Meloni da leader in Libano: “Diplomazia nostra arma migliore”

L’obiettivo di Giorgia Meloni, in Libano nelle scorse ore malgrado un inasprimento non indifferente del conflitto, è quello di proporre una de-escalation in Medio Oriente. Una de-escalation che permetta a tutti di arrivare a una pacifica convivenza che resta possibile, malgrado adesso molto lontana. La soluzione dei due popoli in due Stati confinanti e legati da rapporti diplomatici è la priorità, il cessate a fuoco anche, come pure la garanzia dell’esistenza di Israele contro chi mette in dubbio la sua legittimità. Nel punto stampa in Libano, il Presidente del Consiglio italiano ha sottolineato tutti questi punti: forte del Consiglio europeo, che ha trattato proprio anche della condizione dei civili a Gaza e in Libano, l’impegno della premier è quello di sostenere “per un cessate il fuoco sostenibile a Gaza e qui in Libano” e “per il rilascio degli ostaggi israeliani dalle mani di Hamas, e stiamo tutti lavorando per trovare il migliore dei modi per assistere le popolazioni civili coinvolte in questa guerra”.

La presenza in Libano di Meloni, tuttavia, è stata anche un modo per portare la vicinanza e l’appoggio italiano ai militari impegnati nelle missioni Unifil nel confine tra Israele e Libano, messi sotto attacco dall’avanzata israeliana che richiede il ritiro delle truppe Onu: “Questi militari hanno contribuito per anni alla stabilità lungo il confine israelo-libanese, e ci sarà bisogno di loro in qualsiasi scenario post conflitto. È la ragione per la quale ribadisco che considero inaccettabile colpire UNIFIL, e torno a chiedere a tutte le parti di adoperarsi per garantire in ogni momento la sicurezza di ciascuno di questi militari”.

Una storia nuova

Giorgia Meloni è la prima leader a visitare il Paese dall’inizio dell’escalation militare, nonché l’unica a tornare per una seconda volta a Beirut dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre dello scorso anno. Con l’omologo Mikati, Meloni ha anche affrontato il tema degli “sfollati interni, e abbiamo anche discusso l’emergenza rifugiati che da tempo affligge il Libano. Si stimano più di un milione di sfollati in Libano, che si aggiungono al milione e mezzo di rifugiati siriani. Sugli sfollati come dicevo l’Italia si impegna a portare la questione a livello europeo e internazionale per dare la nostra mano. Per quanto riguarda la questione dei rifugiati l’Italia è già da tempo impegnata, e stiamo lavorando con i nostri partner europei, per costruire le condizioni che consentano il ritorno dei rifugiati in Siria”.

La morte di Sinwar, capo di Hamas ed emblema di quel 7 ottobre, cambia totalmente gli scenari: la sua uccisione, secondo la premier, può “offrire oggettivamente una finestra per provare a costruire una storia nuova”. Il raggiungimento dei vari obiettivi, come discusso anche dalla premier con il re Abudullah II di Giordania, ora presuppongono uno sforzo da parte da Israele di Netanyahu. Ma c’è bisogno anche di combattere il terrorismo islamico, Hezbollah che deve ritirarsi e Hamas che è sempre più debole. Tutto però non può prescindere dal dialogo e dalla cooperazione internazionale. L’Italia c’è, sostiene i civili palestinesi con, ad esempio, il progetto “Food for Gaza”. Stanziando circa 17 milioni per gli sfollati libanesi. Il dialogo si apre anche all’Europa, in seno al Consiglio europeo. Perché “non abbiamo altre armi se non la diplomazia: se non riusciamo a farci ascoltare ed ad ascoltare i nostri interlocutori, la diplomazia non si riesce ad esercitare”. Insomma, in un periodo storico in cui la diplomazia sembra fare fatica a farsi sentire a essere la strada più percorsa per la risoluzione dei conflitti, Giorgia Meloni si apre al dialogo, appoggio interessi e bisogni di tutti pur nel rispetto altrui. Pone le basi, in altre parole, per quei principi democratici e diplomatici che devono essere percorsi giocoforza per la risoluzioni delle controversie internazionali.

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