Il ministro degli interni, nonché vicepremier, Matteo Salvini, dice: “Non capisco lo stupore che ho letto su un’agenzia per la definizione di Hezbollah come terroristi islamici. Se si scavano tunnel sotterranei a decine di metri che sconfinano nel territorio israeliano, non penso si faccia per andare a fare la spesa”.
Noi invece non capiamo perché tutti i giorni da un po’ di tempo a questa parte, puntuale come il sorgere del sole o, se preferite, come la comparsa di una bolletta nella cassetta della posta, ecco il nostro ministro degli Interni abbandonarsi ad esternazioni che finiscono per essere quanto meno scomode, e quasi sempre un’ invasione di campo nelle competenze di un altro ministero. Addirittura, alcune volte come in questo caso, rischiando qualcosa in più che non sia il solito bisticcio tra le due componenti del governo, Movimento 5stelle e Lega.
Stavolta, infatti, al di là della risposta acida arrivata immediatamente da Di Maio che corre a sottolineare come la missione Unifil in atto sia una delle più importanti missioni estere dei nostri contingenti, e che quello che si doveva dire sulla vicenda era già stato detto dal ministero della Difesa, Salvini aggiunge rischio a quello già alto dei nostri uomini sul campo.
Ma vediamo dall’inizio tutta questa storia, cominciando con parlare proprio della missione Unifil, facendola conoscere a chi magari non ne sa nulla. La missione Unifil altro non è che la Forza di Interposizione delle Nazioni Unite in Libano creata il 19 marzo 1978 con le risoluzioni 425 e 426 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Prima della crisi di luglio/agosto 2006 la missione delle forze UNIFIL era quella di verificare il ritiro delle truppe israeliane dal Libano, assistere il Governo libanese nel ristabilire la propria autorità nell’area ripristinando così la sicurezza e la stabilità internazionale. Poi però, con l’ennesima risoluzione, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha previsto il potenziamento del contingente militare di UNIFIL con lo scopo di; monitorare la cessazione delle ostilità (permanente); accompagnare e sostenere le Lebanese Armed Forces (LAF) nel loro rischieramento nel Sud del paese, comprendendo la Blue Line, non appena Israele ritira le sue Forze Armate dal Libano; coordinare il ritiro delle IDF dai territori libanesi occupati ed il ridispiegamento delle LAF negli stessi territori una volta lasciati liberi dagli israeliani; estendere la propria assistenza per aiutare ad assicurare un corridoio umanitario alla popolazione civile ed ai volontari nonché assicurare il rientro in sicurezza degli sfollati; assistere le LAF nel progredire verso la stabilizzazione delle aree; pieno rispetto della Blue Line (anche Israele); prevenire la ripresa delle ostilità, mantenendo tra la Blue Line e il fiume Litani, un’area cuscinetto libera da personale armato, assetti ed armamenti che non siano quelli del Governo libanese e di UNIFIL; mettere in atto i rilevanti provvedimenti degli accordi di TAIF, e della Risoluzione 1559 (2004) e 1680 (2006), che impongono il disarmo di tutti i gruppi armati in Libano; nessuna arma o autorità che non sia dello Stato libanese; nessuna forza straniera in Libano senza il consenso del Governo; nessun commercio o rifornimento di armi e connessi materiali al Libano tranne quelli autorizzati dal Governo; consegna all’ONU di tutte le carte/mappe contenenti lo schieramento delle mine in Libano (Israele); intraprendere tutte le necessarie azioni nelle aree di schieramento delle sue forze e, per quanto nelle proprie possibilità, assicurare che la sua area di operazioni non sia utilizzata per azioni ostili di ogni tipo. Reagire con la forza a tentativi di impedire l’assolvimento del proprio compito sotto il mandato del Consiglio di Sicurezza, per proteggere il personale ONU, le infrastrutture, le installazioni e gli equipaggiamenti, per garantire la sicurezza e la libertà di movimento del personale dell’ONU e delle organizzazioni umanitarie, e senza pregiudizi verso la responsabilità del Governo del Libano, per proteggere i civili da imminenti minacce di violenza fisica. (Fonti Unifil)
Insomma, un programma di tutto rispetto, che vede schierate le nostre forze di intervento su un territorio delicato e pericoloso, con i compiti precisi che avete letto, ma anche con l’assoluta necessità di risultare quanto più possibile super partes, proprio per evitare ulteriori rischi sui tanti che già corrono i nostri ragazzi. E, bisogna dirlo, i nostri sono bravissimi in queste situazioni e, il più delle volte, riescono a mantenere se non ottimi almeno buoni rapporti con tutte le forze in campo. Equilibrismi difficilissimi da ottenere e mantenere.
Tutto chiaro quindi, almeno fino a quando Salvini in uno dei suoi continui viaggi – ma quando sta un po’ a Palazzo Chigi ad occuparsi dei tanti dossier che riguardano il suo complicato ministero? – non decide per una bella visita in Medio Oriente. Poi scrive un twitter: “Arrivo a Gerusalemme in elicottero dopo il sopralluogo al tunnel scavato dai terroristi islamici. Tutto il mio impegno per sostenere il diritto alla sicurezza di Israele, baluardo di democrazia in Medio Oriente”.
Sono parole che in quel del ministero della Difesa fanno sobbalzare non poche persone. Oltre che lo sconcerto del ministro, alti funzionari , in via del tutto confidenziale, fanno sapere che le esternazioni di Salvini creano imbarazzo e causano preoccupazione. “Non vogliamo alimentare nessuna polemica , ma tali dichiarazioni mettono in evidente difficoltà i nostri uomini impegnati proprio a Sud nella missione Unifil, lungo la blue line. Questo perché il nostro ruolo super partes, vicini a Israele e al popolo libanese, è sempre stato riconosciuto nell’area”. “Tra l’altro – si apprende sempre in ambienti ministeriali- l’Onu la sua parte la sta già facendo, c’è una missione, si chiama Unifil, da oltre 12 anni, e il comando è oggi sotto la guida italiana per la quarta volta”. Qualcuno lo dica anche a Salvini.