Ieri mattina Papa Francesco ha ricevuto in udienza i membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede per la presentazione degli auguri per il nuovo anno. Nel lungo discorso rivolto ad ambasciatori e diplomatici, il pontefice ha ripercorso i momenti salienti e analizzato le sfide che hanno caratterizzato l’anno oramai alle spalle, tracciando bilanci e lanciando spunti di riflessione per il neonato 2024. Da uno sviluppo tecnologico sotto l’insegna dell’etica e della responsabilità, alla sfida educativa e il contrasto delle fake news. Dalla tutela del patrimonio ambientale, con un plauso al documento finale di COP28, al ricorso della cooperazione internazionale per cessare le morti in mare e gestire i flussi migratori verso l’Europa.
Un discorso a tutto tondo con al centro, sempre, la vita e la sua difesa. Un principio che Papa Francesco afferma in particolare in due passaggi, ben diversi, del suo intervento. Il primo in merito alla guerra nel Vicino Oriente: “Tutti siamo rimasti scioccati dall’attacco terroristico del 7 ottobre scorso contro la popolazione in Israele, dove sono stati feriti, torturati e uccisi in maniera atroce tanti innocenti e molti sono stati presi in ostaggio. Ripeto la mia condanna per tale azione e per ogni forma di terrorismo ed estremismo: in questo modo non si risolvono le questioni tra i popoli, anzi esse diventano più difficili, causando sofferenza per tutti. Infatti, ciò ha provocato una forte risposta militare israeliana a Gaza che ha portato alla morte di decine di migliaia di palestinesi, in maggioranza civili, tra cui tanti bambini, ragazzi e giovani, e ha causato una situazione umanitaria gravissima con sofferenze inimmaginabili”, auspicando maggiore determinazione da parte della Comunità Internazionale per ricercare la soluzione di due stati per i due popoli.
Francesco si interroga ed interroga sulla capacità distruttiva delle guerre moderne, le quali non si svolgerebbero più su campi di battaglia delimitati, né riguarderebbero esclusivamente i soldati, bensì sarebbero caratterizzate dal mancato discernimento tra obiettivi militari e civili. Condizione scellerata, questa, riscontrabile anche nel conflitto in corso nel cuore dell’Europa: “Dopo quasi due anni di guerra su larga scala della Federazione Russa contro l’Ucraina, la tanto desiderata pace non è ancora riuscita a trovare posto nelle menti e nei cuori, nonostante le numerosissime vittime e l’enorme distruzione”. Per il Papa, l’Ucraina e Gaza sono i teatri in cui vanno in scena attacchi indiscriminati verso la popolazione civile, da considerare come veri e propri crimini di guerra poiché violazioni del diritto internazionale umanitario.
Il secondo passaggio, altrettanto denso di significato, entra nel dibattito politico, in particolare in quello italiano. Un passaggio cruciale che, tuttavia, rischia di cadere nell’indifferenza del mainstream, trattandosi di una presa di posizione che scalfisce anni di retorica progressista attorno al magistero di Papa Francesco: “La via della pace esige il rispetto della vita, di ogni vita umana, a partire da quella del nascituro nel grembo della madre, che non può essere soppressa, né diventare oggetto di mercimonio. Al riguardo, ritengo deprecabile la pratica della cosiddetta maternità surrogata, che lede gravemente la dignità della donna e del figlio. Essa è fondata sullo sfruttamento di una situazione di necessità materiale della madre. Un bambino è sempre un dono e mai l’oggetto di un contratto. Auspico, pertanto, un impegno della Comunità internazionale per proibire a livello universale tale pratica. In ogni momento della sua esistenza, la vita umana dev’essere preservata e tutelata, mentre constato con rammarico, specialmente in Occidente, il persistente diffondersi di una cultura della morte, che, in nome di una finta pietà, scarta bambini, anziani e malati”.
Vita e pace sono unite nel messaggio di inizio anno del Santo Padre. La difesa della prima, la ricerca della seconda. Una ricetta mai banale di questi tempi. Un binomio che si afferma nell’origine di tutte le cose e se l’umanità è in pericolo per sua stessa colpa, ricordiamoci della vita e della pace per provare per cambiarne le sorti.
Un Papa è un Papa, più che tanto non possiamo aspettarci.
Nel Vangelo si dice che a chi ci colpisce su una guancia dobbiamo porgere l’altra guancia.
Siamo seri, sono stupidaggini.
Non possiamo trasportare nella politica estera questi principi.
Se uno Stato aggredisce un altro popolo per soggiogarlo, è necessaria e giusta la controffensiva armata, fino alla distruzione fisica e politica dell’aggressore, comprese inevitabili vittime collaterali, spesso complici dell’aggressore.
Il pacifismo in quel caso è solo spallegiare l’aggressore.
Civili a Gaza.
Quali civili?
Quelli che hanno eletto i terroristi di Hamas come loro governo, che hanno accettato di custodire nelle loro case, nelle loro scuole e nei loro ospedali le armi degli assassini, e adesso piangono. Dovevano piangere prima. Un Papa lo può dire? Forse no, ma almeno stia zitto.
E’ lo stesso per la storia della difesa della vita.
Esistono delle filosofie indiane secondo cui ogni forma di vita deve essere difesa, i loro seguaci stanno attenti a non calpestare formiche o ammazzare mosche, sono rigorosamente vegetariani e così via.
E’ questo che vogliamo?
O vogliamo che una donna vittima di una fecondazione indesiderata, od anche di uno stupro, sia obbligata a portare a termine la gravidanza, per rispetto della vita dell’embrione?
Queste non sono solo stupidaggini, sono visioni fanatiche contrarie al codice civile ed alla dignità della donna. A mio modo di vedere, anche dell’uomo.
E’ la solita storia. Lasciamo la religione a chi la vuole seguire, la società civile ha le sue regole, per fortuna più razionali, e cerchiamo di difenderle.
Con affetto
Alessandro