La manovra incassa la fiducia al Senato a notte fonda dopo che il testo è stato scritto, riscritto, cancellato, riscritto ancora, e poi di nuovo, e alla fine ripresentato pieno di emendamenti che nessuno ha mai letto prima, sui quali non si sa nemmeno se ci sia e quale sia la copertura.
I componenti dei partiti di maggioranza fanno interventi su interventi per spiegare quanto siano stati bravi, e capaci, ma dall’opposizione si risponde anche minacciando il ricorso alla Consulta per violazione dell’art. 72 della Costituzione (Ogni disegno di legge, presentato ad una Camera è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale). Insomma, un delirio. Mai fino ad ora si era vista una tale spasmodica attività per una finanziaria come questa varata (varata? Sul serio? Siamo sicuri?) dal governo giallo-verde che era partito facendo spallucce alla UE nel migliore dei casi, e ripetendo soprattutto per bocca del vicepremier Salvini che noi, in Italia, si è avvezzi a fare come ci pare e certo non proni alle linee programmatiche di un’Europa di banchieri, traffichini, sfruttatori e faccendieri, e si è finiti andando a braccetto con Juncker che, sarà anche un avvinazzato ma, tra una ciucca e un’altra, sembra proprio riesca a mettere fieno in cascina come fa comodo a lui.
Comunque, per farla breve, passa questa manovra al Senato con 167 voti favorevoli e 78 contrari mentre due senatrici di opposte fazioni arrivano quasi alle mani per la gioia dei presenti stanchissimi e annoiati nella umida notte romana. Ci sono anche 3 astenuti, tra cui per la cronaca Mario Monti. Così, si festeggia tra i banchi della maggioranza, e Riccardo Fraccaro, ministro per i Rapporti con il parlamento che finalmente capisce a cosa serva il suo dicastero, saltella di qua e di là e sbaciucchia ogni senatore dei 5stelle arrivando fin quasi alla commozione.
A raccontarla così, sembra che sia stata quasi una passeggiata, ma è un’illusione. In realtà, arrivare alla fiducia è stato complicatissimo non tanto per quel che dicono le opposizioni, quanto le incomprensioni tra varie anime della maggioranza che, più passa il tempo, e più mostrano l’oggettiva impossibilità di andare d’accordo, e di condividere solo una minima parte delle decisioni che tocca prendere.
Vediamo a questo punto come e se è cambiata la manovra… Il Corriere della Sera, in materia, fa una netta distinzione: chi ci guadagna e chi con questa finanziaria ci rimette. E poi specifica. Ci guadagna chi non trova occupazione, non ha altri redditi, chi lavora da tantissimi anni e sogna la pensione, chi ha debiti con il fisco, le piccole e medie partite IVA, i lavoratori dipendenti che fanno anche collaborazioni e consulenze, le imprese che investono gli utili, ma anche i balneari. Va male invece ai pensionati, non necessariamente con pensioni d’oro e nemmeno d’argento, alle grandi imprese, a chi ha vinto un concorso nella pubblica amministrazione e aspetta la chiamata, a chi fa innovazione, alle associazioni no-profit e al terzo settore.
Vediamo in particolare… Slittano, come detto, le assunzioni nella Pubblica amministrazione. Sono rinviate al 15 novembre 2019 le assunzioni a tempo indeterminato presso la Presidenza del Consiglio, ministeri, enti pubblici non economici, agenzie fiscali e università non potranno assumere personale a tempo indeterminato prima del 15 novembre 2019. Il blocco vale anche per le università dove è prevista un’eccezione per i ricercatori a contratto che invece potranno essere assunti come docenti nel corso del 2019.
Per chi ha difficoltà finanziarie, arriva una sorta di mini-condono. Si richiede un isee entro i 20mila euro, e si prevede l’estinzione dei debiti per omessi versamenti di tasse e contributi pagando il 16% con Isee non superiore a 8.500 euro, il 20% con Isee fino a 12.500 euro e il 35% con Isee fino a 20mila euro. Il debito può essere pagato senza sanzioni e interessi, in un’unica soluzione, entro il 30 novembre del 2019 oppure in 5 rate con importi diversi rispetto alla prima versione.
Del taglio alle pensioni d’oro abbiamo già parlato in un altro articolo e tutto è rimasto invariato, ma per la cronaca ripetiamo che ci sarà un “contributo” del 15% per i redditi tra 100.000 e 130.000 euro e andrà a salire fino ad arrivare al 40% per quelli superiori a 500.000 euro. Le fasce sono complessivamente 5 e, oltre alla minima e la massima, è previsto un prelievo: del 25% per i redditi tra 130.001 e 200.000 euro; del 30% per i redditi tra 200.001 e 350.000 euro; del 35% per i redditi tra 350.001 e 500.000 euro.
Viene anche bloccato l’adeguamento di pensioni che non sono per niente d’oro, e su questo si cerca di tenere le “luci basse” perché si tratta di un emendamento abbastanza indecente. Infatti, l’adeguamento al costo della vita resterà solo per le pensioni fino ai 1.521€. Inserito anche il taglio delle tasse ai pensionati che vivono all’estero: aliquota al 7 per cento se si trasferiscono in comune italiano del Sud con popolazione inferiore ai 20 mila abitanti. Ignorata invece l’intelligente proposta fatta da Fratelli d’Italia, che voleva davvero un trattamento “alla portoghese” per i pensionati stranieri che avessero deciso di venire a vivere in comuni del sud, magari di quelli quasi spopolati, a cui si sarebbe potuto concedere anche l’esenzione totale dalle tasse per 10 anni, a fronte della valuta pregiata che avrebbero portato e alla spinta economica che avrebbero potuto dare a zone depresse.
Previsto il raddoppio dell’Ires per gli enti del no profit nelle misure confermate dal governo nel maxiemendamento alla manovra, cosa che sta già creando non pochi mugugno. La cancellazione dell’agevolazione – cioè del dimezzamento dell’aliquota al 12% – riporta l’Ires al 24% per enti e istituti di assistenza sociale, società di mutuo soccorso, enti ospedalieri, enti di assistenza e beneficenza; istituti di istruzione e istituti di studio e sperimentazione senza fini di lucro, corpi scientifici, accademie, fondazioni e associazioni storiche, letterarie, scientifiche, di esperienze e ricerche aventi scopi esclusivamente culturali. Le agevolazione terminano anche gli istituti autonomi per le case popolari.
Nell’insieme, ribadiamo che questa manovra tutta basata su reddito di cittadinanza e quota 100, che a detta di Salvini dovrebbero scattare a gennaio e non più a marzo o aprile, non ci piace. Non vediamo nessuna spinta all’economia ma anzi, tutto impostato su aumenti improduttivi delle spese che in alcuni casi vengono pagati anche con enti che dovrebbero invece ricevere maggior ostentamento, come ad esempio corpi scientifici, associazioni storiche o letterarie, enti ospedalieri, magari dopo un’accurata scelta che sappia distinguere chi ha creato un stipendificio da chi invece fa davvero opera meritoria.