Era impegnata nel girare un servizio sugli eccidi delle foibe la troupe Rai che, al confine tra Italia e Slovenia, ha ritrovato le proprie autovetture vandalizzate. Con precisione gli inviati si trovavano in territorio sloveno, nei pressi del villaggio di Podpec, a pochi chilometri dal quale, in una caverna, numerosi italiani furono trucidati dalle truppe comuniste di Tito. “In quella caverna abbiamo trovato resti umani e anche un rosario. Una cosa che ci ha commossi”: l’ha dichiarato a Il Giornale Andrea Romoli, l’inviato di Rai 2 che, insieme a due speleologi, erano impegnati nel servizio. All’uscita, il fatto: parabrezza e specchietti irrimediabilmente danneggiati, le automobili totalmente distrutte dall’odio che qualche nostalgico ancora prova. A confermare la matrice anti-italiana, il dettaglio raccontato dalle vittime: a essere maggiormente colpita dall’atto vandalico è stata la macchina che portava il distintivo di riconoscimento Rai, mentre le altre automobili di targa slovena non hanno subito alcun danneggiamento. Un altro dettaglio poi, raccontato da Romoli, corrobora la tesi: “All’ingresso – ha riferito – erano state poste due grandi croci di legno ma qualcuno le aveva sradicate e buttate giù. Noi siamo riusciti a recuperarne una e l’abbiamo posizionata di nuovo”.
Quello accaduto alla troupe Rai è un pericoloso atto di un odio che non si placa neppure dopo i tanti anni trascorsi né di fronte al ricordo e alla commemorazione di vittime civili e innocenti, ree del solo fatto di essere italiane. L’odio comunista e anti-italiano continua dunque a esistere, i fatti di Podpec ne sono chiara testimonianza soprattutto per chi continua a ridimensionare, se non persino a negare, gli eccidi delle foibe. Non è un buon modo, questo, di avvicinarsi alla giornata in memoria delle vittime istriane, dalmate, fiumane, italiane delle foibe, che come ogni anno cadrà il 10 febbraio prossimo: il riduzionismo, che vede gli atti delle foibe come atti di guerra e di giustizia contro le azioni fasciste, tanto da parlare persino di giustificazionismo, ha inflitto e continua a infliggere patimento tramite un odio che, dalla Belgrado del secondo dopoguerra, non si è mai placato. Il seguito che tali pensieri hanno avuto anche in Italia, sulla scia del pensiero unico comunista, hanno ucciso una seconda volta le vittime italiane delle foibe. Attacchi come questi, ancora oggi dopo circa 80 anni dai primi crimini, non possono essere più giustificati. “Bisogna ricordare e denunciare perché quegli orrori non si ripetano”: così ha condannato l’accaduto il sindacato Unirai, liberi giornalisti Rai. “Farlo senza paure e reticenze – continua – è la maniera migliore per onorare lo straordinario lavoro di ricucitura delle ferite del passato realizzato dalle comunità italiana e slovena al di qua e al di là del confine, per costruire un comune futuro di pace e convivenza”.