Prodi incastrato ammette ma non si scusa

Erano scuse? Beh, più o meno. Erano più simili a una ammissione, le parole pronunciate da Romano Prodi in merito alla sua strattonata di capelli ai danni della giornalista di Quarta Repubblica, Lavinia Orefici. Una ammissione che arriva, ovviamente, soltanto dopo il filmato che l’ha incastrato. In pratica, fin quando ha potuto negare, non ha esitato a farlo. Le immagini iniziali hanno inquadrato il braccio che si allungava verso la giornalista, ma si è dovuto attendere un filmato inedito, andato in onda a DiMartedì, per avere finalmente sue parole più chiare.

Aveva detto inizialmente di aver “messo solo una mano sulla spalla”. E subito gli aveva creduto sulla parola tutta la sua parte politica. Enrico Letta, ex segretario del Pd, aveva subito chiarito da che parte stava: “Io sto con Romano”. Invitava a non esagerare anche Debora Serracchini, mentre Massimo Giannini gli aveva dedicato un articolo intitolato: “La lezione di Romano Prodi ai poveri sicari di regime”. Il caso ha voluto che ci fosse proprio Giannini in studio da Giovanni Floris mentre andava in onda il filmato che ha incastrato il fondatore dell’Ulivo e che ha costretto la sinistra a fare dietrofront. Ma non più di tanto.

La figuraccia dell’ex premier

L’ammissione di Prodi è stata questa: “Non c’è proprio niente da chiarire. Voi sapete benissimo il rapporto che ho con i giornalisti, poi che se si vuole creare l’incidente nei confronti di un vecchio professore lo si faccia pure e io gioisco”. E ancora: “Si scambia l’affetto con l’aggressione”. Chiamiamola ammissione… Poi c’è il lato più emotivo: “Mi sono reso conto, vedendo le riprese, di aver trasportato quasi meccanicamente quel gesto in un ambito diverso. Ho commesso un errore e di questo mi dispiaccio. Ma è evidente dalle immagini e dall’audio che non ho mai inteso aggredire, né tanto meno intimidire la giornalista”. E queste, chiamiamole scuse…

Secondo l’ex premier, la questione non reggerebbe data la sua storia personale, come se un ex premier avesse una sorta di immunità a vita su qualsiasi cosa faccia di sbagliato: “Questa vicenda mi offre l’occasione per una riflessione che forse è utile. Penso sia un diritto di ciascuno, non importa affatto quale ruolo abbia ricoperto nella vita, rivendicare la propria storia e la propria onorabilità e non accettare, come un destino inevitabile, la strumentalizzazione e persino la derisione dilaganti, anche grazie alla potenza della Rete. Come se un’intera vita non contasse, come se il futuro non esistesse”. Ovviamente, in casi simili, sorge sempre una domanda: cosa si sarebbe scatenato se qualcuno di destra fosse stato al suo posto?

Dai colleghi giornalisti, in particolare da Unirai, liberi giornalisti Rai, arriva la solidarietà per l’inviata di Quarta Repubblica: “Dopo le immagini inequivocabili che mostrano il gesto inaccettabile di Romano Prodi nei confronti di una giornalista, e ora che qualcuno, a livello di rappresentanza di categoria, si è tardivamente accorto del gesto e lo ha finalmente condannato, l’ex presidente della Commissione europea faccia l’unica azione che avrebbe dovuto fare già un secondo dopo l’accaduto: si scusi pubblicamente. E si scusi anche per aver mentito dicendo di aver solo “messo una mano sulla spalla” della giornalista. Alla verità dei fatti, ahilui, non si possono tirare i capelli”.

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