La sinistra boicotta il Memorandum Ue-Tunisia andando contro l’interesse nazionale

Secondo l’articolo 5 della nostra Costituzione, l’Italia è una “Repubblica, una e indivisibile”. Eppure nel 2023 non è proprio così, dal momento che esiste una sinistra che, mal vivendo il buongoverno Meloni, lavora non solo contro l’esecutivo di destra, ma addirittura contro l’Italia. E contro l’Europa.

E lo fa ben consapevole della tragica situazione che sta vivendo la nostra Nazione, che negli ultimi mesi sta sperimentando una intensificazione dei flussi migratori sulla rotta del Mediterraneo centrale per effetto della difficile congiuntura internazionale (la guerra in Ucraina e la conseguente “battaglia del grano”, l’instabilità politica nell’area saheliana, le catastrofi naturali che si sono verificate in Libia e in Marocco, la crescita dell’inflazione e la recessione globale), che ha spinto migliaia di migranti a prendere il largo verso le coste italiane, in particolare a Lampedusa, che è diventata ancora una volta l’epicentro dell’emergenza, con oltre 10mila migranti arrivati sull’isola in soli tre giorni- dall’11 al 13 settembre del 2023.     
Il governo italiano, a luglio 2023, aveva posto le basi per una prima grande risoluzione di questa difficile situazione, raggiungendo un accordo tra Commissione europea e Tunisia per un partenariato strategico in diversi ambiti, tra cui proprio l’immigrazione. Tale accordo è stato una grande vittoria del governo italiano, che ha convinto l’Europa ad intraprendere una azione seria e congiunta per disinnescare una potenziale crisi pronta ad esplodere ai suoi confini.

Tuttavia, sin dal momento della firma, questa iniziativa è stata fortemente criticata e negli ultimi giorni è apparso sempre più evidente come l’intera sinistra europea, e quella italiana in particolare, stia complottando per arrivare alla distruzione del memorandum Ue-Tunisia, tanto che la Commissione non ha ancora sbloccato neanche una minima parte dei fondi che dovevano essere trasferiti al Paese tunisino.

A tutto ciò si è arrivati anche grazie alla partecipazione di figure poco trasparenti che al posto di svolgere un ruolo internazionale e super partes, prendono parte a quest’opera di boicottaggio. Parliamo, in particolare, del vice presidente della Commissione e Alto rappresentante per la Politica Estera dell’Ue, il socialista spagnolo Josep Borrel.

“Per comprendere la parte giocata in tutto questo da Borrel basta leggere la lettera in cui il numero due della Commissione spiega al collega Olivèr Vàrhelyi, Commissario ungherese per l’allargamento e la politica di vicinato, di non condividere l’adozione del Memorandum”, si legge sul quotidiano Il Giornale, che continua spiegando: “La missiva, datata 7 settembre, ricorda, con toni talmente espliciti da suonare intimidatori, che ‘parecchi Stati membri hanno espresso la loro incomprensione riguardo l’azione unilaterale della Commissione’ nella fase di chiusura del memorandum e ‘preoccupazione per alcuni dei suoi contenuti’. Parole pesanti che puntano chiaramente a delegittimare l’operato della Presidente della Commissione von der Leyen”. E, aggiungiamo noi, che hanno il chiaro obiettivo di mettere in difficoltà l’Italia, primo paese promotore dell’accordo.

Ma c’è di più. Perché nel pieno dell’emergenza sbarchi, una delegazione di membri della commissione Affari Esteri del Parlamento Europeo di area progressista – Michael Gahler (Ppe), Dietmar Köster (S&D), i francesi Salima Yenbou (Renew), Mounir Satouri (Verdi/Ale) ed Emmanuel Maurel (La Sinistra) – ha organizzato una missione in Tunisia per incontrare organizzazioni della società civile, i sindacati e i leader dell’opposizione. Il governo tunisino ha negato l’ingresso agli eurodeputati, provocando inevitabilmente una reazione da parte di Bruxelles. Immediatamente la presidente del gruppo dei Socialisti e Democratici al Parlamento Ue, Iratxe García, si è rivolta alla Conferenza dei presidenti del Parlamento europeo per chiedere la sospensione del Memorandum d’intesa tra Ue e Tunisia, e ai servizi giuridici dell’Eurocamera per valutare la legalità dello stesso. “Questa Assemblea ha sempre lavorato per la difesa dei diritti umani e deve agire su questa questione cruciale”, ha affermato. Iratxe Garcia Perez, presidente del gruppo S&D, aveva criticato l’accordo anche durante la replica al discorso sullo Stato dell’Unione della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, alla plenaria del Parlamento Ue del 12 settembre a Strasburgo, dicendo che “il denaro dei contribuenti non può finire nelle tasche di governi che attaccano i diritti fondamentali delle persone”.

Sulla stessa linea, drammaticamente, troviamo noti esponenti politici italiani, a partire dalla deputata europea del M5S Laura Ferrara, che aveva avvertito “che il rischio è di alimentare la dipendenza da un Paese terzo con tutele dei diritti umani del tutto inadeguate, un Paese che è evidente che non possa essere considerato sicuro”.

A remare contro la nostra (e anche loro) nazione c’è poi il Partito Democratico. In questo caso a rivolgersi alla von Der Leyen sono stati Laura Boldrini, ex presidente della Camera e deputata Dem, e Giuseppe Provenzano, responsabile esteri del partito, che hanno inviato a La Stampa una lettera aperta, avanzando dubbi sul patto tunisino proprio nel giorno della visita della presidente della Commissione Ue a Lampedusa su invito della premier Meloni, con un tempismo alquanto curioso.

Nella lettera viene sostenuta la tesi secondo la quale la Tunisia “non solo non è un Paese sicuro per i migranti che lo attraversano nella speranza di arrivare in Europa ma nemmeno per i suoi stessi cittadini, che subiscono un attacco alla democrazia molto allarmante”. “Appare dunque evidente – attaccano i deputati – che, in questo contesto, è impossibile dar seguito al Memorandum of Understanding che la Commissione Europea ha sottoscritto lo scorso 16 luglio”. Boldrini e Provenzano insistono rilanciando l’appello del Gruppo dei Socialisti & Democratici per abbandonare l’accordo definito un “fallimentare modello di esternalizzazione delle frontiere”.

Il motivo alla base di questa ‘rivolta politica’ è piuttosto semplice: il governo italiano di Giorgia Meloni è scomodo, perché opera mettendoci la faccia e proponendo soluzioni concrete che non hanno secondi fini, se non quello di consegnare nuova stabilità al Mediterraneo. Ed è un governo le cui proposte vengono ascoltate e recepite positivamente dall’organo esecutivo europeo, che sta mostrando sempre maggiore consapevolezza e responsabilità nei confronti di una delle più grandi sfide di questa epoca, abbandonando finalmente l’approccio paternalistico e assumendo la consapevolezza che la questione migratoria è un problema europeo che deve essere affrontato con il lavoro di tutti gli Stati membri.

In particolare, la riprova che la Commissione Europea sposi interamente la linea italiana in tema di contrasto all’immigrazione illegale risiede nel fatto che domenica 17 settembre, durante la visita a Lampedusa, la presidente von der Leyen ha presentato la proposta dell’Ue strutturata in dieci punti, ricalcando in buona sostanza le dichiarazioni fatte in passato da Giorgia Meloni.    
Anche nel resto dell’Europa istituzionale la linea italiana ha trovato ampio appoggio, e lo dimostrano le recenti dichiarazioni del presidente francese Emmanuel Macron (si legge nel comunicato di riferimento che “il Presidente francese ha ribadito la solidarietà della Francia nei confronti dell’Italia di fronte alla sfida migratoria che colpisce l’isola di Lampedusa”, e che “i due leader hanno concordato di continuare a scambiarsi opinioni sugli sviluppi della situazione e di rafforzare la cooperazione tra i rispettivi governi”) e la telefonata tra i ministri dell’Interno di Italia, Francia, Spagna e Germania.

Come abbiamo visto, però, la sinistra europea, con il sostegno di quella di casa nostra,sta cercando in tutti i modi di far saltare l’accordo Ue-Tunisia, visto evidentemente come un cambio di paradigma rispetto al sistema di potere precedente, che infastidisce la sinistra, e non poco, soprattutto in vista delle prossime elezioni europee.

Per fare ciò, la sinistra sfrutta il tema della difesa dei diritti umani. Ma questa battaglia, come si evince dai fatti, è nella realtà una battaglia a intermittenza e che nasconde piuttosto una lotta per il mantenimento del potere, che si combatte però sulla pelle di migliaia di disperati che continuano a sbarcare sulle nostre coste e ai danni dei cittadini italiani. In particolare, va ricordato che se da una parte si critica il dittatore tunisino, ciò non vale per il Qatar, protagonista di uno dei peggiori scandali di corruzione al Parlamento europeo, con al centro i deputati del gruppo dei Socialisti e Democratici, di cui fa parte anche il Pd. Allo stesso modo, quando nel 2017 il primo ministro Dem, Paolo Gentiloni e l’allora ministro dell’Interno, Marco Minniti, firmarono il memorandum Italia-Libia nessuno nel Pd si pose il problema.

L’azione della sinistra italiana ha dunque un solo e unico obiettivo principale: il mantenimento dello status quo conquistato in più di dieci anni. E lo fa anche a scapito dell’Italia e dell’Europa stesse. Ancora una volta, è il desiderio di potere a prevalere sulle giuste scelte politiche, e, più di tutto, pur di non perdere il proprio establishment a sinistra sono disposti a sacrificare non solo la propria Nazione, ma anche le vite di tutti quegli esseri umani di cui si fanno portavoce e difensori indefessi.  

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