Il biologo ed attivista per i diritti umani, Oleg Orlov, è stato condannato a 30 mesi di carcere dalla corte d’appello russa, la quale avrebbe confermato la sentenza di un altro tribunale. La magistratura russa si è ormai trasformata in un kraken dai mille tentacoli, anche in considerazione della repressione condotta contro tutte le figure di spicco che hanno ancora il coraggio di opporsi a Vladimir Putin ed al suo regno del terrore.
Sulla piazza rossa ormai manca soltanto l’ingresso delle ghigliottine: chissà se gli oligarchi moscoviti abbiano in mente di voler introdurre un mixology sanguinario a metà tra il direttorio francese e le purghe sovietiche nello stile di Berija ed Ezov. Oleg Orlov è “soltanto” l’ennesimo pezzo di un puzzle aberrante, ogni suo singolo singolo tassello rappresenta una vita umana che subisce l’ingiusta incarcerazione per aver parlato contro il governo: altro che democrazia, a Putin non piacciono le espressioni contrastanti, su questo c’è ben poco da dire e lo dimostrano i fatti.
Sarebbe assurdo pensare che dietro la mano dell’ingiustizia, non sia intervento il Palazzo moscovita del potere, perché per imprigionare un uomo come Oleg Orlov, noto al mondo come protettore dei diritti umani di base, non si può che essere “potenti” in un determinato territorio.
Da poco anche il mandato di cattura nei confronti di Yulia Navalnaya, insomma questi hanno deciso di andare fino in fondo. Una domanda però sorge naturalmente spontanea: dopo aver incarcerato tutti i Premi Nobel per la pace, gli intellettuali e gli attivisti di vario genere, come faranno con il resto della popolazione? Perché la pazienza di quest’ultima ha un limite ben preciso e sarà veramente molto difficile che Putin riesca ad arrestarli tutti fino a riempire tutte le carceri: gli spazi non sono infiniti e neppure gli Imperi.
Per gestire approfonditamente le proprie azioni bisogna esserne consci dei propri limiti, ma il Governo russo si comporta come se avesse un mandato divino a cui appellarsi per compiere nefandezze di questo genere. Non serve un esperto in materie giuridiche per sapere che tutti questi processi sono in realtà una farsa per mettere a tacere o impaurire sostanzialmente tutte quelle istanze che nel tempo ardirebbero ad un’accentuata contrapposizione. Altro che giustizialismo, qua siamo ai livelli di “Sorvegliare e punire” (vedi Michel Foucalt) indiscriminatamente e senza esitazioni di alcun genere.
Se non altro, persone come Orlov e molti altri che sarebbe difficile elencare – visto che sono una marea – sapranno in cuor loro di aver vissuto la propria vita da uomini liberi e da veri oppositori: certo sarebbe impensabile immaginare che queste persone non abbiano paura per quanto sta accadendo a loro e a tutti coloro che i civili ucraini che soffrono per l’invasione in corso. Tuttavia è necessario precisare che senza alcuna esposizione, specialmente in tempi duri come questi, non si può ottenere neanche un briciolo di verità.
A tutti gli uomini e le donne libere che attualmente si trovano nelle carceri russe, non si può che augurare una scarcerazione immediata, va il pensiero di una scarcerazione immediata, perché il valore della parola ma soprattutto del confronto politico, non deve spegnersi in nessun modo sotto la nube oscura dell’inibizione.
Di certo non si esaurirà mai l’inchiostro di chi, a priori, continuerà a raccontare la storia dei perseguitati politici in Russia, per mostrare al mondo come funzionano davvero certe realtà all’insegna del soffocamento mediatico e della manipolazione propagandistica.
Ad Oleg Orlov, che all’età di 71 anni ha sfidato i giudicanti, dimostrando che la lotta contro i dogmi post-comunisti non è ancora terminata del tutto, per un futuro libero dalla falce rossa.