L’ultimo teatrino di Saviano: offende la Meloni, poi piagnucola per il rinvio a giudizio.

“Non vi mollo, non vi mollo, non vi mollo”, ripete Saviano dopo il rinvio a giudizio per diffamazione ai danni di Giorgia Meloni. Come se vi fosse qualcuno da acciuffare, come se vestisse i panni di un giustiziere senza macchia e senza peccato attinto da un’onta ignominiosa.

A chi quel non vi mollo? Alla Meloni ed al mondo sovranista che le ruota attorno, dice Saviano. Perché è evidentemente un’intimidazione una querela per aver esercitato il diritto di critica e lui il bavaglio non se lo fa mettere da nessuno. Una veemenza dialettica davvero fuori luogo considerato il contesto. Saviano veniva querelato dalla presidente di Fratelli d’Italia perché in un’intervista tv su la7 le aveva dato della “bastarda”, per le posizioni espresse in tema d’immigrazione, peraltro nello stesso contesto attribuendole delle dichiarazioni mai proferite e dunque palesemente false.

Ebbene Roberto Saviano, in prima serata, con l’ausilio del mezzo televisivo, entrando nelle case di milioni di italiani, decide di attribuire al presidente di un partito d’opposizione cose mai dette e di rivolgerle offese sguaiate, pretendendo lo scudo penale dato dal “diritto di critica”. Ma come ricondurre la legittima critica a locuzioni tanto sboccate e grossolane solo Dio lo sa. E davvero solo Dio, perché anche il GUP di Roma, che è come noi comune mortale, ha ritenuto che fosse andato oltre i limiti della continenza verbale, meritando il processo, poi fissato per il 15 novembre 2022. E quindi il Nostro non ci sta. Rilancia. Non si arrende alla giustizia. La ritiene un sopruso. Dice di essere vittima di un abuso. E, usando quel contegno che è proprio dei provocatori malavitosi contro i quali ha sempre lottato, incalza quella che ad oggi è la parte lesa: “non vi mollo!”

Ma qui non c’è da mollare nessuno, c’è da sottoporsi con equilibrio e un po’ di moderazione ad un giudizio. Non serve fare proclami e tacciare chi si è sentito giustamente offeso nella propria onorabilità di essere un persecutore. Il vittimismo che oggi suona chiaro nelle parole di Saviano conferma l’arroganza del mainstream di cui questi è utile ingranaggio e la tracotanza di un mondo che si sente censore e giudice, sempre al di sopra del bene e del male. Unico obiettivo: il nemico sovranista, che deve essere annientato con ogni mezzo, e le penne diventano spade, le lingue lame taglienti, le parole colate laviche incandescenti. Tanto si gode dell’immunità.

Tuttavia stavolta la giustizia ha voluto dare un segnale e date le premesse non si vedono molti argomenti a sostegno della difesa dell’imputato Saviano, che darà un bel da fare all’avvocato che dovrà sostenere la bizzarra tesi per cui dar della “bastarda” si iscrive nella libertà di critica.

Dunque in chiosa il consiglio per il momento è di moderare prudenzialmente i toni, e per il futuro che ritorni a copiare opere altrui, che al massimo rischia di dovere un risarcimento danni,  perché quando si avventura nell’opera originale dell’intelletto, rischia assai di più: cade nel penale.

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3 Commenti

  1. Il mio giudizio su quell’ individuo, che chiamarlo persona è troppo, è di uno sdegno profondo che si estende anche a tutte quei figuranti della sinistra che lo venerano e lo fanno parlare. le persone che hanno un pò di intelligenza non lo ascoltano e cambiano canale appena lo vedono, come faccio Io da tempo.

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