Riforma del Premierato necessaria per garantire stabilità alle nostre istituzioni. Basta ribaltoni e giochi di palazzo

Si è tenuto questa mattina in Senato il convegno organizzato da Fratelli d’Italia dal titolo: ‘Obiettivo premierato, al centro volontà popolare e stabilità dei governi’.

Un’occasione per approfondire i caratteri salienti di una riforma molto sentita dal primo partito di governo e che, come spiega il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, “serve a questa Nazione”. E aggiunge: “La volontà è quella di dare stabilità al sistema politico italiano. Un’ esigenza non del centrodestra o del presidente Meloni, ma di tutti coloro che in questi decenni hanno denunciato il fatto che in Italia i governi durano 12/14 mesi, in cui entri con il centrosinistra ed esci con il centrodestra. Il paese dei ribaltoni, e dei governi tecnici. Noi vogliamo porre fine a questa stagione”. E non manca un riferimento all’atteggiamento delle opposizioni: “Sono umanamente deluso. Durante il confronto nel merito hanno risposto solo di no e hanno messo in campo ostruzionismo insensato. Hanno detto di tutto e il contrario di tutto”.

“L’idea dell’elezione diretta fa parte del DNA della destra, prosegue il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Tommaso Foti, e dovrebbe far parte anche del ricordo delle sinistre, perché la riforma D’Alema consolidava l’istituto del premierato togliendo ben altri poteri al presidente della Repubblica. Mentre noi stiamo discutendo come cambiare l’assetto del Paese, ci si contesta che la riforma non prevede un sistema elettorale. È una cosa curiosa, perché non si è mai visto pensare un sistema elettorale senza sapere prima qual è la norma costituzionale che regge quel sistema”. E conclude: “Quando la riforma costituzionale sarà approvata si penserà alla legge elettorale, viceversa non è possibile”.

Per il senatore Lucio Malan, capogruppo di Fratelli d’Italia in Senato, il tema centrale è garantire esecutivi stabili e duraturi, perché è necessario ribaltare il paradosso secondo il quale la compattezza del nostro governo e il lavoro di Giorgia Meloni siano un’eccezione. “Noi vogliamo che diventino la regola. Dai governi stabili deriva un maggiore slancio dell’economia e, in politica estera, è fondamentale l’esistenza di esecutivi che portino avanti politiche di lungo periodo”.

L’Instabilità politica ha causato perdite ingenti per l’Italia, ma con il governo Meloni è tornata la credibilità

“Questo governo si è insediato con grosse criticità ereditate, ma ha cominciato a fare leggi di bilancio guadagnandosi fin da subito la fiducia internazionale, quella degli investitori e degli stessi
italiani”, ha analizzato Francesco Filini, deputato di responsabile del Programma del partito e coordinatore dell’Ufficio Studi.

“Una fiducia che è stata ottenuta perché dalle urne, per la prima volta dopo circa dieci anni, è uscito fuori un governo fortemente voluto dagli italiani, con una solida maggioranza che non ha lasciato spazio a giochi di palazzo e che in passato hanno portato alla conformazione di esecutivi con dentro tutto e il contrario di tutto. Il risultato è stato quello di aver assistito in pochi anni al susseguirsi di governi che nascevano, morivano e rinascevano sotto altre spoglie con la conseguenza che nessuno aveva una strategia chiara per l’Italia. Questo è stato uno dei problemi più importanti che abbiamo ereditato. La stabilità politica è un valore etico ed economico. Con la riforma del premierato il susseguirsi in maniera indiscriminata dei governi finirà e gli italiani potranno, da protagonisti, scegliere finalmente da chi farsi governare”, conclude.

E in tema di credibilità internazionale insiste anche Marco Lisei, capogruppo in commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama: “Sono evidenti i vantaggi in termini di Pil, quando i governi italiani sono stabili e sono percepiti dall’estero come duraturi. Anche per questo siamo per un governo di lungo respiro che possa fare scelte di lungo periodo”.

A tal proposito il presidente della commissione Affari Costituzionale Alberto Balboni, citando uno studio a riguardo, ricorda che “l’instabilità politica è costata all’Italia 265miliardi di euro, nonché 300mila posti di lavoro all’anno, dunque 3 milioni in dieci anni”. E aggiunge un altro spunto di riflessione: “Come ha fatto presente il prof. Giovanni Orsina, dopo il governo Monti l’astensionismo è aumentato dell’8% e, dopo il governo Draghi, c’è stato un ulteriore aumento del 13%. Nell’arco di due elezioni, dunque, il numero delle persone che non vanno a votare è schizzato. Non sarà forse perché gli elettori hanno avuto la sensazione che il loro voto non contasse. Del resto, le persone votavano per una coalizione e se ne trovavano un’altra, votavano un presidente del Consiglio e si ritrovavano governati da uno che nemmeno si era candidato. Dunque occorre restituire sovranità al popolo italiano”. Mentre sul tema agitato dalle opposizioni, secondo Balboni strumentale, secondo il quale questa riforma ridurrebbe i poteri del presidente della Repubblica, riflette ancora: può darsi che il suo potere a fisarmonica, che in determinati periodi si era espanso a dismisura, con questa misura non ci sarà più, ma perché non ci sarà più bisogno, perché saranno i cittadini a scegliere da chi essere governati. Con questa riforma, invece, riportiamo il ruolo del presidente della Repubblica come lo avevano immaginato i costituenti, cioè superpartes, custode della Costituzione, non un arbitro che in alcuni casi diventa giocatore”, conclude Balboni.

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