I trenta italiani su cento che votano Meloni sono ancora loro, i nipoti e pronipoti di quelli che nel 1948 votarono Dc, e pochi di loro avevano letto il codice di Camaldoli.
Ecco perché solo Giorgia Meloni può costruire qualcosa di assimilabile alla Dc: il partito cattolico fu una forza di massa, e l’ispirazione cristiana diede un’anima democratica e sociale a una moltitudine a cui bastava opporsi vittoriosamente al comunismo.
Oggi non avanzano pericoli comunisti, ma il sentimento degli italiani rimane di forte avversione per il Pd. Giorgia Meloni, non si contenterà di godere di questa rendita di posizione. Ne può fare, e sicuramente lo farà, il punto di partenza di una ristrutturazione del sistema politico italiano in senso bipolare, e in tal caso il modello democristiano tornerà buono per organizzare una forza stabilmente vincente rispetto alla sinistra italiana.
Per raggiungere questo obiettivo, c’è il codice di Camaldoli. Accadde quasi ottantadue anni fa. Nel luglio del ‘43, un gruppo di intellettuali cattolici riuniti nel solco delle idee di Alcide De Gasperi scrivevano il Codice di Camaldoli. Un documento di straordinaria attualità e che oggi può fungere da guida per affrontare il momento di forte incertezza che attraversano l’Italia e l’Europa.
Cosa resta di quelle linee guida che ispirarono tanti esecutivi che sorsero all’alba della Repubblica? Paradossalmente, le riflessioni degasperiane non sono lontane. Anzi, sono invece estremamente attuali. Anche il contesto, oggi come allora, ha una certa complessità.
Con il Codice di Camaldoli ci si preparava alla fase successiva alla fine del conflitto: dalla ricostruzione materiale del Paese alla stesura della Costituzione. Ed è per questo può essere utile recuperare il testo e lo spirito che mossero all’epoca gli intellettuali cattolici a elaborarlo.
Un uomo di destra intelligente come Pinuccio Tatarella amava dire che il sessantacinque per cento degli italiani non è di sinistra, e questo fronte può perdere solo per divisioni interne. Nella prima Repubblica il fronte anticomunista non si è mai diviso, semmai si è allargato ai socialisti; nella seconda Repubblica le divisioni sono avvenute, e talvolta la sinistra è andata al governo, seppur camuffata da destra; la terza Repubblica si apre con risultati elettorali assai vicini per il centrodestra al mito tatarelliano.
L’anniversario del codice di Camaldoli ha una sua fascinazione: è chiaro che anche noi preferiamo i professori cattolici di ottanta e passa anni fa ai politici di oggi che manco sanno dove si trova Camaldoli; è evidente che l’ispirazione cristiana ha rivestito l’anticomunismo di contenuti sociali più avanzati della stessa sinistra italiana del tempo; non v’è alcun dubbio sul valore ormai unanimemente riconosciuto della esperienza democristiana.
Tuttavia commetteremmo un gravissimo errore se pensassimo che in Italia è esistita una questione democristiana, o successivamente una questione berlusconiana. Nossignori, in Italia è esistita una questione comunista che ha condizionato la politica italiana stabilmente, determinando una strutturazione delle forze politiche in funzione della presenza del più forte partito comunista del mondo occidentale.
Ecco perché costruire presuppone uscire dalla dimensione conflittuale. Eppure ieri come oggi, politicamente, le contrapposizioni sono fortissime. Esiste comunque una via per bypassarle. Lo spirito per farlo è proprio orientato al superamento delle divisioni nel nome della coesione.
Se è pur vero che dopo la guerra lo scontro tra Democrazia Cristiana e Pci era fortissimo, è altrettanto vero che la Costituzione fu la sintesi di queste (e di tante altre) sensibilità. Il senso di pubblicare un volume di questo genere oggi equivale all’auspicio di poter aprire uno spiraglio di dialogo fra le forze politiche nella logica della ricomposizione.
In breve, ci vorrebbe una sorta Camaldoli europea con linee conduttrici ben precise. Ovvero, ancorate nell’idea che fu alla base del cammino europeo di De Gasperi. Un cammino federativo che presupponeva (e dovrebbe presupporre oggi) una strategia unitaria di cooperazione fra i diversi paesi europei.
Al momento è una sfida che in diversi, fra i leader europei, si stano ponendo. Qui sta l’attualità di Camaldoli. L’unico modo per superare le insidie è quello di difendere in modo unitario la dimensione europea nel solco dell’equilibrio tra gli stati, avendo chiara la strategia sullo sviluppo, sull’innovazione e sulla crescita. E soprattutto indicare su quali basi dovrebbe poggiare il rapporto tra Ue e Usa. De Gasperi immaginava una fortissima collaborazione con gli alleati statunitensi, in un quadro che aveva una dimensione multilaterale. Con la presidenza Trump si può immaginare un rapporto di questo genere. Bisogna però ricomporre, non disarticolare le basi dell’Unione Europea. In questo quadro l’Italia può muoversi in prima fila per rafforzare il suo ruolo come player internazionale.
L’Italia ha un presidente del Consiglio , Giorgia Meloni, che si sta districando con grande ammirazione e determinazione nella complessità di questo quadro globale molto instabile. Ha immaginato giustamente di rafforzare la cooperazione con l’Africa e con gli Usa. Ora va intensificato il legame con i paesi del Vecchio Continente. L’Italia, nel nome di De Gasperi, deve essere un elemento di forte coesione europea.