Ma quale campo largo? In Basilicata la sinistra litiga ancora sul candidato

Non i grandi condottieri del passato né gli intrepidi avventurieri: il vero coraggioso è colui che accetta di candidarsi a capo delle coalizioni di centrosinistra. Iperbole a parte, ci vuole del fegato per ergersi a paciere di partiti che litigano letteralmente su ogni cosa. Litigano prima di allearsi, sulla scelta del candidato, litigano durante la campagna elettorale (si veda l’Abruzzo dove i vari Conte, Renzi, Calenda, proprio non ce l’hanno fatta a trattenersi e a fingere che andasse tutto bene), litigano dopo la campagna elettorale (povera Todde, che da grillina dovrà governare con il PD primo partito). Non c’è modo per sanare le ferite: gli interessi in gioco sono troppo alti e nessuno vuole indietreggiare. Neppure in Basilicata dove, a fronte di un centrodestra che ha già trovato l’intesa ormai da settimane sul nome di Vito Bardi, il centrosinistra è ancora in alto mare sulla scelta del candidato presidente. Sembra anzi che l’opposizione non abbia fretta, malgrado la data della presentazione delle liste si stia avvicinando. Nessuno dei papabili convince l’interezza dei partiti (e come biasimarli: più ne sono, più diventa difficile accordarsi). Un nome che circola già da tempo è quello di Angelo Chiorazzo, accettato dal PD ma rifiutato dai grillini che, in questo momento di grandissima confusione, sembrano essere, nati come anticonformisti, i più sottomessi al proprio leader, Giuseppe Conte. A loro Chiorazzo non piace perché sarebbe vincolato da presunti conflitti d’interessi. “Non è l’uomo giusto” aveva spiegato già giorni fa Patuanelli, capogruppo dei 5 Stelle al Senato, ma ora pare che il nome di Chiorazzo si sia fortificato: se dovesse essere scelto lui, allora Conte sarebbe costretto a fare marcia indietro e magari a chiedere scusa. Altro nome in voga è quello di Domenico Lacerenza, oculista 66enne, sul quale in realtà sembrava essere arrivata l’ufficialità della sua scelta: una scelta presa d’accordo da PD, M5S, Avs e +Europa, ma senza Calenda, che invece incolpa i grillini di un veto imposto ad Azione dopo aver proposto Lacerenza. E oltre questo, in Lucania non sembrano contenti dell’accordo: Lacerenza è accusato di essere stato “calato dall’alto”, da Roma, mentre una parte del PD locale protesta contro il PD nazionale (ti pareva, l’ennesima rottura) favorendo invece Chiorazzo. È partita pure una petizione per ritornare su di lui. E infatti, il risultato è stata la rinuncia di Lacerenza in tempi record: “Dopo un’attenta riflessione, voglio comunicare la mia rinuncia”, ha fatto sapere in una nota.

Se, tra PD che si divide, veti tra partiti in teoria alleati e scaramucce varie, il lettore è andato in confusione, pensi allora al cittadino lucano, che ogni giorno è costretto a sentirne di nuove senza mai arrivare al dunque. Per fortuna, tuttavia, l’alternativa c’è perché, come sempre, a un centrosinistra costantemente diviso, il centrodestra è nuovamente unito sotto un unico nome. Con buona pace di chi continua a paventare possibili fratture nella maggioranza di governo.

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