Durante un’intervista a War Room con Steve Bannon, George Simion – leader del movimento sovranista romeno AUR e candidato alle prossime elezioni presidenziali – ha denunciato pubblicamente l’assenza di democrazia in Romania. Spiega Simion che Georgescu, il predecessore e fondatore del movimento, aveva vinto le elezioni in modo corretto ma è stato estromesso con una manovra orchestrata dal deep state romeno e dalle élite europee.
Arrestato senza motivazioni chiare, trascinato fuori dalla sua auto e processato come un criminale. «Non gli piaceva la sua faccia», ha detto Simion, riferendosi ai burocrati di Bruxelles e alle pressioni internazionali.
Per Simion, la sua candidatura rappresenta la continuazione di quella battaglia: restituire al popolo romeno il diritto di scegliere. Il contesto che descrive è quello di un sistema manipolato, con magistratura e media controllati da una rete di potere che agisce dietro le quinte: «non abbiamo elezioni libere, è contro la natura umana, contro la volontà popolare». Al centro della sua proposta ci sono la difesa della sovranità, dell’identità cristiana e il rifiuto del progetto federalista europeo.
Nel corso dell’intervista, Simion ha spiegato come le strutture della vecchia Securitate non siano mai state smantellate. Dopo la rivoluzione del 1989, dice, si sono riciclate sotto nuove sigle, continuando a condizionare il paese. «Durante quei giorni parlavano di terroristi per le strade. La gente si armava e si sparava tra connazionali. Tutto orchestrato». Oggi, chi mette in discussione questo sistema viene etichettato come estremista. È lo stesso schema usato contro Trump, osserva Bannon.
Simion denuncia anche le pressioni esterne sul sistema giudiziario. Secondo lui, Emmanuel Macron avrebbe inviato l’ambasciatore francese a incontrare il presidente della Corte Costituzionale per condizionarne le decisioni. «Non siamo una colonia, Macron non è il nostro imperatore», ha detto. Non ha risparmiato neanche gli Stati Uniti, accusando l’attuale ambasciatore americano a Bucarest di sostenere l’agenda globalista e ostacolare il movimento sovranista.
Simion ha presentato anche il progetto MEGA – Make Europe Great Again – che punta a costruire una rete di forze sovraniste nei 27 paesi UE. Ha citato Le Pen, Farage, Abascal, Meloni. Proprio su quest’ultima si è aperto un confronto con Bannon, critico verso alcune sue posizioni, ma Simion l’ha prontamente difesa: «mette l’Italia al primo posto».
L’obiettivo dichiarato è vincere in Romania e innescare un effetto domino in Europa. Ma, avverte, c’è il rischio concreto di brogli o pressioni esterne. Da qui l’appello agli Stati Uniti e al pubblico di War Room: «Conoscete tutti in Romania: Steve Bannon, Jack Posobiec, Tucker Carlson, Alex Jones. Aiutateci ad amplificare il messaggio». E ha invitato i romeni negli Stati Uniti a mobilitarsi: «Votate dal 2 al 4 maggio. Fate sentire la vostra voce».
In caso di vittoria, le priorità sono chiare: reintegrare Georgescu, fermare gli aiuti militari all’Ucraina, chiudere con Bruxelles. «Temo solo Dio», ha detto. Nessuna ambiguità, nessun compromesso.
Bannon ha concluso definendolo «un patriota», promettendo di seguire la campagna giorno per giorno, e ha sottolineato che quella romena non è una battaglia locale, ma un passaggio decisivo per il futuro dell’Europa.