“Non è mai leggera”. Un convegno del Centro Studi Rosario Livatino rilancia il dibattito sulla droga legale e sulle ragioni del no.

Ci voleva questa bella ventata di “proibizionismo”. Una parolaccia sublime, caduta un po’ in disgrazia nel mondo tollerante del falso progresso, ma ancora viva nella storia dell’uomo e della sua libertà. Non siamo in Nordamerica, nei ruggenti anni venti del XX secolo, con i suoi integralismi anglo-protestanti. Eravamo a Roma, ieri, nella Sala Capitolare presso il chiostro del convento di Santa Maria sopra Minerva. E oltre alla dea della sapienza, qualche concessione la si è fatta anche a “Bacco, tabacco e Venere” e ai loro vizi. Ma non alla cannabis, non alla cocaina, né all’eroina, né ai terribili stupefacenti di nuova generazione.

Di droghe si può e si deve continuare a parlare, nonostante le culture radicali e antiproibizioniste abbiano ormai spento il dibattito sulla questione, consegnando la materia al catechismo imperante della legalizzazione senza se e senza ma. Caffeina, teina, cacao, peperoncino e una discreta quantità di piante dalle proprietà naturali più disparate hanno fatto epoca, hanno generato cultura, hanno accompagnato l’uomo europeo nella sua cultura agroalimentare ed estetica. Così come la serotonina, le amfetamine, gli acidi e altre sostanze capaci di modificare i comportamenti psico-fisici sono parte integrante della farmacologia e della medicina scientifica.

No. La cannabis non riguarda tutto questo. Ed “è ora di piantarla” veramente, con il sonno della ragione e la resa incondizionata alla religione del conformismo. Se ne è parlato ieri, dicevamo, in occasione del convegno organizzato dal Centro Studi Rosario Livatino, “Droga, le ragioni del NO. Scienza, contrasto, prevenzione e recupero”. L’evento ha avuto un importante seguito in presenza, ma è stato seguito anche in diretta sui canali tv e YouTube del Senato. Ancora una volta lodevole lo sforzo profuso dagli amici giuristi, riuniti nella memoria del giudice siciliano martirizzato da mano mafiosa nel settembre del 1990 e oggi Beato della Chiesa cattolica.

Ospiti dell’evento: Angelo Vescovi, docente dell’Università di Milano-Bicocca e direttore scientifico dell’IRCSS Casa Sollievo della Sofferenza e dell’Istituto CSS-Mendel; Giovanni Russo, procuratore nazionale vicario antimafia e antiterrorismo; Letizia Moratti, vicepresidente e assessore al Welfare della Regione Lombardia; Antonio Maria Costa, già vicesegretario ONU e direttore esecutivo dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e il Crimine (UNODC); e poi i padroni di casa, con il presidente del Centro Studi Livatino Mauro Ronco, docente emerito di Diritto Penale, e il vicepresidente Alfredo Mantovano. Con un messaggio di saluto, hanno partecipato al dibattito anche la presidente del Senato Alberti Casellati e il Segretario di Stato della Santa Sede il cardinal Parolin. Tanti gli argomenti offerti a sostegno di un “no ragionato” e niente affatto ideologico alle droghe.  Ognuno meriterebbe una riflessione propria e magari un convegno a parte.

“Bisogna smettere con una leggenda metropolitana secondo la quale se si liberalizza l’uso della cannabis, se ne diminuisce l’uso. È vero l’esatto opposto, i dati lo dicono.” Già, i dati. Un feticismo molto diffuso in tempi di Covid. Ma quelli sul consumo di droghe interessano ancora a qualcuno? E ancora: “si assiste alla tendenza per cui il consumatore diventa egli stesso spacciatore per procurarsi la sostanza e questo fenomeno viene incentivato dalle organizzazioni criminali perché si tratta di soggetti facilmente sacrificabili il cui arresto non mette a repentaglio l’organizzazione nel suo complesso.” Già, la criminalità. Siamo proprio sicuri che legalizzare significhi eliminarla? Non tutti la pensano così: “non ho mai visto un gruppo criminale che abbia chiuso i battenti per essere venuto meno l’oggetto della sua attività; cercano il business, quindi diversificano le loro attività.” E poi droga, criminalità e mafia sono fenomeni inestricabili.

”Tutte le grandi banche internazionali sono state e rimangono coinvolte nel riciclaggio del denaro mafioso per centinaia di miliardi. […] Occorre contrastare non solo i banchieri, ma anche la lobby pro-droga che loro finanziano. […] Esistono gruppi di pressione capaci di mobilitare enormi somme per influenzare cittadinanza e parlamenti.” Già, “e il business della cannabis legale, iniziato da piccoli produttori, è ora quotato in borsa, con la partecipazione anche di grandi colossi farmaceutici, alimentari e del tabacco.” Ma l’argomento antiproibizionista per eccellenza è un altro ed è costantemente smentito dai fatti: “la distinzione tra droghe pesanti e leggere non esiste, […] la questione è superata perché spesso il consumatore ne assume più di una e di diverso tipo.”

Insomma, la droga “non è mai leggera” e, senza indulgere a salutismi e moralismi, rimane un fenomeno socialmente criminale e culturalmente negativo che merita di essere contrastato, in ambito politico e legislativo, sociale ed educativo. Chi si spende ancora per queste ragioni trae conforto dalle parole di Alfredo Mantovano: “le battaglie che è giusto fare, si possono anche perdere, ma c’è un modo sicuro di perderle, che è quello di non combatterle.”

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