Pubblichiamo l’articolo a cura di Álvaro Peñas, tradotta in italiano, pubblicato su The European Conservative
Dopo l’annuncio dei primi exit poll in Francia, i media professionali e sociali sono stati presto inondati dal messaggio: “La Francia si salva dal fascismo”. Aggiungerei “di nuovo”, perché negli ultimi anni sembra che anche quando Jean Marie Le Pen era presidente dell’allora Front National, la Francia non abbia fatto altro che salvarsi dall’estrema destra. D’altra parte, molti a destra hanno parlato di caduta della Francia, non per la prima volta, e di apparente trionfo del caos. Alcuni hanno citato il romanzo di Michel Houllebecq Sottomissione, una storia “fittizia” in cui tutti i partiti sostengono un candidato islamista per impedire la vittoria del candidato del FN. L’islamista diventa Presidente della Repubblica e gradualmente il lettore vede come la Francia si stia muovendo costantemente e senza intoppi verso l’islamizzazione. Ma la storia non sembra molto romanzata: dopo tutto, l’Islam è sempre più presente in Francia.
Tuttavia, nonostante la vittoria di un Nuovo Fronte Popolare in cui il cosiddetto “islamismo di sinistra” è una realtà sempre più preoccupante, non siamo ancora arrivati allo scenario delineato in Sottomissione. Quello che è successo domenica in Francia mi ha ricordato piuttosto un film che sta per compiere trent’anni: La haine (“L’odio”).
Il film, un cult per molti attivisti di sinistra, racconta la storia di tre giovani marginali che vivono in un sobborgo parigino dove subiscono le conseguenze del fascismo, rappresentate dalla violenza della polizia e dai pregiudizi della società francese. Appare persino Le Pen, acclamata come presidente da violenti skinhead. L’odio sociale causato in quel film da un’ascesa fascista è in realtà sempre più diffuso nella società francese di oggi, ma non da destra. L’odio si manifesta invece nelle manifestazioni e nei disordini provocati dalla sinistra, che vinca o perda le elezioni, perché ogni scusa è buona per mettere a soqquadro le strade e saccheggiare i negozi; c’è odio nei collettivi antifascisti che non si fanno scrupoli ad aggredire le donne come quelli del Collettivo Nemesi; C’è odio nei militanti della sinistra islamica che prendono di mira e attaccano gli ebrei solo perché sono ebrei; c’è odio nella violenza contro i francesi, negli attentati islamisti che hanno causato centinaia di morti; e c’è odio nei roghi di chiese che si verificano sempre più spesso. E tutto questo odio non è stato creato da Le Pen.
C’è anche la paura. Come l’odio, anche la paura è un altro attributo che caratterizza l’estrema destra, eppure la strategia della paura è stata una delle preferite dai partiti politici francesi per fermare l’avanzata del partito di Le Pen. “L’estrema destra divide e porta alla guerra civile, perché mette le persone l’una contro l’altra a seconda della loro religione o della loro origine”, ha detto Macron poco più di due settimane fa. Si è riferito in termini simili, parlando di “guerra civile”, anche all’estrema sinistra, ma non ha esitato a gettarsi tra le loro braccia per fermare la presunta estrema destra. Quando la sinistra provoca una guerra civile, si chiama rivoluzione.
Il risultato del sostegno del “centro” di Macron all’estrema sinistra ha portato a una vittoria elettorale del Nuovo Fronte Popolare, che ha guadagnato 51 seggi portandosi a 182, mentre i centristi hanno perso 76 seggi e sono scesi a 168. Il primo ministro macronista, Gabriel Attal, ha annunciato le sue dimissioni, anche se si è detto pronto a guidare un governo ad interim di fronte a una “situazione politica senza precedenti”. La scommessa di Macron non sembra aver avuto successo.
A destra, il popolare Partito Repubblicano Francese ha perso 11 seggi ed è sceso a 60, in mezzo a forti divisioni interne su quale strada intraprendere di fronte all’inarrestabile ascesa del partito di Le Pen. Il National Rally (RN) è il partito che è cresciuto di più in termini di voti e di seggi, guadagnando 54 seggi e raggiungendo quota 143. È un successo enorme, senza dubbio. È un successo enorme, senza dubbio, ma che sa di poco dopo le aspettative create alle elezioni europee e al primo turno. La RN è riuscita a rompere il cordone sanitario degli altri partiti e ha costretto Macron a un’alleanza innaturale, ma deve convincere un maggior numero di francesi che non sono loro a covare odio e paura. In questo senso, è imperativo prendere le distanze dal Cremlino, e infatti il sostegno del ministero degli Esteri russo prima delle elezioni è stato un regalo avvelenato per Le Pen, che lo ha definito “interferenza”.
Ma torniamo a La Haine: all’inizio e alla fine del film si racconta la storia di un uomo che cade da un edificio di cinquanta piani. Per rassicurarsi mentre cade, l’uomo continua a ripetere a se stesso: “Fin qui tutto bene, tutto bene”. Ma non è la caduta che è importante, bensì l’atterraggio. Francia è l’uomo che cade dall’edificio e che, piano dopo piano, ripete a se stesso “fin qui tutto bene”. Ma per quanto si illuda, il terreno è sempre più vicino e l’atterraggio può finire solo in un modo. Il prossimo governo, soprattutto se consideriamo le politiche migratorie proposte dalla sinistra, potrebbe accelerare ulteriormente la caduta e l’imminente disastro. La grande domanda, che dobbiamo porci anche pensando all’Occidente nel suo complesso, è: la Francia reagirà in tempo o lo farà quando sarà troppo tardi?