A due anni e mezzo dall’insediamento del Governo Meloni, l’onorevole Giorgio Calovini, capogruppo di Fratelli d’Italia in Commissione Affari esteri alla Camera, fa il punto sui risultati ottenuti in materia di immigrazione. Dalla strategia europea condivisa alla creazione dei centri in Albania, Calovini difende l’approccio dell’esecutivo e rivendica un cambio di passo rispetto al passato. “Non più emergenza solo italiana – spiega – ma responsabilità comune dell’Unione Europea.” E sui rimpatri: “Serve una lista chiara di Paesi sicuri e una linea condivisa con Bruxelles”.
Onorevole Calovini, sono passati due anni e mezzo dall’inizio del Governo Meloni. Quali risultati concreti può mostrare oggi sull’immigrazione clandestina e sui centri in Albania, spesso oggetto di polemiche? Cosa risponde a chi li considera più un simbolo che una soluzione?
Io credo che, dopo due anni e mezzo di governo, il consenso nei confronti dell’Esecutivo del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e del partito che rappresento, Fratelli d’Italia, sia chiaramente molto alto proprio perché si è riusciti a concretizzare e a dare delle risposte agli elettori su una serie di problematiche che da troppi anni condizionavano la politica italiana. A partire dal tema migratorio, che per molto tempo non è mai stato al centro dell’attenzione. Oggi, grazie al lavoro di Giorgia Meloni, e a quanto fatto soprattutto in Europa nei rapporti con la Commissione e con la presidente Ursula von der Leyen, si è riusciti a riportare il dossier dell’immigrazione sul tavolo di Bruxelles. Finalmente è stato affrontato non più come una problematica prettamente italiana, ma come una questione giustamente europea. Una delle tante soluzioni che si è cercato di mettere in campo è l’attivazione dei centri per l’immigrazione in Albania, che — è giusto ricordarlo — restano comunque sotto giurisdizione italiana. Sono una delle strade che l’Italia intende adottare per affrontare questa problematica, ed è giusto sottolineare che tale approccio è visto con molto interesse sia da parte della Commissione europea sia da numerosi altri Paesi che, a margine di ogni Consiglio europeo, negli ultimi mesi hanno chiesto a Giorgia Meloni come poter eventualmente adottare strade simili.
Questi centri sono un’idea italiana che sta incuriosendo l’Europa. Pensa che anche altri Stati potrebbero seguirci? E mentre aspettiamo la Corte di Giustizia UE sui Paesi sicuri, quali sono i prossimi passi per far funzionare questo modello?
Sì, assolutamente. In Europa sono estremamente interessati a questi centri. Come dicevo prima, a margine di ogni Consiglio, ultimamente alcuni Paesi — anche con governi socialdemocratici — hanno voluto chiedere a Giorgia Meloni e all’Esecutivo italiano cosa si stesse facendo per affrontare questa tematica. Il fatto che, per esempio, un governo come quello danese voglia adottare il modello italiano è il segnale che questa sia una strada percorribile per affrontare correttamente il tema migratorio. È altrettanto importante ricordare che questi centri non sottraggono fondi: si tratta comunque di risorse che sarebbero state impiegate dal Governo italiano per gestire un fenomeno migratorio molto rilevante e che, come ho detto, per troppi anni non ha trovato soluzioni.
Sul tema dei rimpatri, il governo punta molto su una lista chiara di Paesi sicuri, ma serve un accordo europeo. Qual è la strategia di Fratelli d’Italia per collaborare con l’UE e rendere i rimpatri più rapidi ed efficaci, soprattutto in attesa delle decisioni della Corte di Giustizia?
La strada da adottare, come ho detto, è quella politica ed è fatta di un confronto continuo con la Commissione e con Bruxelles. Ricordiamo tutti quando la presidente della Commissione è andata a Lampedusa con Giorgia Meloni proprio per capire come l’Italia, per troppi anni, abbia affrontato da sola il tema migratorio. Oggi, grazie a una politica fatta di contatto costante e a un Esecutivo forte e competente, si è riusciti finalmente a far comprendere all’Europa che la strada da seguire deve essere comune. Sicuramente c’è il tema del Regolamento di Dublino, così come ci sono gli accordi internazionali siglati dall’Italia insieme ai Paesi del Nord Africa, con al tavolo anche l’Europa. Queste sono alcune delle strade. Ma certamente il buon lavoro svolto dal Governo Meloni è la via migliore per far comprendere ai cittadini italiani che soltanto con questa attuazione si possono veramente contrastare i fenomeni migratori illegali.