L’ appello del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni all’unità dell’Occidente ha risuonato forte e chiaro. Un monito necessario in un momento in cui le tensioni internazionali, le divergenze tra alleati e le manovre sotterranee delle potenze ostili minacciano la compattezza del fronte euro-atlantico.
La strategia del divide et impera, da secoli utilizzata per spezzare alleanze e indebolire i nemici dall’interno, è oggi il principale strumento della Federazione Russa nella sua guerra ibrida contro l’Occidente. Non potendo competere economicamente e militarmente sul piano convenzionale con l’intero blocco NATO, Mosca ha scelto di puntare sulla propaganda, sulla disinformazione e sulle divisioni interne ai governi e alle opinioni pubbliche per erodere la compattezza dell’Alleanza.
Ogni frattura politica in Europa e negli Stati Uniti, ogni controversia gonfiata ad arte, ogni scontro interno tra leader occidentali viene amplificato e sfruttato dal Cremlino. Il messaggio è sempre lo stesso: l’Occidente è debole, diviso e in declino. Se questo messaggio passa, non è solo una vittoria simbolica per Mosca, ma una concreta minaccia alla sicurezza collettiva.
La guerra in Ucraina, il futuro delle relazioni transatlantiche, le politiche energetiche e le crisi economiche sono tutti dossier in cui l’unità è l’unica chiave di successo. Tuttavia, il dibattito interno negli Stati Uniti sulla politica estera, le divisioni nell’Unione Europea sul sostegno a Kyiv, le polemiche sulla NATO e sul riarmo occidentale non sono altro che terreno fertile per chi vuole destabilizzare l’ordine occidentale.
L’errore più grande sarebbe permettere che queste divergenze, legittime in un contesto democratico, si trasformino in una paralisi strategica. Il rischio non è solo perdere credibilità davanti a Mosca e Pechino, ma compromettere la sicurezza stessa dell’Europa.
Un fronte comune per la libertà
Non si tratta di appiattirsi su una posizione unica e acritica. Il dibattito è il sale della democrazia, ma c’è un confine tra confronto e frammentazione. Difendere la libertà significa anche riconoscere il valore dell’unità in tempi di crisi. Ciò che serve oggi è una leadership responsabile, capace di superare le divisioni per concentrarsi su ciò che conta davvero: la sicurezza e la stabilità del mondo libero.
Quello che è accaduto ieri non è solo un episodio di tensione tra due leader. È la fotografia di un Occidente che, tra personalismi e interessi nazionali, rischia di perdere di vista il quadro d’insieme. Zelensky dovrà imparare in fretta che con Trump non si vince con l’ironia o le provocazioni, ma con una strategia altrettanto astuta. E Trump, dal canto suo, dovrà ricordare che la sua forza negoziale è un’arma a doppio taglio: utile per piegare un interlocutore, pericolosa se finisce per scavare solchi tra alleati.
In mezzo, c’è un mondo – quello occidentale – che non può restare a guardare.
Rispondere all’appello di Giorgia Meloni significa riconoscere che l’Occidente, pur con le sue differenze, ha un destino comune. E che indebolirlo dall’interno è esattamente ciò che i suoi avversari desiderano. Non facciamogli questo regalo.
Scusi signor Alessandro. Lei è “Alessandro Amorese, Capogruppo di Fratelli d’Italia nella Commissione Cultura, Istruzione, Università. Direttore di Eclettica Edizioni, segretario dell’Istituto e Thin tank Stato e Partecipazione, responsabile nazionale del Dpartimento Editoria di Fratelli d’Italia.”? Spero di no (altrimenti cambio partito!). Comunque, dall’omesso congiuntivo nella prima frase, non si direbbe! Sicuramente sugli antichi Romani e sul Latino è molto efferato, probabilmente avrà un bel fascio littorio in soggiorno! Faccio notare che, la figura di “orgoglione”, l’ha fatta oggi Zelensky, non Trump!
Come era quella questione dell’ultima volta del rispetto reciproco e del confronto civile?
Caro Ulderico, sarebbe ora anche di aprire gli occhi.
Per il fatto che un personaggio contrasta l’ideologia woke non vuol dire affatto che è capace di fare politica e sviluppare l’economia.
In tempi non sospetti avevo qualificatio come “banditesco” il Sig. Donald Trump, ora a tale epiteto potrei aggiungerne altri più pesanti, che non riporto per non apparire insultante.
Il problema come sempre è politico.
Il Sig. Trump è convinto di far tornare grande l’America operando con spregiudicatezza su scelte contingenti che sembrano portare immediati vantaggi agli USA: i dazi per frenare l’import e favorire la produzione interna, il taglio delle spese militari per evitare il rischio di maggiori imposte, accordi commerciali con Stati non concorrenti per espandere in tali Stati la presenza industriale e commerciale americana, e così via.
Questo con la miopia tipica degli ignoranti presuntuosi, che guarda all’effetto immediato, un po’ come nel trading in borsa, senza porsi domande sulle conseguenze del giorno dopo.
Lo storico Cipolla lo aveva ammonito da tempo: il maggior pericolo per l’umanità non è il cattivo, ma il cretino.
Che ora di fatto promuove una alleanza tra USA e Russia contro l’Europa, per un piatto di lenticchie, come se non sapesse – ma purtroppo davvero temo non lo sappia – che il partner che ha scelto non vede l’ora di tradirlo.
Quindi è vero, al di là di tutto, che l’Europa deve operare di concerto con gli USA, perchè abbiamo una comune civiltà, economia e politica da difendere, ma è anche vero che gli accordi si fanno in due, e in questo momento dall’altra parte di volontà di accordo non si vede l’ombra.
Quello che si vede è la prospettiva di un accordo tipo Hitler Stalin per la spartizione dell’Europa, e sappiamo bene come sia finito. Ricordiamoci che l’Europa resta per entrambi e per il mondo il maggior mercato esistente, maggiore degli USA, della Cina, dell’India e di tutti gli altri.
Si vis pacem para bellum, dicevano gli antichi Romani, che di pace e di guerra ne sapevano molto.
Parafrasando i Romani, penso che se vogliamo arrivare a un accordo con gli USA, che è nel nostro destino, dobbiamo passare ad un forte contrasto.
Purtroppo, per ricordare ancora il Cipolla, di cretini ne abbiamo tanti anche da noi, all’opposizione ed al Governo.
L’unica via è di dimostrare in tempi brevissimi che l’Europa – non l’UE, entità burocratica e senza anima – ma Italia, Francia, Gran Bretagna (è Europa più della Romania…) e Germania – può contrastare l’aggressione russa e rovesciare le sorti della guerra.
Vi ricordate che la GB dal 1700 non ha mai perso una guerra?
Allora anche altri Paesi europei si assoceranno. La genta corre sempre in soccorso al vincitore. Bisogna vincere.
L’Europa ha le risorse ed i mezzi per vincere.
Allora anche un pusillanime, pieno di boria, come Trump, potra riconsiderare che il vantaggio dell’America non è nella svendita dei suoi amici ai suoi nemici, ma nell’alleanza.
con affetto
Alessandro
Gentile Alessandro, ma questo vale sempre. Per il fatto che un personaggio contrasti l’ideologia globalista, non vuol dire che si diventi tutti cosacchi… Tuttavia il problema che ho provato a sollevare resta il medesimo: siamo sicuri che dividerci in tal maniera sia strategico?