L’intervista. Calcio, Marcheschi (FdI): “Aiutiamo comparto fondamentale. Continua nostro impegno contro ludopatia”

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Il calcio continua a essere un elemento fondamentale della nostra cultura, ma anche della nostra economia. La sua crisi, che perdura ormai da anni a livello sportivo, infrastrutturale e finanziario, rappresenta un danno enorme per il comparto. Una nuova strategia per la sua ripresa, però, sembra possibile e in Senato sono state proposte le possibili linee guida di cui il governo si farà carico nei prossimi giorni. Ne abbiamo parlato con il senatore Paolo Marcheschi, capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Cultura.

Senatore, lei è relatore del provvedimento approvato all’unanimità, a parte un paio di punti, sulle prospettive di riforma del calcio che ora sarà inviato al governo. Di cosa si tratta?

«Abbiamo fatto questo approfondimento perché il sistema calcio, nonostante generi molti ricavi, in realtà ha generato più debiti che ricavi. Almeno 4 miliardi di perdita del settore. Ci siamo allora interrogati su come la politica possa aiutare un settore che porta 11 miliardi sul Pil dello Stato, che ha 120mila posti di lavoro e ha milioni di appassionati, oltre che ragazzi e bambini che giocano a calcio. Per la prima volta in Parlamento abbiamo deciso di fare un approfondimento su un settore che è un’asse importante per il Paese. E lo abbiamo fatto approfonditamente ragionando in un logica di insieme, cioè che cos’è che può portare più ricavi al calcio senza attingere alle risorse dello Stato. Su questo abbiamo raccolto oltre quaranta audizioni e tantissime proposte che abbiamo analizzato insieme ai colleghi della commissione per poter fare questo atto conclusivo che è stato approvato oggi».

Si tratta dunque di un provvedimento a sostegno del calcio italiano, ormai chiaramente in difficoltà. In questo contesto, quanto c’è bisogno di uno nuovo disegno che sostenga i vivai e il calcio giovanile?

«È stato sicuramente uno dei dibatti più approfonditi perché, oltre la scarsa sostenibilità economica del settore, ci sono state delle conseguenti crisi anche di risultati: la Nazionale italiana ha fallito più volte l’ingresso ai mondiale e il campionato sta perdendo valore. E ovviamente in questi anni le squadre soprattutto di serie A hanno privilegiato dell’acquisto di calciatori stranieri rispetto a far giocare i giovani dei nostri vivai: abbiamo pensato che con una revisione della legge Melandri, che sta alla base del sostegno che danno i diritti televisivi a tutto il settore, ma anche logiche di tax credit o di defiscalizzazione di alcuni interventi, questi fossero diretti soprattutto a chi fa nuove infrastrutture e a chi lavora sui vivai, in modo tale che i nostri ragazzi possano trovare sempre più spazio nelle squadre fino ad arrivare nelle prime squadre dove invece adesso hanno più possibilità di giocare calciatori, magari anche mediocri, stranieri».

Un tentativo di strumentalizzazione da parte delle opposizioni è stato portato avanti riguardo al tema della ludopatia e delle agenzie di scommesse. Cosa è accaduto e cosa è cambiato rispetto al passato?

«Dispiace che ci sia stata conflittualità strumentale soprattutto dai Cinque Stelle, ma anche da parte del Pd, su un tema che sta cuore a tutti, quello del contrasto alla ludopatia. Noi però siamo legislatori e dobbiamo renderci conto che a otto anni da una legislazione, fatta in particolare nel decreto Dignità, la ludopatia non è stata contrastata, ma è cresciuta e in più con quel decreto, a nostro parere, si è fatto confusione tra gli scommettitori leciti e illeciti. Non si sa più su quali siti si scommette, se sono leciti o illeciti, proprio perché a differenza di altri Paesi, dove è consentito mettere la sponsorizzazione sulla maglia e a bordo campo, in Italia, non essendo possibile, si è ingenerata anche questa confusione. Noi crediamo ancora, come sempre, in una battaglia alla ludopatia e anzi abbiamo sfidato l’opposizione a inaugurare nuove normative che vadano a contrastare severamente il gioco illegale e la ludopatia. Abbiamo insomma tolto questo pannicello caldo, se vogliamo anche un po’ ipocrita, che non è servito a niente: era un po’ come fermare il vento con le mani. Noi abbiamo preferito quei 100 milioni che le altre squadre internazionali raccolgono all’anno dalle sponsorizzazioni di betting, allargando la possibilità di poterlo fare anche al calcio italiano, perché gli era negata la possibilità. Accadeva, ad esempio, che in Coppa dei Campioni una squadra italiana andasse a giocare con uno sponsor che non conteneva betting mentre gli avversari di tutti gli altri Paesi europei ce l’avevano, e si capiva la differenza economica che potevano avere l’ingresso di questi capitali. Quindi abbiamo tolto questa legge che non ha funzionato, ma non per liberalizzare, anzi per fare delle leggi più attente e più importanti nel contrasto alla ludopatia».

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