Selfie con i bronzi di Josip Broz Tito

Nel mondo dell’informazione di oggi sappiamo bene come basti la scelta di una foto per infondere autorevolezza a un soggetto. Allo stesso modo un’immagine meno fortunata, per luci, espressione, o anche solo abbigliamento, può essere usata per sminuire o mettere in cattiva luce un soggetto. E come non si giudica un libro da una copertina (o da un titolo) allo stesso modo non si dovrebbe giudicare una persona da una singola foto, riuscita o meno che sia.

Ma chi frequenta la vita pubblica al giorno d’oggi sa bene che, in tempi di social e smartphone pronti a catturare ogni istante, a meno di non attenersi a una rigidissima riservatezza presto o tardi le vecchie foto imbarazzanti verrano fuori. E potranno diventare parte del dibattito.

È quello che è successo allo storico Eric Gobetti, che almeno da un anno, si vede spesso accompagnato da una “vecchia foto” scattata presso il museo dedicato all’Antifašističko Vijeće Narodnog Oslobođenja Jugoslavije, il Consiglio antifascista di liberazione popolare della Jugoslavia, di Jaice, oggi in Bosnia. A favor di camera lo storico saluta col pugno chiuso alla fronte davanti a una statua di Tito.

Un’immagine che mal si accorda allo storico che sui giornali vuole proporsi come chi vuole togliere la Storia del confine orientale dalle grinfie della politica. La foto potrà essere stata anche scattata con spirito goliardico, ma rimane come una testimonianza ben lontana da un’idea di Storia super-partes, lontana da ogni sfumatura politica.

Ovvio che chi contesta la scelta di Eric Gobetti di titolare il suo ultimo saggio breve E allora le foibe, in quanto inopportuno nei confronti di quegli stessi morti che pure Gobetti riconosce, abbia gioco facile ad accostare titolo, e la vecchia foto nel luogo “sacro” dell’AVNOJ. Certo, come già ribadito, non si giudica un libro né dalla copertina, né dalla foto del suo autore.

Pure ci duole tornare sull’argomento “foto dello storico davanti a un dittatore”, perché dalle pagine del Gazzettino, in un’intervista a Gobetti, ci viene proposta una “narrazione” di quella foto che sembra solo un tentativo ex post di ripulire “l’immagine”, nel senso prettamente fotografico del termine. Scrive Alessandro Marzo Magno già nella prima parte dell’articolo: «di una foto che gira in rete dove si vede Gobetti fare il pugno chiuso davanti a un ritratto di Tito (era uno scherzo di una decina d’anni fa, ora è divenuta una gogna)». Per poi tornare in chiusura della pagina dedica a Gobetti ed E allora le foibe: «E la foto con Tito e il pugno chiuso? “Finché si poteva, accompagnavo viaggi della memoria nei Balcani. La foto è stata fatta una decina di anni fa a Jaice, in Bosnia, dove nel 1943 Tito ha fondato la Jugoslavia. C’è un museo che celebra l’evento, naturalmente ci sono le foto di Tito. Qualche compagno di viaggio mi ha chiesto ridendo di mettermi in posa per una foto”. La foto è finita in rete ed è diventata la foto di Gobetti che inneggia agli infoibatori. Tutto ciò, naturalmente, senza aver mai letto una sola riga scritta da Eric Gobetti».

La classica leggerezza di gioventù. Una “cosa goliardica” di gioventù che viene biecamente strumentalizzata dalle “destre” che ovviamente non leggono.

Duole far notare che ancora qualche settimana fa nella pagina del social dello storico non mancava un certo numero di altre foto “goliardiche” del nostro in compagnia di statue o immagini di Tito. E qualcuna campeggia ancor oggi. Certo ci sono foto goliardiche con bronzi di Peter Ban, statue di Bruce Lee, busti di Lenin o Marx. Ma indubbiamente il soggetto preferito delle foto con statue è Tito e la resistenza Jugoslava.

C’è la “tradizionale passeggiata con Tito” dell’aprile 2017. Nell’agosto successivo di fronte al leggendario monumento brutalista di Podgaric, dedicato ai rivoluzionari della regione della Moslavina, non può mancare il tradizionale saluto a pugno chiuso.

E soprattutto, quella del marzo 2019 dove un “selfie” con un busto del dittatore jugoslavo ha come commento un “That’s amore”… Insomma i viaggi di Gobetti sono pieni di foto in posa (e compagni di viaggio “che sbagliano” a fare le foto… che finiscono sul di lui profilo).

Ovviamente ognuno è libero di farsi selfie con i bronzi che ritiene più opportuni. E le stesse foto non devono assolutamente diventare un giudizio di merito su un libro, che è naturalmente un’altra cosa. Ma, almeno risparmiateci gli spin su è “solo una foto di dieci anni fa”. Se si è orgogliosi di farsi i selfie con Tito e metterli sul proprio profilo social tanto vale che i potenziali lettori di E allora le foibe lo sappiano… O forse potrebbe nuocere alle vendite di un libro che vuole mettere i “ragionamenti storici” davanti alla politica?

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