LIBIA: ex detenuto di Mitiga accusa ministro interni GNA di torture

Torture e abusi sarebbero sistematicamente avvenuti nella prigione libica di Mitiga.

Queste le accuse mosse dall’ex detenuto Rajab Rahil Abdul-Fadhil Al-Megrahi in un video denuncia diffuso sui social lo scorso 31 maggio e rivolto ai giudici della Corte africana dei diritti umani e dei popoli.

Al-Megrahi, che si è mostrato con una benda sul volto, ha raccontato i dettagli degli abusi fisici subiti, compresa l’asportazione dell’occhio con un cucchiaio.

Non si tratterebbe però di violenze cieche tra detenuti lasciati allo sbando ma del regolare trattamento riservato ai prigionieri da parte dei miliziani islamici della Rada, le Forze di Deterrenza Speciale che controllano il centro di detenzione, in alleanza con il Governo di Accordo Nazionale e alle dirette dipendenze del Ministero dell’Interno.

Come osservato anche per altri casi di prigionieri catturati sul territorio libico, il più noto quello del sociologo russo Max Shugaley, il controllo delle prigioni di Tripoli da parte delle milizie avverrebbe attraverso torture endemiche e continue.

La vicinanza tra governo e miliziani, in particolare quelli di Rada, è emersa nel corso della testimonianza di Al-Megrahi, secondo cui alle torture inflittegli avrebbero presenziato il capo della milizia, Abdul Rauf Kara, e il ministro dell’Interno del GNA, Fathi Bashagha. Quest’ultimo, secondo Al-Megrahi, sarebbe stato l’autore della menomazione. Il coinvolgimento del GNA e la paura di rappresaglie da parte dei suoi funzionari avrebbero impedito alla vittima di denunciare gli abusi.

Data la gravità delle accuse, e soprattutto il ruolo delle parti coinvolte, non stupisce che tra i primi a rilanciare il video figuri l’Esercito di Liberazione Nazionale (LNA) attraverso l’account twitter ufficiale.

Il contesto descritto da Al-Megrahi non stona con il quadro presentato nel 2018 nel rapporto della missione di sostegno delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil) che avrebbe rilevato come i crimini contro l’umanità fossero frequenti nei centri di detenzione, compresi quelli sotto la responsabilità del Ministero dell’Interno.

È il caso di Mitiga. Ora è chiamata a indagare la Corte di Arusha, in Tanzania, ma a giudicare dai fascicoli Onu presentati a Ginevra, il materiale da analizzare non manca.

Il video

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Alessandro Sansoni
Alessandro Sansoni
Direttore del mensile CulturaIdentità

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