Siamo ciò che comunichiamo: il linguaggio politico tra verità e distorsioni

Viviamo in un’epoca in cui la comunicazione è l’elemento fondamentale nella nostra vita e nella società. Comunicare significa esprimere chi siamo, i valori in cui crediamo, le idee che vogliamo trasmettere. E mai come oggi, siamo davvero ciò che comunichiamo.

In politica, questa verità è ancora più evidente. Ogni espressione – verbale e non verbale – rappresenta un modo per affermare una posizione, creare consenso, oppure opporsi a chi la pensa diversamente. È però vero che, sempre più spesso, le parole vengono manipolate, trasformate, piegate ai propri fini, perdendo così il loro significato originario.

Negli ultimi decenni, in particolare, si è assistito a una trasformazione profonda del linguaggio politico. Parole cariche di storia, di ideali e di significati ben definiti sono state svuotate, distorte e ricollocate, spesso in modo strumentale. È il caso di termini come, per esempio, populismo, nazionalismo e patriottismo.

Populismo: dal suo significato nobile a insulto utilizzato dalla sinistra

L’esempio più eclatante di un termine che ha subito una vera e propria trasformazione dalla sua origine fino ad oggi è proprio quello di populismo, che ad ora viene spesso utilizzato con una connotazione negativa per indicare un atteggiamento demagogico, che asseconda in modo superficiale le richieste del popolo. Imputando, sostanzialmente, tale atteggiamento ai partiti e ai movimenti politici di destra. Eppure, andando alle sue origini, scopriamo che il populismo nasce nel XIX secolo come movimento socialista e anti-zarista in Russia che aveva lo scopo di difendere gli interessi popolari contro l’élite dominante.

Ecco dunque, che un fenomeno storicamente legato alla sinistra, è stato da questa stessa distorto progressivamente, fino ad affibbiargli una etichetta dispregiativa. Rendendo di fatto lo stare dalla parte del popolo, ascoltare le sue istanze e comprendere le sue necessità, qualcosa da condannare, e non da valorizzare. Anche se, a ben vedere, tutto ciò dovrebbe essere qualcosa da esaltare, da valorizzare, e non da affossare. Ma la sinistra intellettuale, distante come è dai problemi concreti e avvolta nel suo comodo guscio, ha così deciso di trasformarlo in insulto, pur di screditare l’avversario politico.

Patriottismo e nazionalismo: identità sotto attacco

Lo stesso destino è toccato anche a parole quali patriota e nazionalista. Termini che evocano l’amore per la propria terra, per le proprie radici, per la propria identità culturale, e che invece sono diventati paradossalmente sinonimi di chiusura, intolleranza, anacronismo, asservendosi a quella visione globalista che ha dimenticato l’importanza dell’identità e della unità nazionale.

Essere patrioti oggi sembra quindi essere quasi un atto rivoluzionario. Ma cosa c’è di sbagliato nell’amare il proprio Paese? Cosa c’è di pericoloso nel voler difendere la propria storia, la propria cultura, il proprio popolo? L’idea che questo debba essere visto come una minaccia nasce proprio dalla volontà di svuotare il linguaggio del suo valore simbolico e storico, per spostare il dibattito su un piano puramente ideologico e che nulla ha a che vedere con la realtà di oggi.

Le idee sono più forti delle parole

È dunque naturale che la lingua cambi nel tempo perché è, dopotutto, lo specchio della società stessa. Ma c’è una differenza tra l’evoluzione naturale del linguaggio e l’uso strumentale che si fa delle parole per piegarle ai propri fini.          
Ed è così che, quando il linguaggio viene distorto consapevolmente e strumentalmente, il confronto democratico perde la sua autenticità, e si tende più a guardare le etichette, e meno alle idee. Ma per fortuna, anche se le parole possono essere distorte, le idee non svaniscono e sono più forti anche di chi prova ad abbatterle utilizzando mezzucci linguistici. E quindi non vale a niente la strategia che una certa sinistra sta utilizzando da tempo, perché di fatto ciò rivela solamente la triste realtà di una sinistra oramai incapace di proporre contenuti credibili, che non può che ricorrere a mere strategie comunicative offensive e aggressive per cercare di guadagnare terreno. Perché è l’unica cosa che gli è rimasta.

Ma chi ha la forza delle idee, e sa come comunicarle, non ha paura dei meri slogan vuoti e dei tentativi di stortura della comunicazione, perché sa bene che le convinzioni e le idee profonde sono in grado di sconfiggere e andare ben oltre le parole. Anche quelle peggiori.

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