L’intervista. Barcaiuolo (FdI): “Voto in Germania grande scoppola elettorale per sinistra progressista”

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Mai come in questo periodo storico, per ogni Nazione è cruciale far sentire il proprio peso internazionale. Il ritorno di Donald Trump ha sbloccato lo stallo in Ucraina che perdurava da mesi, la vittoria elettorale in Germania del Cdu-Csu ha rovinato i piani della sinistra europea. In questo contesto, il ruolo dell’Italia sembra rinnovato e può essere fondamentale nei nuovi equilibri mondiali. Ne abbiamo parlato con Michele Barcaiuolo, senatore di Fratelli d’Italia e capogruppo del partito in commissione Esteri e Difesa al Senato.

Senatore, a tre anni dall’inizio del conflitto in Ucraina, si intravedono spiragli di pace grazie alle trattative avviate da Donald Trump con Putin. Come valuta il ruolo di Trump in questo processo e quale spazio vede per l’Europa, finora apparsa marginalizzata?

«È chiaro che l’iniziativa del presidente Trump è sicuramente un qualcosa che momentaneamente dobbiamo guardare con grande positività. Perché se si riesce, dopo tre anni, a fermare una guerra che ha lacerato i confini dell’Europa, non possiamo che esserne felici. Dopodiché è chiaro che non possiamo dimenticare che c’è un aggressore e un aggredito. Non possiamo dimenticare che se oggi, dopo tre anni, si riuscirà a far sedere l’Ucraina al tavolo della pace, è solo e soltanto perché l’Occidente ha aiutato appunto la nazione aggredita, l’Ucraina, a difendersi. Tutti i commentatori dopo l’invasione russa si dividevano tra chi sosteneva che l’Ucraina avrebbe retto qualche giorno e chi qualche settimana. Così non è stato e oggi ci dobbiamo augurare che si possa arrivare, anche grazie a questo percorso, a una pace e a una collocazione dell’Ucraina ovviamente nel campo occidentale ed europeo. Per quanto riguarda l’Europa, è chiaro che la narrazione mainstream dei mezzi di comunicazione oggi la marginalizza molto. Come vediamo anche le dichiarazioni di Trump sono cambiate nel corso dei giorni, dalla non necessità dell’Europa al tavolo della pace, invece ovviamente già questo è mutato: l’Europa sarà protagonista di questo tavolo e io credo che il ruolo dell’Italia sarà all’interno dell’Europa un ruolo da protagonista proprio per la posizione chiara, lineare e coerente che ha tenuto».

Il voto in Germania di pochi giorni fa ha ridefinito gli equilibri politici nel cuore dell’Ue. Secondo lei, come influirà sulle politiche di Bruxelles, soprattutto in materia di immigrazione, difesa e sostegno all’Ucraina?

«Il voto in Germania dice una cosa: fallimento e grande scoppola elettorale per il mondo progressista e ipocritamente ambientalista. Il Pse e i Verdi tedeschi escono da queste elezioni fondamentalmente a pezzi. C’è la vittoria di una Cdu che si è spostata molto a destra, il futuro cancelliere tedesco proprio sui temi dell’immigrazione addirittura aveva portato la Cdu a votare insieme all’Afd prima delle elezioni, guardando anche al modello Italia, al modello Albania, a quel modello che fa sì che i confini mediterranei, nella nostra specie i confini d’Italia, sono anche i confini dell’Europa e come tali vanno difesi da tutti. Era un principio per noi insomma abbastanza scontato, ma non era così per le altre Nazioni europee. Quindi credo che la nuova direzione tedesca potrà far gioco alla visione del mondo e dell’Europa che hanno l’Italia, Giorgia Meloni e questo governo. Dopodiché, è chiaro che su alcuni temi l’alleanza forse più naturale sarebbe stata quella con Afd – penso ai temi dell’immigrazione, penso ai temi del contrasto al green deal. Ma proprio le posizioni sulla politica estera di Afd fanno sì che Cdu-Csu siano di fatto ahimè costretti per un sistema particolare che c’è in Germania, ovvero quello delle alleanze post-voto e non pre-voto, a guardare a un governo di Grosse Koalition con i socialisti, i veri sconfitti di queste elezioni, pur immagino e mi auguro in un ruolo molto marginale o comunque residuale rispetto a quello che avevano prima».

L’Italia ha un ruolo strategico nel Mediterraneo e nella Nato. Come pensa che il governo Meloni possa sfruttare questa posizione per influenzare le trattative di pace in Ucraina e rafforzare la voce dell’Europa?

«L’Italia deve portare avanti quella visione anche all’interno dell’Alleanza Atlantica che ci ha contraddistinto come posizione fin dall’insediamento di questo governo, ovvero un’alleanza atlantica salda e solida ma, anche in virtù del nuovo posizionamento del Presidente Trump, che può aiutare l’Europa a emanciparsi all’interno dell’Alleanza. Noi abbiamo sempre sostenuto che la Nato dovesse avere due grandi pilastri, un pilastro appunto statunitense e un pilastro europeo. Il pilastro europeo però va mantenuto anche con risorse nostre e quindi è chiaro che serve un aumento delle spese di difesa perché sostenendo che l’Europa deve avere una maggiore autonomia anche rispetto alle scelte di politica estera, è chiaro che di pari passo vuol dire che bisogna non appaltare la propria sicurezza ad altri, per quanto alleati, come gli Stati Uniti d’America. Io, proprio la settimana scorsa, ero a Bruxelles, all’Assemblea parlamentare della Nato e, sia con i parlamentari statunitensi, sia con gli altri parlamentari europei, questo tipo di visione che fino a pochi mesi fa era quasi esclusivamente solo italiana, sta prendendo sempre più piede per far sì di arrivare a un Occidente che sia unito, ma considerando anche che in politica estera non sempre e non costantemente gli interessi statunitensi siano perfettamente congruenti con gli interessi europei».

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