Rapporto tamponi e contagi, lo strano caso della Regione Lazio

È di stamattina un dettagliato articolo di Repubblica in cui si dà conto di un presunto ambiguo conteggio dei tamponi effettuato dalla Regione Lazio.

In base alla tesi del quotidiano, in buona sostanza, la Regione Lazio, a differenza di quasi la totalità delle altre regioni fatta eccezione per il Piemonte, sommerebbe al numero dei tamponi molecolari anche il numero dei test antigenici, in questo modo alterando la percentuale del numero dei contagiati rispetto ai tamponi effettuati. Questo meccanismo starebbe alla base del miglior rapporto tra tamponi e contagiati, che avrebbe tenuto il Lazio tra le Regioni gialle nonostante l’elevato numero di positivi.

Ma Repubblica riporta con dovizia di particolari anche i numeri. Ebbene sui dati comunicati al data base dell’Istituto Superiore di Sanità, il 60% sarebbe riconducibile a tamponi molecolari e il 40% a test antigenici, il 5 novembre scorso dunque sarebbero stati dichiarati su 30.000 tamponi, 2.700 contagiati, ma tra i 30.000 la Regione avrebbe conteggiato anche 10.000 test molecolari.

Le fonti dell’articolo in questione sarebbero i medici che effettuano i test e che affermano di raccogliere e comunicare il dato in forma aggregata, senza suddividere tra molecolari ed antigenici.

Se le cose stessero in realtà così saremmo di fronte ad un assurdo, atteso che il rapporto tra test effettuati e soggetti positivi è un elemento dirimente ai fini dell’adozione delle misure, tanto da essere sicuramente in grado di incidere sul posizionamento della Regione nello scacchiere delle zone gialle, con tutte le ricadute anche in termini economici, di libertà di movimento e di impresa.

Tuttavia con una nota sempre in data odierna lo Spallanzani smentirebbe questa prospettazione, prendendo specifica posizione sul punto e affermando che il Lazio non avrebbe mai sommato i dati e che gli unici dati presi in considerazione sarebbero quelli dei tamponi molecolari.

Nella speranza che si chiariscano dunque gli aspetti nebbiosi di questa vicenda, si impone comunque una considerazione: del tutto evidentemente mancano indicazioni univoche o comunque chiarezza e trasparenza sulle indicazioni fornite dal governo e dai ministri competenti in tutti i settori lambiti dall’emergenza. Ancor di più questa mancanza di coordinamento e controllo si avverte in ambito sanitario, là dove il governo quotidianamente scarica le responsabilità sulle regioni, senza tuttavia dotarle degli strumenti necessari ad affrontare la pandemia. L’unica certezza è che l’Italia naviga a vista in questa seconda ondata, in balia di un capitano ed un equipaggio che non si sono attrezzati a dovere per affrontare una prevedibile, quanto già prevista, tempesta.

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