L’Italia per l’unità dell’Occidente

L’intervista rilasciata da Giorgia Meloni al Financial Times è stata interpretata male, volutamente male dovremmo aggiungere, da alcuni organi di informazione, e la premier ha approfittato del suo intervento come ospite presso il congresso di Azione, il partito di Carlo Calenda, per chiarire meglio la sostanza del colloquio avuto con il quotidiano britannico. Dei commentatori non proprio in buonafede hanno liquidato le parole della premier consegnate al FT come una dichiarazione d’amore incondizionato verso gli USA di Donald Trump, e nel contempo di odio e di guerra nei confronti dell’Europa. Una semplificazione quanto mai stupefacente e disonesta alla quale ha replicato il Presidente del Consiglio. Il Governo Meloni sta con l’Italia che, ovviamente, è parte importante dell’Europa, e insieme alla Unione Europea, non contro, è impegnato a mantenere saldo il legame transatlantico del Vecchio Continente con gli Stati Uniti d’America, quindi, a garantire l’unità dell’Occidente, unico argine efficace alle autocrazie, la Russia putiniana e la Cina comunista, alle teocrazie, l’Iran primo fra tutte, e ai terrorismi.

Se America ed Europa diventano diffidenti l’una dell’altra e addirittura intraprendono cammini separati, i soli a trarne vantaggio possono essere soltanto i vertici politici di Mosca o di Pechino. Alcune fughe in avanti di leader europei come il presidente francese Emmanuel Macron, apprezzate forse dalle pur confuse sinistre continentali, fra le quali il PD, creano pericolosi cortocircuiti. Da un lato, con molte ragioni, vengono segnalati il perdurare della minaccia russa e il bisogno di continuare a sostenere l’Ucraina, almeno fino a quando non vi sia una reale possibilità di pace, però, dall’altro si invoca l’esercito comune europeo, che è impraticabile nella Unione Europea attuale, e si fa cenno, più o meno in modo velato, ad un’idea di Difesa UE sganciata in qualche maniera dall’Alleanza Atlantica. Ecco, spaccare l’Occidente e la NATO è uno dei più grandi favori che si possano fare a Vladimir Putin, il quale spera da sempre in un allontanamento fra le due sponde dell’Atlantico. Come è risaputo, l’Italia del Governo Meloni ha condiviso finora, e continua a farlo, la linea di appoggio a Kiev finché è necessario, e crede che l’Europa debba quanto prima ripensare e irrobustire la Difesa militare, ma non è persuasa dalle corse utopiche e frettolose di Macron e simili.

Questo ha voluto far comprendere Giorgia Meloni attraverso l’intervista concessa al Financial Times. Anche la condivisione meloniana delle parole pronunciate sull’Europa a Monaco dal vicepresidente americano JD Vance, può dare adito a dubbi solo se si vuole costruire una interpretazione preconcetta. I conservatori di Fratelli d’Italia parlano di “Europa che si è un po’ persa”, come ha detto la premier al FT, e di un continente che ha smarrito sé stesso, come ha denunciato il vice di Trump a Monaco, da quando JD Vance era un perfetto sconosciuto perlomeno al di fuori dei confini degli USA. La destra di Giorgia Meloni stigmatizza da tempo immemore l’Europa della burocrazia, dei codici e codicilli dirigistici e lobbistici, della miopia rigorista di tecnocrati e politici pavidi, del menefreghismo in questioni epocali come la sicurezza internazionale, l’immigrazione clandestina e la tutela dell’identità storico-religiosa del continente.

Questo, non per avversione tout court all’Europa, ma per cercare di edificarne una migliore. Una confederazione di Nazioni basata su grandi temi unificanti, la Difesa in ambito NATO, la stabilità economica e finanziaria, il commercio internazionale, la protezione dei confini, e, appunto, meno persa nel seguire gli interessi dei circoli woke, gender e green, ingigantiti dai media compiacenti, ma minoritari ed impopolari in realtà. Giorgia Meloni è ben consapevole di ciò che serve oggi all’Europa e la sua è una delle posizioni più lucide a riguardo del ReArm Europe. Il Presidente del Consiglio ritiene inevitabile che i Paesi UE debbano spendere di più in Difesa e ha attaccato dal palco del congresso di Azione le contraddizioni di coloro i quali non ne vogliono sapere dell’America trumpiana, ma allo stesso tempo non gradiscono che in Europa si parli di armi ed eserciti, sognando forse, così viene da pensare alla premier, la trasformazione del Vecchio Continente in una gigantesca comunità hippie che spera nel buon cuore di Vladimir Putin e di Xi Jinping.

Certo, l’assennatezza della posizione italiana chiede il potenziamento degli eserciti nazionali dei vari membri della Unione Europea visto che le Forze Armate uniche UE sono per adesso una mera distrazione di Macron, e di Elly Schlein, e non ci si può sottrarre dall’impegno nella NATO. Bruxelles non può pensare di poter tenere testa a Putin oggi oppure domani, chissà, alla Cina senza Washington, e lo stesso ruolo americano nel mondo sarebbe più complicato con un Occidente in ordine sparso. Bisognerebbe smetterla con un certo provincialismo tipico della sinistra de noantri, per il quale, anche se non si è magari anti-americani in maniera ideologica, con questi Stati Uniti di Donald Trump non si può proprio stare. A tal proposito, si nota una differenza enorme fra Giorgia Meloni ed Elly Schlein perché la prima è riuscita ad intavolare una relazione proficua anche con Joe Biden, pur non essendo affine politicamente al predecessore di Trump. E occorrerebbe inoltre farla finita con la narrazione secondo la quale se si sta con Trump, oltre a voler sabotare l’Europa, si sta sotto sotto anche con Putin.

L’Amministrazione USA è stata sì perentoria in determinate occasioni con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, e certi eccessi non sono stati apprezzati dall’Italia, che peraltro, come ha fatto presente la premier Meloni sempre all’assise congressuale di Azione, non teme di affrontare con Washington le questioni che dividono, prima fra tutte quella dei dazi. Ma alla stessa maniera, il presidente Trump, al di là delle ricostruzioni giornalistiche, non ha concesso fiducia illimitata alla Russia e si aspetta qualche rinuncia anche da parte del Cremlino, altrimenti la pace non sarà mai possibile. E dallo Studio Ovale si inizia a perdere la pazienza visto che Mosca continua a bombardare Kiev, non cede su nulla e l’unica idea che finora è stata partorita dalla Russia è quella del commissariamento ONU dell’Ucraina e della conseguente cacciata di Zelensky.

Si torna al 2022 con il “nazista” ucraino che deve sparire e non a caso Donald Trump si è detto molto arrabbiato con Putin perché la delegittimazione di un presidente eletto democraticamente è inaccettabile e blocca qualsiasi negoziato

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Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

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