L’Unione Europea ha sferrato un altro colpo mortale alla democrazia in Europa, un processo di demolizione sistematica che non conosce tregua, e questa volta il bersaglio è Marine Le Pen. La leader del Rassemblement National, voce di milioni di francesi stufi di essere schiacciati dal giogo globalista, è stata esclusa da cariche pubbliche per una condanna che puzza di persecuzione politica lontano un miglio.
Non è un caso isolato: è l’ennesima tessera di un mosaico che si sta componendo sotto i nostri occhi, un disegno autoritario che collega i fatti di Parigi a quelli di Bucarest, passando per le parole profetiche di J.D. Vance pronunciate il 14 febbraio scorso. L’UE sta demolendo la democrazia, e lo sta facendo con una furia che si è intensificata dopo la vittoria di Donald Trump, che ha dimostrato che si può vincere contro questo mostro tentacolare, mandando in tilt i globalisti.
Perché? Perché sanno che perdere il controllo dell’Europa significherebbe dire addio per sempre al loro sogno malato di un continente ridotto a colonia economica delle multinazionali e a laboratorio sociale dell’ideologia woke.
Guardiamo i fatti. Ieri scrivevo della Romania, dove il candidato anti-sistema Călin Georgescu è stato silenziato da un establishment terrorizzato dalla sua ascesa nei sondaggi. Oggi è il turno di Marine Le Pen, colpita da un sistema giudiziario che sembra agire come braccio armato di Bruxelles.
Domani toccherà a qualcun altro, perché il copione è sempre lo stesso: chi osa opporsi al dogma europeista viene bollato come “fascista”, ostracizzato, censurato. È lo stesso schema che Vance denunciava nel suo discorso, quando metteva in guardia contro un’élite transnazionale che strangola la sovranità dei popoli per consegnarla a chi finanzia il loro potere: le multinazionali che delocalizzano in Cina, prosciugando le nostre economie nazionali, e i governi di sinistra che, con la complicità del sistema corrotto dei media mainstream e delle Ong, impongono il politicamente corretto come arma di distruzione di massa culturale.
Il progetto è chiaro: omologare tutto e tutti, cancellare le identità, sradicare i valori della civiltà occidentale per ridurci a una massa informe, incapace di pensare criticamente. Consumatori perfetti, automi pronti a ingoiare le scellerate politiche economiche che hanno devastato le nostre industrie e arricchito chi finanzia questo sistema corrotto: dalle multinazionali ai media mainstream venduti al miglior offerente.
Marine Le Pen, come Georgescu, rappresenta una minaccia per loro: non perché sia “estrema”, ma perché dà voce a chi rifiuta di chinare la testa. E l’Ue, con le sue corti politicizzate e le sue regole soffocanti, risponde con l’unica arma che conosce: la repressione.
Per sradicare questo cancro, però, non basta lamentarsi: serve il coraggio di sfidare apertamente il deep state, di “drain the swamp”, spurgare la fogna, come sta facendo Trump a Washington, Milei in Argentina e, in parte, Giorgia Meloni in Italia.
Trump sta ripulendo la palude americana con una determinazione feroce, Milei sta tagliando le teste dell’idra burocratica argentina, e Meloni, pur con i limiti imposti dal guinzaglio di Bruxelles, sta provando a riportare un po’ di sovranità in un Paese devastato da decenni di sudditanza.
In Europa dobbiamo fare lo stesso, o saremo condannati a soccombere. Perché il vero nemico dell’Europa e degli europei non sono i dazi di Trump, come ci vogliono far credere i megafoni del sistema, ma l’Ue stessa, che ci strangola con le sue catene burocratiche e ideologiche.
I popoli stanno aprendo gli occhi. L’esclusione di Le Pen non è solo un attacco a lei: è un attacco a tutti noi, a chi crede ancora nella democrazia, nella sovranità, in un futuro che non sia una distopia di censura e povertà. Mai come ora è necessario dare vita e voce al movimento MEGA – Make Europe Great Again – per risvegliare il continente e strapparlo dalle grinfie di chi lo vuole morto.