La vicinanza di tanti, a partire da Mattarella, aiuti la Salis a rinnegare la lotta politica violenta

L’ultima richiesta di concessione degli arresti domiciliari in loco per Ilaria Salis, cittadina italiana detenuta in Ungheria dal febbraio del 2023, non è andata a buon fine. Le Autorità magiare hanno rinnovato la detenzione in carcere per il persistere del pericolo di fuga dell’imputata, che rimarrà in una prigione di Budapest almeno sino al 24 maggio prossimo, quando si terrà una nuova udienza in Tribunale. La 39enne, insegnante di scuola elementare a Monza e militante di estrema sinistra vicina ai centri sociali, è ricomparsa in aula con manette e catene.

Senza dubbio, non è mai bello vedere una persona incatenata. In Italia non siamo abituati a questo, ma bisogna tenere presente il retaggio del comunismo che tutt’oggi affligge, in parte o integralmente, i Paesi appartenuti al Patto di Varsavia, e l’Ungheria da lì arriva. I regimi comunisti dell’Est europeo, satelliti della Unione Sovietica, non erano di certo noti per una spiccata cultura liberale e garantista.

Se al posto di Ilaria Salis vi fosse un altro cittadino italiano, magari un criminale comune, il trattamento in aula sarebbe il medesimo, quindi, si eviti, come sta facendo la sinistra italiana, di buttarla in politica e di lasciare immaginare che sia in corso una specie di accanimento ideologico organizzato dal governo ungherese di Viktor Orban sulla pelle di una ragazza soltanto a causa delle sue idee antifasciste e di estrema sinistra.

Le strumentalizzazioni non aiutano affatto la vicenda giudiziaria di Ilaria Salis, ed è assai più proficuo lavorare in silenzio per affievolire il più possibile la situazione, e qui, si impari dal Governo Meloni, che non sta ignorando il caso, ma cerca di individuare, senza clamore giornalistico, le mosse più opportune. Le posizioni politiche della Salis non sono determinanti in Ungheria e ancora meno decidono il tipo di aiuto che può provenire da Roma.

A Giorgia Meloni non interessa che la nostra concittadina agli arresti a Budapest sia una invasata di sinistra estrema, ma si tratta solo di capire quanto e come si possa venirle incontro. Lo ricorda spesso il ministro degli Esteri Antonio Tajani: la magistratura, tanto in Italia quanto in Ungheria, è indipendente dai governi e tutte le pressioni che si possono fare, e si stanno facendo, devono tenere conto di questo.

Anche il portavoce del governo ungherese Zoltan Kovacs, attraverso un intervento su X, è stato molto chiaro a tal proposito. Una richiesta diretta da parte del Governo italiano a quello magiaro può rivelarsi inutile perché l’esecutivo di Budapest, esattamente come accade a Roma, non ha alcun controllo sui tribunali, e quand’anche Orban volesse fare, per dire, una cortesia alla premier Meloni, non ne avrebbe la possibilità. La sinistra nostrana ha dipinto per anni Viktor Orban come un mezzo dittatore ed ora vorrebbe ch’egli scavalcasse i principi della democrazia e della separazione dei poteri per fare uscire Ilaria Salis dai guai.

Dopo la nuova bocciatura degli arresti domiciliari, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha telefonato al padre della giovane donna, manifestando la vicinanza dello Stato, e subito è giunto un messaggio della Salis in cui sono state espresse felicità e commozione per la solidarietà proveniente dal Quirinale. Ci auguriamo che l’impegno di tanti a suo favore, partendo addirittura dal Capo dello Stato e dal Governo, oltre a cercare di alleggerire, nei limiti del fattibile, il quadro giudiziario, possa aiutare Ilaria Salis anche a riconsiderare, non le sue idee politiche, condivisibili o meno, ma legittime, bensì un certo tipo di militanza violenta che si fonde con gruppi organizzati di estremisti ben poco raccomandabili. Il portavoce di Orban, Zoltan Kovacs, non ha solo posto l’accento sulla indipendenza della magistratura del suo Paese, ma ha pure rammentato come l’Ungheria non possa essere trasformata in un ring in cui degli stranieri si recano apposta per picchiare a morte altri individui.

A febbraio del 2023, Ilaria Salis veniva arrestata insieme ad altri soggetti, tutti tedeschi, arrivati a Budapest non per turismo o studio, ma per aggredire intenzionalmente dei partecipanti ad un raduno neonazista. Salis si trovava in compagnia di affiliati alla Hammerbande, la banda del martello, gruppo di estrema sinistra nato in Germania e attivo un po’ in tutta Europa, che si materializza qua e là nel continente in occasione soprattutto di manifestazioni neonaziste, aggredendone gli animatori con colpi d’ascia e mazze. Insomma, delle persone non troppo rassicuranti e, per carità, numerosi neonazisti europei non sono da meno, ma rimane comunque intollerabile, in Italia, Ungheria e ovunque nel mondo, spaccare il cranio al prossimo, anche se si tratta di un nostalgico del Terzo Reich.

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Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

1 commento

  1. Roberto sei sempre sereno obiettivo e profondo nelle tue considerazioni.
    Penso che se i teppisti che a suo tempo entrarono in Italia per dare man forte ai nostri teppisti autoctoni per saccheggiare Genova, e poi Roma, e poi Milano, avessero trovato di fronta la fermezza che dimostra la magistratura ungherese verso la Salis, per noi italiani sarebbe stato molto meglio.
    E’ vero, una sola cosa sarebbe da fare, come dici tu, cioè esortare la Salis a dichiarare formalmente il suo pentimento e la ricusazione della violenza come strumento di lotta politica.
    Questo dovrebbe fare suo padre, questo dovrebbe fare il PD, e questo potrebbe forse fare anche Mattarella (mi esprimo con cautela su quest’ultimo punto perchè il Presidente da noi è figura soggetta a molte formalità).
    Qualcuno ha sentito qualche dichiarazione in ta senso della sinistra?

    Con affetto

    Alessandro

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