La Direzione investigativa antimafia ha rivelato quello che molti già immaginavano: i soldi pubblici finiscono spesso e volentieri nelle mani delle criminalità organizzate, mediante dei meccanismi che coinvolgono imprese fittizie, professionisti compiacenti e i bonus edilizi, quelli ideati e messi nero su bianco dal precedente governo giallo-rosso. Superbonus, bonus facciate, Sismabonus, bonus Ricerca e Sviluppo: i crediti di imposta derivanti da queste misure finiscono troppo spesso all’interno delle attività mafiose e finiscono, quindi, per finanziare traffici di droga e chissà quante altre operazioni illecite. La Direzione investigativa antimafia stima un danno allo Stato (e al contempo un regalo alla criminalità organizzata) dal valore di 2 miliardi di euro.
Le modalità delle truffe
Sì, ben 2 miliari di euro di crediti d’imposta fasulli che arrivano nelle mani delle mafie. C’è dell’altro: cioè che, essendo solo delle stime basate su indagini preliminari, i 2 miliardi non rientrano ancora nel calcolo finale delle frodi rivelate su Superbonus e bonus edilizi vari (frodi che già andrebbero contate nell’ordine dei miliardi) ma, ancora per lo stesso motivo, per il fatto di essere ancora soltanto delle semplici stime, i 2 miliardi potrebbero essere – udite udite – ancora di più. È infatti ormai chiaro che le organizzazioni mafiose abbiano conosciuto uno sviluppo sempre più “civile”, nel senso che sono rallentate le stagioni sanguinarie delle lotte tra clan a colpi di pistola, e al contempo le mafie si sono “avvicinate” allo Stato, cercando di ripulire i loro traffici con imprese fittizie dotate dei requisiti giusti per richiedere finanziamenti e bonus leciti. In pratica, oltre ai classici compiti di ammazzare e trafficare droga, una nuova “branchia” delle criminalità organizzate ha iniziato a gestire imprese fasulle al solo fine di ricevere i crediti d’imposta statali. E anche il sistema del pizzo sembra essersi evoluto: oltre alla classica “protezione”, alla riscossione del denaro si sono aggiunte altre offerte, come l’intimidazione dei diretti concorrenti dell’imprenditore che paga, in modo tale da ampliare i propri affari, e appunto la ricerca di appalti pubblici e modalità con cui ricevere finanziamenti pubblici. Un esempio che vale su tutti è quello della Stidda siciliana, l’organizzazione mafiosa che entrò in guerra con Cosa nostra: nella provincia di Brescia, la Stidda è riuscita ad addentrarsi in affari “leciti”, a svestirsi dai panni dei crimini violenti offrendo agli imprenditori lombardi la vendita di crediti d’imposta fasulli per un valore totale di 230 milioni che finivano dritti dritti nel traffico di droga. Ecco, si tratta di un sistema ben oliato che calza a pennello con i bonus edilizi grillini che, dopo aver procurato benefici non dovuti a truffatori e furbetti (che non avevano i requisiti per accedervi o che aggiravano il sistema per ottenere maggiori risorse), ora diventano il mezzo delle mafie per “arrotondare” le proprie entrate. Come detto, bastavano pochi professionisti collusi, notai, impiegati di poste, fiscalisti, ai quali magari venivano riservati dei premi speciali, ad esempio dei posti di lavoro ad amici e familiari, e il gioco era fatto.
Scempio grillino
E non avere a disposizione cifre certe, ma soltanto una stima, per giunta già molto elevata, aggrava il quadro. 2 miliardi di euro pubblici, statali, erariali, dunque dei cittadini italiani, che finiscono nelle mani delle criminalità organizzate per finanziare traffici di droga, armi e reati vari, è uno schiaffo in faccia all’onestà, a quei cittadini perbene che si affaticano per arrivare a fine mese e che sperano in aiuti da parte dello Stato. Uno scempio per uno Stato come l’Italia. Uno scempio targato Cinque Stelle che, oltre a provocare pesanti danni alle casse statali (circa 220 miliardi di euro), ha dato la possibilità a furbetti e malavitosi di avere vita facile, di aumentare i propri profitti. L’autodichiarato partito dell’onestà che nuoce ai cittadini onesti.