Lissa, una sconfitta che riemerge dagli abissi

Navi di legno con uomini d’acciaio che ebbero la meglio su navi d’acciaio con uomini di legno. L’ammiraglio austriaco Wilhelm von Tegetthoff che impartisce ordini ai suoi marinai in dialetto veneto. La morte in battaglia romanzata di Luca nei “Malavoglia” di Giovanni Verga e del pittore di battaglie Ippolito Caffi, reporter di guerra ante litteram. Tanti aneddoti e riferimenti letterari hanno caratterizzato la narrazione della battaglia navale di Lissa (20 luglio 1866), avvenuta durante quella che per l’Italia fu la Terza Guerra d’Indipendenza e per Austria e Prussia restò agli annali come Guerra delle Sette Settimane (14 giugno-23 agosto). Il successo prussiano a Sadowa consentì all’Italia, sconfitta pure sulla terraferma a Custoza e vittoriosa solamente grazie ai volontari di Giuseppe Garibaldi a Bezzecca, di ottenere la retrocessione del Veneto tramite la Francia, ma il trauma di tale disfatta lasciò segni profondi nello sviluppo della Regia Marina.

Sorta solamente cinque anni prima contestualmente al Regno d’Italia e con l’unione dei bastimenti e degli equipaggi delle marine preunitarie, l’Armata Navale aveva tuttavia ricevuto robusti finanziamenti, su precisa indicazione di Camillo Benso Conte di Cavour, all’epoca contemporaneamente Presidente del Consiglio e Ministro della Marina. Lo statista piemontese aveva colto l’importanza della posizione strategica italiana nel cuore del Mediterraneo e la conseguente necessità di allestire una flotta moderna e bene armata. Venne fondato l’arsenale di La Spezia ed i cantieri italiani vararono le corazzate di seconda classe (ancora con lo scafo in legno) Principe di Carignano, Messina, Roma, Venezia e Conte Verde, mentre furono ordinate all’estero le fregate corazzate di prima classe Re d’Italia e Re di Portogallo (negli Stati Uniti), le fregate corazzate Ancona, Castelfidardo, Maria Pia e San Martino nonché le corvette corazzate Formidabile e Terribile in Francia e in Gran Bretagna l’ariete corazzato Affondatore, una delle prime navi munita di torri rotanti di artiglieria. Questa era una fase di transizione nella strategia navale, in cui coesistevano vascelli lignei e corazzati, artiglierie a lunga gittata e rostri di prua con i quali speronare e colare a picco le imbarcazioni nemiche.

Allo scoppio del conflitto, tuttavia, i cospicui investimenti non erano riusciti a forgiare affiatamento e spirito di corpo negli equipaggi, gli ufficiali sardo-piemontesi erano stati privilegiati nell’ascesa gerarchica rispetto ai colleghi provenienti dalle altre marinerie creando litigi e divisioni e le scorte di carbone e munizioni lasciavano alquanto a desiderare. Ciononostante, allo scoppio delle ostilità il comandante in capo ammiraglio Carlo Pellion di Persano concentrò le forze ad Ancona ed effettuò tra l’8 ed il 12 luglio un’infruttuosa esplorazione nelle acque austriache, ricevendo le prime critiche per non aver cercato lo scontro risolutore. Il Ministro della Marina Agostino Depretis esortò pertanto Persano a cannoneggiare ed occupare la base austriaca che si trovava sull’isola di Lissa, nel bel mezzo dell’Adriatico centrale.

Il 18 e 19 luglio il grosso della flotta italiana sprecò carbone e munizioni nell’assedio di Lissa, le cui difese costiere dettero ottima prova di sé, sicché il giorno dello scontro lo sbarco non era ancora avvenuto e gli equipaggi erano sfiduciati e stanchi, tanto più che il mare si era fatto mosso. 12 tra fregate, corvette e cannoniere corazzate, 10 pirofregate lignee e 4 cannoniere di legno battenti bandiera italiana videro giungere al mattino del 20 luglio dalla base austriaca di Pola 7 corazzate (fregate o corvette), un vascello a vapore, 5 pirofregate, una pirocorvetta e 12 cannoniere in legno. Incuneatosi in mezzo alla flotta sabauda schierata, Tegetthoff dette ordine a ogni nave di concentrare il fuoco su un unico obiettivo e la catena di comando si dimostrò più efficace di quella italiana. Colarono a picco le corazzate Re d’Italia e Palestro (si registrarono complessivamente 620 morti e 40 feriti), mentre altre navi scamparono fortunosamente all’accerchiamento delle agili e insidiose unità austriache, il cui equipaggio era in effetti costituito in buona parte da marinai dalmati lealisti e pertanto la lingua franca per comunicare risultava il dialetto veneto. Rientrato ad Ancona annunciando un’improbabile vittoria, Persano sarebbe stato in seguito processato dal Senato del Regno, di cui faceva parte, riunito in Alta Corte di Giustizia e condannato per imperizia, negligenza e disobbedienza.

Durante la Prima Guerra d’Indipendenza le flotte italiche avevano attuato un blocco al largo del porto di Trieste, il più importante scalo commerciale austriaco; nella Seconda la flotta franco-sarda aveva compiuto uno sbarco nelle isole quarnerine di Cherso e Lussino; stavolta si progettava di prendere il controllo dell’Adriatico al fine di consentire uno sbarco garibaldino in Dalmazia, non tanto per annettere il litorale dalmata, in cui era pur presente una significativa comunità italiana, bensì per fomentare slavi e ungheresi ad insorgere contro il governo di Vienna, aprendo così un nuovo fronte. Le ricognizioni di un gruppo di ricercatori di speleologia subacquea hanno nei giorni scorsi trovato sui fondali del teatro di battaglia di Lissa (oggi appartenente alla Croazia) un reperto su cui a lungo si era fantasticato: la poderosa cassaforte che si trovava sulla Re d’Italia. Il relitto dell’ammiraglia italiana, con a bordo decine di marinai caduti durante la battaglia che qui ancora riposano, era già stato identificato, ma il prezioso carico non era stato ancora rintracciato. Il gruppo di esperti esploratori subacquei ha finalmente compiuto l’impresa, che si perfezionerà con il recupero e l’apertura del prezioso forziere. I denari in esso contenuti potevano essere destinati a mettere in piedi un’amministrazione provvisoria in Dalmazia ovvero, come abbiamo accennato, a finanziare un’insurrezione capace di destabilizzare l’Impero d’Austria.

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Lorenzo Salimbeni
Lorenzo Salimbeni
Lorenzo Salimbeni (Trieste, 1978) ricercatore storico freelance e giornalista pubblicista. Collabora con le associazioni patriottiche, di ricerche storiche e degli esuli istriani, fiumani e dalmati; si occupa di storia del confine orientale italiano e delle guerre mondiali nei Balcani.

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