Recovery Plan, la Destra spinga per il rilancio del Sud Italia.

In questi ultimi giorni dell’annus horribilis che stiamo vivendo è diventato centrale nel dibattito politico la vicenda del Recovery Plan, che definirà le modalità di spesa dei 209 miliardi del Recovery Fund ottenuti dall’Italia.

Su questo punto si è alzata la tensione all’interno della maggioranza che sostiene il governo con Renzi che sta alzando la posta e che sembra abbastanza determinato a ritirare la delegazione di Italia Viva nell’esecutivo di Conte laddove le sue richieste non dovessero essere accolte.

Dalle decisioni che verranno assunta sulla modalità di spesa e sulla governance del Recovery Plan dipenderà il destino del Governo Conte anche se, visto la posta in campo, è facile prevedere che l’accordo verrà trovato e che alla fine si metteranno d’accordo.

C’è un altro tema, però, che vale la pena di affrontare ed è quello legato alla distribuzione territoriale delle risorse tenuto conto che nella bozza del Piano di resilienza portata in Consiglio dei ministri da Giuseppe Conte si fa riferimento alla clausola del 34% come tetto massimo per l’utilizzo dei fondi al Sud. In realtà, tale clausola, mai rispettata, fu introdotta nel nostro ordinamento per garantire che ci fosse una quota di investimenti che riguardasse sempre il Sud.

In questo caso, però, la ripartizione delle risorse operata in sede europea ha tenuto conto di una serie di fattori che, proprio in virtù delle condizioni delle regioni del sud, è lievitato notevolmente. La Commissione, infatti, ha preso in considerazione i dati relativi alla popolazione del paese, del Pil pro-capite medio e della disoccupazione media, tutti elementi che al sud sono presenti in maniera drammatica.
Proprio questa fotografia del paese ha indotto la Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen a riconoscere il divario Nord-Sud come uno dei maggiori punti critici per l’Italia e, quindi, ha posto lo sviluppo del Mezzogiorno come prima condizione per l’utilizzo dei fondi.

Il Piano del Governo, invece, ha cancellato i criteri dell’UE prendendo a riferimento solo ed esclusivamente la distribuzione demografica della popolazione entrando in palese contrasto con i principi di coesione che sono alla base delle norme nazionali ed europee
Tutto ciò ha provocato una reazione immediata da parte dei presidenti di regione del sud che minacciano battaglia nella conferenza Stato/Regioni, che è l’organismo dove si svolgerà una partita fondamentale per l’utilizzo delle risorse.

Se la ripartizione delle risorse avvenisse secondo quanto indicato dalle linee-guida del Recovery Fund, al Sud andrebbero riconosciute almeno il 60% dei 209 miliardi a nostra disposizione proprio perché la situazione nel nostro paese ci restituisce l’immagine di una Italia a due velocità, una tesi sulla quale anche lo Svimez, istituto meridionalista, ha convenuto.

Gli oppositori di questa tesi sostengono che il Mezzogiorno potrà già beneficiare del Piano Sud 2030 e della programmazione dei fondi strutturali 2021/2027, dimenticando però che il Recovery Fund è stato varato in ragione della crisi conseguente alla pandemia come intervento straordinario e provviste di fondi aggiuntivi che nulla hanno a che vedere con le scelte operate a livello nazionale in ambito della programmazione ordinaria.

A questo punto, però, in ogni caso, diventa fondamentale la qualità dei progetti che le regioni del Sud individueranno tenendo conto della ricaduta effettiva sul territorio, con un puntuale e attento monitoraggio delle opere, facendo un salto di qualità anche sugl’indici di capacità di spesa che in passato hanno mostrato dati disastrosi.

Bisogna tenere conto che l’Europa chiede di investire su politiche di sviluppo basate sull’innovazione digitale, sulla transizione ambientale e soprattutto sulla dotazione di infrastrutture nelle regioni depresse nell’ottico di ridurre il divario Nord-Sud anche per ciò che attiene diritti fondamentali come istruzione, sanità e mobilità.
Mai come oggi il Sud è chiamato ad un grande sforzo collettivo per cogliere una occasione di sviluppo importante e forse irripetibile specie se la strategia di intervento sarà caratterizzata da uno sguardo lungo con progetti ad alto impatto economico e sociale per sostenere la crescita dei nostri territori.

Spero che la Destra di Fratelli d’Italia con Giorgia Meloni e con i suoi presidenti di regione, non perda l’occasione, nello spirito di un interesse nazionale che deve considerare il problema del rilancio del mezzogiorno è una priorità per il paese, di farsi “garante dello sviluppo del sud” rifiutando la logica assistenziale che finora ha caratterizzato i governi nazionali.

Su questo punto spero che Giorgia Meloni voglia adottare una vera e propria piattaforma programmatica sulla quale aprire un grande dibattito con le parti sociali, quindi nuove idee su territorio-talenti-trasformazioni, tenendo conto che il più grande patrimonio attualmente detenuto dal Sud sono i giovani ai quali bisogna lanciare un messaggio concreto per non fargli perdere la speranza di una prospettiva occupazionale nella propria terra ed il sogno di vedere la loro terra libera dai condizionamenti della criminalità organizzata.

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Luigi Rispoli
Luigi Rispoli
Giornalista pubblicista, organizzatore del Premio Masaniello – Napoletani Protagonisti, fondò insieme al poeta Salvatore Barone il gruppo musicale Vento del Sud, è stato componente della Giunta Esecutiva Nazionale del Centro Sportivo Fiamma ed ha fatto parte del Comitato Regionale del CONI per l'organizzazione dei Giochi Studenteschi, è direttore editoriale di Questanapoli, periodico a distribuzione gratuita.

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