Islamisti chiedono decapitazione di Souad Sbai. FDI: subito la scorta.

Jihadista vuole la testa della Sbai. Fratelli d'Italia chiede alla Lamorgese perchè non ha assegnato la scorta.

Boutcha El Allam è un detenuto marocchino in carcere dal 2015 per traffico di stupefacenti, da allora fa il giro delle carceri del Piemonte e date le sue diponibilità economiche e un certo carisma a cui si sommano buone doti oratorie, in ogni istituto di pena diventa il leader della comunità carceraria islamica. Il sermone del venerdì è affidato a lui, che diventa sostanzialmente la guida spirituale dei detenuti di fede islamica.

Dal pulpito però le prediche assumono contorni inquietanti e la procura di Torino inizia ad indagare. Le intercettazioni confermano la pericolosità dell’attività di El Allam, che incita all’odio, alla distruzione del Vaticano, alla persecuzione nei confronti dei cristiani e degli ebrei e poi prende di mira il giudice estensore della sua sentenza di condanna, alla quale “promette” bombe sotto casa e Souad Sbai, incitando i fedeli alla sua decapitazione, proprio come avvenuto per il Prof. Paty in Francia.

Souad Sbai, giornalista e presidente del Centro Alti Studi Averroè (per la diffusione delle culture del Mediterraneo), da sempre e coraggiosamente denuncia il proselitismo islamista in Europa ed in Italia, segnalando con fermezza le derive islamiste e della Fratellanza musulmana nel mondo arabo. Obiettivo perfetto per la furia jihadista, impegnata a dare esempi concreti di affermazione della guerra contro gli “infedeli”.

Ebbene, alla Sbai non arriva notizia alcuna di queste minacce, nessuna informativa, nessuna convocazione, nulla di nulla, incredibilmente ne apprende il contenuto dalla stampa.

I giornali riportano con dovizie di particolari delle indagini compiute dalla procura di Torino, con l’ausilio dei ROS, che hanno condotto all’applicazione delle misure cautelari nei confronti del El Allam per istigazione a delinquere finalizzata al terrorismo. Un capo di imputazione estremamente grave, e il pericolo è ritenuto tanto attuale e concreto dalle autorità giudiziarie da costare all’indagato l’applicazione della misura cautelare.

Il quadro è allarmante, le minacce cirscostanizate. Peraltro è verosimile che nel frattempo alcuni dei detenuti indottrinati dall’Imam siano tornati in libertà, liberi di mettere in atto i propositi terroristici suggeriti.

E come si dovrebbe agire in questi casi?

Ebbene, esiste una norma che impone, sussistendone i presupposti, di fornire adeguata protezione a persone soggette a pericoli o minacce, potenziali  o  attuali, di  natura  terroristica. Presso il ministero dell’Interno a tal fine è costituito l’UCIS – Ufficio Centrale Interforze per la Sicurezza Personale – che esegue le direttive ed i provvedimenti del Ministro dell’Interno. Questo ufficio ha delle articolazioni territoriali, in seno alle prefetture, che sarebbero deputate a raccogliere le informazioni su persone che sono state oggetto di minacce di questo genere, per poi proporre all’UCIS l’adozione di idonee misure di protezione.

Ebbene, il sistema in Italia sembra funzionare in maniera estremamente celere in alcuni casi e non funzionare in altri. Sì, perché mentre assistiamo a casi di giornalisti per cui,  a seguito di minacce generiche da parte di non meglio precisati gruppi terroristici di destra, prudenzialmente il meccanismo si è attivato, ed è stata dunque fornita l’adeguata scorta, nel caso della Sbai il procedimento non solo non è stato attivato, ma nessuno si è preoccupato di rendere informata la vittima delle minacce.

E dunque su questa pericolosa anomalia Fratelli D’Italia ha chiesto conto alla Lamorgese, depositando oggi un’interrogazione a prima firma del Senatore Fazzolari in cui si domandano i motivi per cui nonostante la gravità, l’attualità, la concretezza ed il pericolo derivante dalle minacce, al momento non sia stato assunto alcun provvedimento per la protezione né della Sbai, né, pare di comprendere, del giudice estensore della sentenza di condanna di El Allam.

Perché l’omissione nelle comunicazioni? Perché questo lassismo quando la minaccia jihadista è un pericolo assolutamente non trascurabile? A questo proposito basti pensare che il report TESAT (situazione del terrorismo nell’UE), riporta che in Europa gli attacchi Jihadisti nel 2019 sono stati ben 21, mentre gli attacchi terroristici di matrice estremistica di destra sono stati appena 6. Dato che conferma, se ve ne fosse bisogno, l’emergenza del pericolo islamista. La Lamorgese spiegherà a Fratelli d’Italia perché mentre la procura di Torino applica le misure cautelari nei confronti dell’Imam, l’amministrazione dello stato non reputa la Sbai un soggetto degno di protezione? Esistono forse minacce di serie A e minacce di serie B? Ma con l’interrogazione Fratelli d’Italia vuole che stavolta, unitamente alle risposte, giungano i provvedimenti, prima che sia troppo tardi.

“Attivare immediatamente misure di protezione e sicurezza nei confronti di Souad Sbai e del giudice che ha emesso la condanna nei confronti di Bouchta El Allam, detenuto marocchino e imam nel carcere di “San Michele” ad Alessandria. È quanto chiede Fratelli d’Italia al Ministro Lamorgese, con un’interrogazione a mia prima firma depositata in Senato” ha infatti ammonito il senatore di Fratelli d’Italia Giovanbattista Fazzolari, responsabile del programma di FdI.

“Bouchta El Allam, intercettato in carcere, nei suoi sermoni ha invitato i suoi seguaci alla Jihad, al compimento di atti terroristici contro il Vaticano, Israele, le autorità italiane. Oltre ad esortare alla decapitazione di Souad Sbai, presidente del Centro studi Averroè e da sempre in prima linea nella denuncia e nella lotta contro l’estremismo islamista. Il pericolo è stato ritenuto talmente concreto e attuale che le autorità hanno disposto un’ulteriore misura cautelare nei confronti di El Allam. Ci aspettiamo, direi pretendiamo, che il ministro Lamorgese proceda immediatamente con l’attivazione di quei meccanismi di protezione che in altre occasioni sono stati concessi a seguito di minacce generiche e meno circostanziate di quelle rivolte verso Souad Sbai. Da tempo – prosegue il senatore- come FdI chiediamo di porre la massima attenzione al proselitismo islamista all’interno delle carceri. Questa è l’ennesima riprova – conclude Fazzolari – di quando il pericolo sia attuale e di quanto sia urgente che la politica se ne faccia carico, per estirparlo alla radice e per evitare rischi alla sicurezza dell’Italia”.

Ecco l’interrogazione urgente di Fratelli d’Italia al Ministro dell’Interno.

Atto n. 4-05482
Pubblicato il 18 maggio 2021, nella seduta n. 327
FAZZOLARI, BALBONI, CALANDRINI, DE CARLO, GARNERO SANTANCHÈ, IANNONE, LA PIETRA, PETRENGA, RAUTI, TOTARO, URSO, NASTRI – Al Ministro dell’interno. –

Premesso che:
da fonti di stampa si apprende che Bouchta El Allam, detenuto marocchino e imam nel carcere di “San Michele” ad Alessandria, attraverso i suoi sermoni durante la preghiera all’interno dell’istituto penitenziario di ogni venerdì, avrebbe posto in essere una fitta attività di proselitismo islamista e di reclutamento;
proprio nell’ambito di un’indagine della procura di Torino sulla radicalizzazione islamica nel carcere di Alessandria, Bouchta sarebbe stato intercettato dai ROS mentre esortava i fedeli alla lotta contro cristiani ed ebrei, al martirio ed alla violenza contro le autorità italiane, oltre che al compimento di un atto terroristico nei confronti del giudice che avrebbe pronunciato la sentenza di condanna per la quale egli stava scontando la sua pena;
lo stesso dopo aver auspicato la distruzione del Vaticano, invocato la jihad, augurato per Israele “la venuta di un nuovo Hitler”, proferiva anche parole di odio contro la dottoressa Souad Sbai, giornalista e presidente del centro alti studi Averroè (per la diffusione delle culture del Mediterraneo), esortando i seguaci alla sua decapitazione, proprio come avvenuto in Francia con il professor Samuel Paty ad opera di un estremista islamista;
a seguito dell’intercettazione il Tribunale di Torino avrebbe emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per istigazione a delinquere finalizzata al terrorismo, propaganda e istigazione discriminazione razziale, etnica e religiosa; un quadro da cui emerge non solo la gravità dell’impianto accusatorio, ma altresì la concretezza e l’attualità del pericolo derivante dalla condotta di El Allam, tali da esigere l’applicazione della misura cautelare;
simili processi di radicalizzazione islamista e filo jihadista nel contesto carcerario costituiscono un’emergenza, peraltro all’attenzione delle procure;
considerato che:
nel corso degli anni in cui si è svolta l’attività di proselitismo da parte di Bouchta si può presumere che sia, nel frattempo, verosimilmente intervenuto un parziale ricambio della popolazione carceraria, con il conseguente rientro in libertà di soggetti che hanno avuto contatti con lui, esposti alle sue suggestioni;
da ciò deriva la concreta possibilità che i proseliti fatti in carcere possano porre in essere le azioni terroristiche indicate da El Allam e, tra queste, la minaccia al giudice che ha emesso la sua condanna e quella di uccidere e decapitare Souad Sbai, che da sempre e coraggiosamente combatte il proselitismo islamista in Europa e in Italia, denunciando con fermezza le derive islamiste nel mondo arabo e soprattutto in occidente, anche ponendo in essere una poderosa attività di sensibilizzazione a favore della difesa dei diritti delle donne islamiche;
spesso, purtroppo, la Sbai, nel compiere questa meritoria attività è stata lasciata sola dalla politica, dalle istituzioni e dall’associazionismo, salvo rare eccezioni;
appare grave che ella non abbia ricevuto nessuna comunicazione delle suddette minacce avendole apprese anche lei dalla stampa, in un contesto in cui ottengono protezione e scorta, da parte dello Stato, persone come noti giornalisti, a seguito di minacce generiche e poco circostanziate emesse da non meglio specificati gruppi e organizzazioni politiche estremiste di cui non si ha evidenza in Italia, e che dunque mancano dei requisiti della gravità, concretezza e attualità;
le minacce di morte a Souad Sbai, da sempre in prima fila nella lotta al proselitismo jihadista, da parte dell’imam Boutcha El Allam, non possono rimanere inascoltate, in un contesto in cui la diffusione del fanatismo islamista all’interno delle carceri italiane è quanto mai allarmante e può facilmente tramutarsi in azioni terroristiche,
si chiede di sapere
quali siano le ragioni per cui, in un contesto nel quale alcune persone ottengono protezione e scorta, da parte dello Stato, anche a seguito di minacce generiche e poco circostanziate emesse da non meglio specificati gruppi e organizzazioni politiche estremiste di cui non si ha evidenza in Italia, non sia stata immediatamente prevista un’adeguata misura a tutela della dottoressa Souad Sbaj e del giudice estensore delle sentenza di condanna di Boutcha El Allam, destinatari di gravissime minacce aventi i requisiti della gravità, concretezza e attualità da parte di pericolosi esponenti del fondamentalismo islamista.

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