L’ultima trovata della propaganda globalista è l’inginocchiamento sportivo. E la immediata cacciata all’indice ai reprobi che non si piegano all’ennesimo lavaggio del cervello conformistico: Orban, molti azzurri della nazionale (a proposito: pronto a scommettere che dopo le minacce di ieri alla prossima vedremmo purtroppo tutti i nostri calciatori piegati a questa umiliante pratica).
Diversamente dal pugno chiuso di Tommy Smith che era un atto di autentica protesta e di coraggio, di fronte a una reale situazione di razzismo quotidiano e di mancanza di diritti, l’inginocchiamento ricorda più che altro le parate conformistiche dei regimi totalitari: il nuovo totalitarismo è il globalismo, di cui il cosmopolitismo apolide è una delle ideologie portanti. Non bisogna infatti derubricare a buffonata questo fenomeno: lo sport, e il calcio in modo particolare, sono gli ultimi ambiti popolari in cui il sentimento di appartenenza nazionale e il patriottismo possono manifestarsi senza che parta la ridicola accusa di “nazionalismo”.
Inoltre fino a poco tempo fa il calcio era uno dei pochi universi rimasti estranei alla politicizzazione totale che l’odierno progressismo, in quanto totalitarismo, persegue. Come nel comunismo di cui è figlio, anche nel progressismo ogni ambito della vita deve essere sottoposto alla politica, che interviene sulla comunità naturale, le sue tradizioni e il senso comune per raddrizzare il legno storto dell’umanità e creare l’uomo nuovo. In questo caso è il calciatore nuovo: apolide, senza patria e senza luogo, simbolo della circolazione fantasmatica dei capitali, egli deve rispondere “obbedisco” a tutti gli slogan lanciati dal totalitarismo globalista.
C’è per fortuna chi resiste: i calciatori italiani ma soprattutto la nazionale ungherese. Che ha attirato l’attenzione del maestro del paleo conservatism, lo storico statunitense Paul Gottfried. In un commento su “American Greatness” del 19 giugno egli elogia il comportamento della nazionale ungherese che di fronte a quella irlandese (ma poi anche a quella francese) ha rifiutato le “pratiche aliene” e di sottomettersi alla nuova religione globalista “Floyd ha ora rimpiazzato la divinità biblica nella nuova religione”.
Al contrario della nazionale irlandese che ha perso qualsiasi legame con la tradizione e la cultura cattolica e che ora è indistinguibile da una qualsiasi altra squadra del mondo. Gli ungheresi invece non sono “interessati a conformarsi alle ultime direttive del politicamente corretto, non voglio svendere loro eredità nazionale o religiosa e certamente non sono disposti a scusarsi per il colore della loro pelle”.
Noi italiani , come si vede dalla Nazionale, siamo ancora a metà : ancora non siamo sprofondati nel baratro dei francesi, degli inglesi, e soprattutto degli irlandesi , il cui paese è ormai solo una espressione geografica come le altre nella galassia globalista. Ma le spinte che vogliono indottrinare gli italiani a non essere italiani sono tuttavia molto forti e potenti e vanno combattute in ogni modo. Anche rifiutandosi di inginocchiarsi.
E adesso con la perdita dei nazionalismi in base a che distinzione facciamo le squadre? Ah c’è il classico scapoli e ammogliati, oppurepropongo: pdioti sinistrati, e resto del mondo, però almeno per quest’ultimi le maglie che le paghi tutte il mondialista e filantropo se no che filantropo e’? Soros.
Ben detto professore, chi non si inginocchia pur nella sua limitatezza manda un segnale forte al conformismo che sta piegando la nostra società. Si sta tentando, gravemente, di soffocare qualsiasi identità valoriale.
Buongiorno Professore, proprio così. Gli ungheresi rispettano e si fanno rispettare. Senza essere né sentirsi dittatura. Poi quando una cosa diventa solo un modo per puntare il dito è finta e noiosa. Poi quel ragazzo mica è stato ucciso da noi? Diventa solo un modo per farsi notare e non protestare. Grazie e buon pranzo