma eventualmente sarebbe stata decisamente spropositata per le affissioni dei manifesti su Latina e, in chiosa, afferma di non aver mai avuto né un segretario uomo, né di aver mai posseduto una auto di quel genere.
Tetragona, infine, annuncia querele.
Già Report pochissimi mesi fa aveva rimestato nel torbido di queste vicende tentando di addossare alla Meloni ed al suo partito pretese connessioni con i clan malavitosi dell’area pontina. Il servizio ridicolo e strumentale riportava la cronaca giudiziaria di un processo in corso presso il Tribunale di Latina, che nulla aveva a che vedere con Giorgia Meloni, a cui venivano poi aggiunte illazioni e congetture sensazionalistiche. In quel caso la macchina del fango non portò al risultato sperato, perché le percentuali del partito sono continuate inesorabilmente a salire.
Oggi si aggiunge La Repubblica che però va oltre, deborda e non si pone più sul labile confine del diritto di cronaca, ma militarmente rispondendo alla chiamata alle armi sferra il secondo attacco. Dunque scredita e calunnia l’unico partito di opposizione, senza chiedere riscontri di veridicità, senza rispettare il contraddittorio, ponendo in essere la più becera delle cospirazioni ad orologeria.
Ma non ci si chiede perché gli inquirenti, dopo otto anni, non abbiano mai ritenuto di chiedere conto alla Meloni di queste dichiarazioni? Perché non ci si domanda se il teste sia o meno attendibile? E perché, ancora oggi, dopo il noto scandalo Palamara, le testate giornalistiche hanno accesso a documenti secretati dalle procure? Perché assistiamo all’improntitudine di giornalisti ed editori che non temono di violare norme di legge e norme deontologiche pur di ammazzare mediaticamente l’avversario politico, pubblicando frescacce a tutta pagina, con titoli altisonanti e accuse grossolanamente false e smentibili?
Perché oggi la posta in gioco è altissima, ieri un sondaggio di Termometro Politico dava Fdi a meno di un punto dal PD, oggi ci si è resi conto che la Meloni costituisce il vero pericolo da abbattere, senza se e senza ma, con la penna e con la spada. I vertici chiamano e Repubblica risponde, tanto al giornalista ed all’editore le spese legali per resistere in giudizio verranno pagate dai mandanti.
Le persone libere non piacciono, dice Giorgia e se sono le uniche a fare opposizione piacciono ancor meno: non allinearsi alla grande maggioranza a sostegno del salvatore della Patria Draghi non costituisce un merito per una sinistra assolutista e tiranna, è un imperdonabile sgarbo da pagare con il sangue. Le persone libere non piacciono e fanno paura, è vero, e la libertà ha un prezzo, che la Meloni ha scelto di pagare, a testa alta, in solitaria nei banchi dell’opposizione, ma scrivendo una delle più belle storie di resistenza che la Repubblica abbia mai vissuto.
Avanti così Giorgia, perché le persone libere non piacciono solo alla sinistra, ma il popolo le ama e in te vede una speranza di redenzione.
E quindi? Questa querela è stata fatta?
Così possiamo sapere la verità!
Il Gruppo Espresso-Repubblica (Carlo De Benedetti, tessera n. 1 del PD) nel 1992 eluse 442 miliardi di lire e fu condannato, dalle Commissioni Tributarie del Lazio, a sanzione di 225 milioni di euro, lievitati a 338 milioni, recentemente definita (da GEDIS di Marco De Benedetti, figlio di Carlo) con il pagamento di 175 milioni di euro. Repudica, pardon Repubblica può indubbiamente, per indiscussi meriti etici, fare la morale a chicchessia (qualche noto congiuntivato direbbe chicchefosse).
Buona risposta della Meloni che sta facendo un ottimo lavoro…ma un consiglio abbandoni la terminologia destra -sinistra….oggi non ha più senso…Repubblica non è di sinistra. Repubblica ed il PD favoriscono il grande capitale che vuole i migranti esercito salariale di riserva (manodopera a basso costo) a far concorrenza ai lavoratori italiani. Questa non è politica di sinistra…ma politica di “sinistri” cioè persone dedite al tradimento dei propri concittadini.