Dal 1918 a oggi, sono state tre le pandemie che hanno lasciato un pauroso segno nella storia dell’uomo. Le tre pandemie si identificano con il nome delle zone dove i virus vennero identificati per la prima volta: Spagnola, Asiatica e Hong Kong. Le tre pandemie sono state causate e si sono diversificate tra loro, da tre sottotipi antigenici differenti del virus dell’influenza A (H1N1, H2N2, e H3N2). Oltre a queste tre pandemie, si ricordano nello stesso periodo temporale preso in considerazione, anche tre estese epidemie di influenza nel 1947, nel 1976 e anche nel ’77.
L’influenza Spagnola H1N1 – 1918
L’influenza Spagnola fu sicuramente una delle peggiori pandemie della storia. Interessò centinaia di milioni di persone – se ne stimarono circa 500milioni di contagi – e ne uccise dai 50 ai 199milioni sebbene il suo tasso di mortalità fosse indicato intorno al 2,5%, quindi non elevatissimo. La maggior parte delle epidemie influenzali uccide quasi esclusivamente pazienti molto giovani, anziani o già indeboliti da pregressi problemi; invece la pandemia del 1918 si distinse perché uccise soprattutto giovani e adulti precedentemente sani (25/45 anni). Questa specificità, ha fatto molto riflettere i ricercatori sul perché di una simile anomalia e con il tempo si è formulata un’ipotesi credibile. L’H2N2 ha in sé una insolita aggressività che causava una rapida insufficienza respiratoria progressiva e di seguito la morte attraverso una reazione eccessiva del sistema immunitario dell’organismo. A questa causa, poi, vanno aggiunte le problematiche dell’epoca come malnutrizione, ospedali sovraffollati, scarsa igiene che certo contribuirono al disastro. La malattia, così come si estese, ridusse notevolmente l’aspettativa di vita dell’inizio del XX secolo, che diminuì di circa 12 anni.
Nei casi in rapida evoluzione, la mortalità fu causata principalmente da polmonite indotta da virus. I casi più lenti presentavano polmoniti batteriche secondarie opportunistiche e, in alcuni casi, vi fu un coinvolgimento neurale che portava a disturbi mentali. Questo nella prima ondata. Nella seconda ondata, la pandemia fu molto più letale della prima. Questa maggiore severità è stata attribuita alla situazione relativa alla prima guerra mondiale. Inoltre, I tassi di mortalità per influenza e polmonite tra 15 e 44 anni, ad esempio furono più di 20 volte maggiori di quelli degli anni precedenti e quasi metà delle morti furono tra i giovani adulti di 20–40 anni, un fenomeno unico nella storia conosciuta. Il 99% dei decessi furono a carico delle persone con meno di 65 anni, cosa che non si è più ripetuta, né nel 1957 e neppure nel 1968. I fattori demografici non sono in grado di spiegare questo andamento.
L’influenza Asiatica (H2N2) – 1957 Dopo la pandemia del 1918, l’influenza ritornò al suo andamento abituale per tutti gli anni trenta, quaranta e cinquanta, fino al 1957, quando si sviluppò la nuova pandemia. All’epoca il virus era stato isolato nell’uomo nel 1933 e poteva essere studiato in laboratorio. Tranne le persone con più di 70 anni, la popolazione non aveva difese contro il virus.
L’Asiatica fu una pandemia influenzale di origine aviaria e nel periodo in cui imperversò, anni 1957-50, fece circa 2 milioni di morti. Il virus fu isolato per la prima volta in Cina nel 1954. Nello stesso anno fu preparato un vaccino che riuscì a contenere l’epidemia. Il virus fu rapidamente riconosciuto con i test di fissazione del complemento, mentre lo studio dell’emagglutinina virale mostrò che si trattava di un virus differente da quelli fino ad allora isolati negli uomini. Ciò fu confermato anche dalla neuraminidasi. Il sottotipo del virus dell’Asiatica del 1957 fu più tardi identificato come un virus A/H2N2. Il virus aveva diversi caratteri immunochimici che differivano marcatamente dagli altri ceppi conosciuti. Si sapeva che nell’influenza le infezioni batteriche polmonari secondarie o concomitanti erano frequenti, e ad esse erano dovuti molti dei casi fatali. A volte però la sovrapposizione batterica non poteva essere dimostrata, per cui si parlava occasionalmente di polmonite abatterica. Ma, con l’Asiatica del 1957, fu molto diffuso ed evidente il fenomeno di polmoniti primariamente virali. In contrasto a quanto osservato nel 1918, le morti si verificarono soprattutto nelle persone affette da malattie croniche e meno colpiti furono i soggetti sani. Più tardi mutò nel virus H3N2, che causò una pandemia più leggera negli anni 1968-1969.
L’Influenza di Hong Kong H3N2 – 1968
‘Influenza di Hong Kong è stata una pandemia influenzale iniziata ad Hong Kong nel 1968 e diffusasi negli Stati Uniti nello stesso anno. Come nel 1957, la nuova pandemia provenne dal Sud Est Asiatico e anche questa volta fu la stampa a dare l’allarme con la notizia di una grande epidemia in Hong Kong data dal Times di Londra. Nel 1968, come nel ’57 le comunicazioni con la Cina continentale erano poco efficienti. La diffusione del morbo si interruppe l’anno seguente, il 1969. L’Influenza di Hong Kong era un’influenza aviaria (o di tipo A), in particolare il primo caso conosciuto di epidemia dovuta al ceppo H3N2 (una sigla che si riferisce alla configurazione delle glicoproteine virali di superficie, la emoagglutinina (H) e la neuraminidasi (N): in questo caso significa che delle 16 emoagglutinine conosciute, possiede la numero 3, mentre delle 9 neuraminidasi conosciute questo virus possiede la numero 2.
Per la sua somiglianza con l’influenza asiatica del 1957 (causata dal ceppo H2N2, che differiva dall’influenza di Hong Kong solo per una diversa combinazione della emoagglutinina dovuta a mutazione genetica) e probabilmente dal conseguente accumulo di anticorpi affini nella popolazione infetta, l’influenza di Hong Kong causò molte meno vittime di molte pandemie. Le stime sulle perdite umane variano: tra i 750.000 e i 2 milioni di persone morirono in tutto il mondo (34.000 persone negli Stati Uniti) in quei due anni (1968-69) di attività. Fu perciò la meno letale delle pandemie del XX secolo. In Italia l’eccesso di mortalità attribuibile a polmonite ed influenza associato con questa pandemia fu stimato di circa 20.000 decessi.