Migranti, arriva il vademecum per i giudici politicizzanti: l’elenco dei cavilli a favore dei clandestini

Si discute ancora sul caso dei migranti mandati in Albania nei nuovi Centri per il rimpatrio ma rispediti in Italia dal tribunale di Roma perché, tutto d’un tratto, i Paesi di origine dei migranti, nel caso specifico Bangladesh ed Egitto, non potevano più essere considerati sicuri, e dunque i migranti non potevano più essere rimpatriati. La decisione fu collegata a una sentenza della Corte di Giustizia europea che poco aveva a che fare con il caso italiano, ma dalla quale è nato il principio secondo il quale un Paese non può essere considerato sicuro se parti del suo territorio non sono tali. E infatti il Governo, nell’aggiornare la lista, ha recepito l’indicazione depennando alcuni Paesi, nel dettaglio Camerun, Colombia e Nigeria, che non rispettavano tale requisito. Il problema è che nella sentenza di Roma, che ha seguito una molto simile (ma non legata ai Cpr in Albania) emanata dal tribunale di Palermo pochi giorni prima, emerge che la magistratura può evitare la lista dei Paesi sicuri se il migrante, anche se il suo Paese di origine si trova nella lista, dichiara in qualche modo di essere perseguitato o di non vedere garantiti i propri diritti. E noi, qui in Italia, sulla fiducia dovremmo credergli. Emerge ciò, malgrado non sia stato necessario un esperto per comprendere che i decreti del tribunale di Roma sono stati emanati prescindendo dall’audizione dei singoli migranti, che in quel momento erano a migliaia di chilometri di distanza in mezzo al Mediterraneo.

Come disapplicare anche una norma primaria

A sostegno del tribunale di Roma, ora, arriva anche l’Asgi, l’Associazione per gli Studi giuridici sull’Immigrazione, con quello che sembra a tutti gli effetti un documento di supporto ai giudici politicizzati che vogliono trovare delle strade per favorire gli ingressi clandestini. In merito proprio alla questione del Paese sicuro, infatti, l’Asgi scrive che “un Paese di origine può essere considerato sicuro soltanto se il richiedente non abbia invocato gravi motivi per ritenere che quel Paese non è sicuro per la sua situazione particolare. Conseguentemente se al momento della manifestazione o della formalizzazione della domanda di asilo, il richiedente solleva […] ragioni che attengono a questo profilo non si può applicare la clausola del Paese di origine sicura e quindi la conseguente procedura di frontiera”. Grazie a ciò, secondo l’Asgi, “il giudice ha dunque l’obbligo di disapplicare la norma italiana (anche in caso di norma primaria)”. Un chiaro riferimento, insomma, alla risposta del Governo alla decisione del tribunale di Roma: se infatti la lista dei Paesi sicuri era un decreto interministeriale e quindi facilmente superabile dalla magistratura, l’esecutivo ha reso la lista, con la forma di decreto legge, un atto avente forza di legge, e dunque non più così facilmente evitabile. Ma niente paura, giudici politicizzati: secondo l’Asgi, potrete comunque andare contro alla decisione di un Governo democraticamente eletto se il singolo migrante dichiarerà anche senza fondato motivo di essere perseguitato in Patria.

Altre “eccezioni possibili”

L’Asgi, nel documento che si intitola “Eccezioni possibili da sollevare in procedura di frontiera”, dedica una parte soltanto alla questione Albania. Nei due Cpr di Shengijn e di Gjader si può arrivare soltanto “per casi eccezionali e cioè quando all’atto pratico sia impossibile applicarla a causa di arrivi in cui è coinvolto un gran numero di cittadini di paesi terzi che presentano domanda di protezione internazionale”. E come se non bastasse, se la prendono anche con i tempi delle procedure, che se superano i tempi di convalida “48+48” vanno considerati come trattenimento, dunque “privazione della libertà personale”. E infine, possibile “eccezione da sollevare” è anche la lesione del diritto al ricorso, come giusto che sia del resto: soltanto che l’Asgi sostiene che il migrante venga leso, in pratica, per via della “difficoltà logistica” legata alla lontananza dell’Italia dall’Albania. Questo perché, per il passaggio in Albania, “al difensore con il gratuito patrocinio non sono coperte le spese di viaggio per incontrare la persona”. Ignorando, però, che in Albania il diritto alla difesa dei migranti è garantito dalle commissioni territoriali italiane presenti sul posto. Ma ciò non sta bene all’Asgi, perché “il diritto di difesa è affidato a un soggetto privato, ossia il direttore del centro, che può quindi incidere in modo importante sul concreto esercizio del diritto”, dubitando dunque della sua imparzialità… In ogni caso, dunque, sembra esserci sempre qualcosa che giochi a favore del migrante clandestino, forse dimenticando che, nel varcare illegalmente i nostri confini senza un giustificato motivo, ha commesso un reato.

Resta aggiornato

Invalid email address
Promettiamo di non inviarvi spam. È possibile annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.