L’ossessione della sinistra per Meloni raggiunge il parossismo

Per mesi Repubblica mette uno staff di 5 giornalisti a fare un’inchiesta sul passato della famiglia del presidente del consiglio, con il pregevolissimo intento di voler smontare quella che ritiene essere la falsa narrazione dell’underdog.

In disparte l’obiettivo assai misero, considerato che la finalità di costruire un immaginario parallelo e mistificatorio non rientrerebbe affatto nell’alveo delle tematiche di un vero giornalismo d’inchiesta, dopo mesi di soldi buttati in questo che avrebbe dovuto essere il piano perfetto per screditare Giorgia Meloni, non si è neanche riusciti nell’intento.

Un profluvio informazioni che nulla spostano rispetto all’infanzia raccontata dalla presidente nel suo libro “io sono Giorgia”.

E ancora e di nuovo, si ripercorre la storia di un padre che ha abbandonato le figlie, ma incredibilmente e senza rispetto umano alcuno, si insinua che questi rapporti in realtà non sarebbero stati poi così radi e che questo padre non sarebbe neanche stato poi così male. Riabilitazione del padre per screditare la figlia. E occorre rimarcare che per arrivare a fare un’operazione tanto ignobile sarebbe bastato un Twitt della Lucarelli, invece il megafono della sinistra investe mesi, risorse umane e soldi a carriole.

La seconda parte dell’inchiesta, poi, dopo la riabilitazione postuma del padre, tenta di provvedere alla sua diretta conseguenza: lo screditamento della madre, che sarebbe stata una vera mantide, che avrebbe approfittato di un uomo in crisi e si sarebbe poi anche messa, udite udite, a lavorare nel campo dell’immobiliare!

Posto che nulla ci sarebbe di male, l’inchiestona dà doviziosamente conto di una serie di operazioni immobiliari che non presentano profili di illegittimità o illegalità, ma sempre smentendo se stessa e rafforzando il poco nobile intento diffamatorio, fa emergere semplicemente che la madre della Meloni avrebbe avuto delle quote minime in società che avrebbero messo in piedi delle operazioni lecite. Quote poi dismesse.

A tutto questo si aggiunge ad colorandum un misto di mezze dichiarazioni e rivelazioni di parenti più o meno prossimi e l’ignobile coinvolgimento di amicizie storiche della premier, la cui unica colpa sarebbe, appunto, di essere di lei amiche.

Tutto questo per?

Perché la sinistra non può accettare il fatto che la destra racconti con i fatti una storia di riscatto, di fatica, di valori, di un popolo che si può risollevare. Perché la sinistra ha da sempre campato sulla falsa narrazione dell’esigenza della lotta di classe, salvo continuare a raccontare questa favola ritirandosi negli attici dei Parioli a distribuire i compitini ai propri maître a penser, ai propri intellò. Per un po’ ha funzionato, poi il popolo ha capito ed ha reagito, affidandosi a chi non ha avuto paura di confrontarsi con la storia e ha avuto il coraggio di caricare sulle proprie piccole ma forti spalle il diritto ed il dovere di rappresentare un’Italia diversa.

Questo la sinistra non lo può sopportare e la rabbia per aver perso ogni credibilità, per essere stata smascherata da una figura che a loro è mancata e manca è tanta e tale da sfociare in questi orridi e scomposti messaggi. E il punto di fuoco sta nel fatto che a destra non si ha la necessità di descriversi diversi da come in realtà si è perché per la destra l’ascensore sociale non è un mantra da predicare come una chimera, ma una possibilità da realizzare col merito, perché non è un’onta essere ricchi, come non lo è essere poveri, e ogni persona è cittadino,  parte di una comunità, di un contesto sociale che non è fisso e immodificabile nella sua struttura e in cui le contrapposizioni tra classi non solo non si ritengono funzionali, ma anche terribilmente antistoriche. Tutto questo ai post comunisti non piace affatto.

Ebbene, il portatore del verbo, stavolta e come al solito, è stata la sempre obiettiva Repubblica, con il controcanto del Domani di De Benedetti, che hanno fatto del giornalismo una mannaia, piegando gli interessi dell’informazione alla lotta politica, con un’assurda inchiesta in cui c’è nulla che possa essere ricondotto al diritto di critica o al diritto all’informazione, ma solo una montagna, anche poco intelligibile, di dati messi l’uno accanto all’altro per comporre un distopico puzzle in cui la menzogna si mescola alla calunnia … di fronte però a questo poverissimo «venticello”, basta davvero mettere un para spifferi.

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