No, caro Pippo Baudo, la RAI di una volta non era pluralista

I recenti dimissionari dalla Rai, (se ne sono andati loro e nessuno li ha licenziati), Fabio Fazio, Luciana Littizzetto, Lucia Annunziata e qualche altro ancora, hanno ora un nuovo paladino e si tratta nientemeno che dell’illustre Pippo Baudo.
Il presentatore storico della televisione pubblica, per decenni il conduttore numero uno della Rai, reduce di un’infinità di festival di sanremo e altri show come fantastico e Domenica In, si è schierato anch’egli per la “martirizzazione” di Fazio e Littizzetto.
Nonostante sia evidente a tutti come la coppia televisiva di Che tempo che fa abbia scelto autonomamente di andarsene, anche per il Pippo nazionale si tratterebbe invece di dimissioni indotte da un clima divenuto ostile a Viale Mazzini.
Dice Baudo: se Fazio ha deciso di abbandonare la TV di Stato dopo quarant’anni, ci sarà una ragione. Come a dire: Fazio e Littizzetto di fatto sono stati estromessi con la forza. Il decano della Rai è libero ovviamente di credere o fare finta di credere a ciò che ritiene più opportuno, ed è altrettanto libero di difendere chi vuole, anche se tutti questi fautori del pluralismo televisivo della ultima ora, Pippo Baudo ed altri, non si sono proprio, per così dire, stracciati le vesti per Massimo Giletti, lui sì cacciato davvero da La7. Si dirà che l’emittente di Urbano Cairo è un’azienda privata, che è meno obbligata della televisione pubblica a dare spiegazioni delle proprie decisioni.
Questo è vero, ma coloro i quali hanno cosparso di santità e martirio Fabio Fazio e la sua Lucianina, avrebbero potuto spendere qualche parola anche per la chiusura improvvisa di Non è l’Arena, che costituisce una voce in meno del panorama televisivo. Baudo, nell’ergersi a difensore di Fazio e compagni, afferma pure delle mezze bugie. Secondo l’ultraottuagenario conduttore la Rai di oggi sarebbe parecchio influenzata dal potere politico del momento, cioè, per intenderci, il Governo di Giorgia Meloni, mentre la TV pubblica dei suoi tempi sarebbe stata più intelligente e più pluralista, benché lottizzata e divisa a fette come una torta dai partiti dell’allora Prima Repubblica.
Chi ha qualche anno sulle spalle, si ricorda bene della Rai del periodo ruggente di Pippo Baudo. Le tre reti erano suddivise in base ad altrettante tre aree politiche, le principali degli anni Settanta-Ottanta. Rai Uno era indiscutibilmente un feudo della Democrazia Cristiana; Rai Due divenne un territorio del Partito Socialista Italiano subito dopo l’ascesa della leadership di Bettino Craxi; Rai Tre rappresentava la casa televisiva dei comunisti, rimasta tale anche con l’avvento del Pds-Ds-Pd e diventata la famosa TeleKabul di Sandro Curzi.
Ma chi era distinto e distante da questa sorta di centrosinistra dell’etere, non otteneva attenzione e grandi spazi da parte della Rai e alcuni temi, sgraditi ai potenti di quel tempo, venivano messi in sordina all’insegna di un conformismo piuttosto asfissiante.
Pur posizionandosi quasi sempre come quarto partito italiano in termini di voti, il Movimento Sociale Italiano di Giorgio Almirante, oltre ad essere escluso da quello che una volta veniva chiamato arco costituzionale antifascista, veniva tenuto ai margini anche dalla informazione della televisione di Stato. Le proposte e le posizioni del Msi non erano granché considerate, e la destra nazionale veniva citata perlopiù in occasione dei propri congressi, soprattutto se particolarmente rissosi come quello di Rimini del 1990.
Anche i radicali di Marco Pannella, quelli storici e combattivi, non i convenzionalisti odierni di +Europa, non ottenevano molto dalla Rai e non andavano oltre alle tribune politiche dove tutti i partiti, anche quelli minuscoli o regionali, dovevano obbligatoriamente essere ospitati. Tanto i missini quanto i radicali riuscivano comunque ad entrare in contatto con la Nazione, ma ciò era dovuto soltanto alle doti carismatiche dei loro rispettivi leader, Almirante e Pannella, i quali, chiaramente assai diversi l’uno dall’altro, avevano la capacità di farsi ascoltare pur dovendo avere a che fare con una informazione abbastanza ostile. Baudo afferma che la Rai è di tutti e deve essere plurale perché tutti i cittadini, di ogni tendenza politica, pagano il canone.
Giustissimo, ma ricordiamo come anche gli elettori del Msi e del Partito Radicale versassero l’obolo eppure i loro partiti di riferimento subivano frequenti boicottaggi da parte della televisione pubblica lottizzata di cui l’anziano conduttore ha tanta nostalgia. Beppe Grillo, per una battuta sui socialisti durante Fantastico 7 del 1986, condotto proprio da Pippo Baudo, fu cacciato a calci da Viale Mazzini. È senz’altro vero che dopo e forse, anche grazie a quel brusco licenziamento voluto da Craxi, allora Presidente del Consiglio, il comico genovese abbia continuato a fatturare miliardi, sino alla fondazione del Movimento 5 Stelle, ma non si dica che la Rai della Prima Repubblica fosse intelligentemente pluralista.
Su YouTube è visibile una vecchia intervista fatta da Baudo al compianto Ugo Tognazzi, in una puntata di Domenica In del 1979. Tognazzi cercava provocatoriamente di inserire, in una intervista che nelle intenzioni del presentatore di Domenica In avrebbe dovuto riguardare soltanto il cinema, delle tematiche care ai radicali di quella epoca come la liberalizzazione della marijuana e la vicenda di Toni Negri.
L’imbarazzo del politicamente corretto Pippo Baudo fu subito evidente e rivelò con chiarezza come fosse molto arduo in Rai toccare certe questioni. Ci si poteva o meno trovare d’accordo con le battaglie di Pannella degli anni Ottanta, (la destra, per esempio, avversava e avversa sia la legalizzazione delle droghe che la legittimazione di cattivi maestri come Toni Negri), ma esse meritavano di essere affrontate dal servizio pubblico e non nascoste il più possibile sotto il tappeto come invece faceva la Rai di Baudo.
L’equilibrio partitico della Prima Repubblica aveva dei pregi, che abbiamo scoperto dopo, come una maggiore preparazione della classe politica e una effettiva democrazia interna in seno ai partiti, ma era caratterizzato anche da enormi limiti.

Resta aggiornato

Invalid email address
Promettiamo di non inviarvi spam. È possibile annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.
Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

1 commento

  1. Caro Roberto
    al solito tocca a te dire che il re è nudo, mentre tutti fanni finta di vedere i vestiti!
    A dire il vero ormai non sono più così tanti che credono alla favoletta della RAI pluralista al tempo di Pippo Baudo.
    Pippo Baudo è stato un personaggio ignobile che ha contribuito allo svilimento del servizio pubblico ed allo scadimento del livello qualitativo delle trasmissioni, con il suo ottuso conformismo e la prepotenza verso chiunque fosse – davvero – fuori dal coro.
    E’ sempre stato un politico militante della maggiore forza politica del regime, ed ha il coraggio – stile Lavrov mi verrebbe da dire – di affermare che i prepotenti sono gli altri.
    Personalmente saluto con un brindisi l’allontanemento dell'”agit prop” Fazio & Company, velina di partito senza vergogna. Se non se andava era più che giusto che qualcuno lo mandasse via. Lo ha detto perfino Mentana.
    Con affetto

    A.

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.