Rapporti PD-mafia, il quadro si complica ma Ruotolo se la prende col Tg1

Sviare l’argomento, ricoprire lo scandolo creandone uno nuovo, inventando fantomatici colpevoli. Rei di aver raccontato la verità. Ora il PD, tra scandali, indagini ancora in corso e confessioni di aver avuto, in qualche modo, rapporti con la mafia, incolpa quei cattivoni “meloniani” del Tg1 per aver divulgato alla Nazione la verità su chi gli italiani voteranno alle prossime tornate elettorali comunali, regionali ed europee. Sandro Ruotolo, responsabile dell’informazione all’interno della segreteria del Partito Democratico, proprio non ci sta di fronte al fatto che un telegiornale racconti le inchieste riguardanti il primo partito del centrosinistra e ritorna sulle orme della fallimentare narrazione della Rai nelle mani della destra, del Tg1 denominato “Tele-Meloni”, del suo direttore Gian Marco Chiocci accostato ingiustamente all’esecutivo. Una narrazione fallimentare, già più volte smentita dai dati ascolto rilevati dalle varie aziende statistiche: PD e Schlein hanno il primato di tempo a loro dedicato nei principali telegiornali della televisione pubblica. Alla faccia di “Tele-Meloni”. Ma ora la faccenda si allarga perché i dem, mai paghi del pluralismo a targhe alterne, non si accontentano più di indicare soltanto ai giornalisti chi è meritevole di essere intervistato. Adesso, vogliono decidere anche di cosa bisognerà parlare, preparando magari le scalette ai conduttori Rai. “È stato superato il limite della decenza: con il mondo che brucia, tra Gaza e l’Ucraina, in nome della cronaca il Tg1 getta fango sui dem”: così ha tuonato Ruotolo, dall’alto del suo innato senso del pluralismo che l’ha portato dall’essere, lui stesso, giornalista Rai al diventare membro della segreteria del PD. E frigna, Ruotolo, come se nei Tg non si parlasse d’altro, come se gli italiani non fossero abbastanza informati su Gaza e sull’Ucraina. Come se l’intento del Tg1 fosse solo quello di denigrare il PD. D’altronde, basta raccontare la verità per mettere in difficoltà i dem. Non è il fine dell’attività giornalistica, ma solo la conseguenza di anni di politiche sbagliate. Pluralisti a convenienza.

Da Bari a Torino: il PD è nei guai

Dal canto loro, i soloni del progressismo, del politicamente corretto, del pluralismo solo dichiarato, andranno anche compresi. Il PD è nei guai fino al collo, come se immerso in una stanza piena d’acqua e senza finestre: l’unica via d’uscita è la porticina del dimenticatoio, che potrebbe far defluire tutta la broda. E il silenzio della segretaria Schlein e le parole di Ruotolo mirano proprio a quella porta, unica salvezza per permettere al loro partito di tirare a campare ancora per un po’. Ma scandalo dopo scandolo, il PD va in declino, messo alle sbarre dal fuoco interno (la divisione in correnti che complica la costruzione di una narrazione unitaria da consegnare ai cittadini) e anche da quello esterno, inteso nella duplice valenza di misera risposta degli elettori e di crescente pressione dell’alleato (almeno sulla carta) Giuseppe Conte. Pare, infatti, verosimile l’ipotesi sulla strategia dell’avvocato di Volturara Appula di affossare il PD in Puglia: probabilmente, avendo premeditato la possibile escalation delle indagini sui rapporti tra dem locali e mafia, ha scelto di presentare un proprio uomo alle primarie per il prossimo candidato sindaco di Bari del centrosinistra, sicché, nel caso di uno scoppio, la sua immagine sarebbe rimasta pulita. E così è stato: nel PD viene scoperto un sistema di compravendite di voti e lui, rilasciando patenti di onestà, si ritira dalle primarie e si allontana dagli alleati lasciandoli da soli a marcire nella tenebrosa inchiesta. E adesso che un altro sistema inquina l’immagine del PD anche in Piemonte, le cose si complicano: Raffaele Gallo, capogruppo del PD in Regione e prossimo candidato dem, si ritira dalla corsa a causa delle indagini che toccano il padre Sasà, accusato di corruzione elettorale e altri reati simili.

Il PD spaventato dalla verità

Per Ruotolo, quei cattivoni della Rai non dovrebbero divulgare a certe notizie. Ma è proprio Ruotolo a dimenticare non solo i dati prima citati, ma anche una vicenda che distrugge le sue tesi: la Rai ha intervistato Decaro, Emiliano e addirittura la sorella del boss Capriati, quella dello scandalo, che ha negato di conoscere il sindaco di Bari. Un favore al PD che Ruotolo, forse preso dai malumori del suo partito, ha dimenticato. Lui continua a prendersela coi giornalisti: piuttosto che fare mea culpa, piuttosto che chiarire le responsabilità del suo partito che – da quanto sta emergendo – pare aver creato dei sistemi di compravendita elettorale qua e là per l’Italia, da un lato scarica la colpa sui singoli indagati, dall’altro se la prende coi giornalisti che raccontano la verità. Perché è questo che più spaventa il PD: la verità.

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