Dopo Cernobbio e l’endorsement di imprenditori ed economisti conquistato da Giorgia Meloni, la presenza della premier all’assemblea generale di Confindustria ha fatto emergere una unità di vedute tra governo e mondo delle imprese, secondo un rapporto di collaborazione che è tipico dei sistemi democratici che funzionano. L’Italia ha dei problemi che vanno superati e che pian piano sta risolvendo. Ci sono dei nemici comuni da combattere: Meloni e il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, concordano sul fatto che la decarbonizzazione sarà semplicemente una disfatta economica se non ti tengono in conto le esigenze dei vari comparti e dei cittadini. “L’Europa deve cambiare marcia” dice Orsini perché “il Green Deal è impregnato di troppi errori che hanno messo e mettono a rischio l’industria”. “Gli ambiziosi obiettivi ambientali dell’Europa devono essere accompagnati da investimenti e risorse adeguati, da un piano coerente per raggiungere, altrimenti è inevitabile che la transizione energetica e ambientale vada a scapito della competitività e della crescita” sostiene invece Meloni.
La crescita del Sud
Forse, la parte più significativa dell’intervento della premier è stata quella dedicata al Sud. Il Presidente del Consiglio che durante un’assemblea cruciale per l’industria italiana, dice pubblicamente quello che i dati dimostrano: “Il Sud nel 2023 è stato la locomotiva economica d’Italia, non il fanalino di coda”. È la svolta: una svolta voluta da un esecutivo che ha imposto un deciso cambio di passo al Meridione, superando completamente la stagione dell’assistenzialismo e promuovendo politiche di sviluppo e di investimenti. “Abbiamo scommesso sull’orgoglio di un Sud che non chiede sussidi ma di essere messo alla pari con il resto d’Italia nelle condizioni di partenza – ha detto la premier –, e questo si fa con riforme e investimenti perché, se non ci sono infrastrutture, tutto il resto che si produce non avrà uno sbocco”. La premier propone una carrellata di dati a dimostrazione: “Nel 2023 il prodotto interno lordo del Mezzogiorno è cresciuto dell’1,3%, più della media nazionale. L’occupazione al Sud è aumentata in misura maggiore rispetto al resto d’Italia. E gli investimenti sono saliti del 50%. Il Mezzogiorno ha dato la spinta decisiva all’export e sta rafforzando il suo tessuto imprenditoriale con l’aumento delle società di capitali e delle Pmi innovative e con quasi il 30% delle start-up innovative esistenti in Italia”. Si aggiunga pure la scelta di destinare il 40% del Pnrr soltanto al Meridione e le misure, introdotte dall’esecutivo, che incentivano l’assunzione a tempo indeterminato al Sud. C’è la Decontribuzione Sud e anche la Zes unica, con i primi progetti presentati in Campania e Puglia e altri investimenti previsti nel resto delle otto Regioni.
Questione autonomia
Non c’è dubbio, allora: il Sud è in ripresa, i dati lo dimostrando e i meridionali iniziano a sentire la differenza con il recente passato. Giorgia Meloni ha anche parlato dell’autonomia differenziata e del presunto rischio, paventato dalle opposizioni, di una fantomatica spaccatura tra Regioni del Nord e Regioni del Sud. La premier ha ribadito che l’unico divario che verrà a crearsi non è quello tra Settentrione e Meridione, ma “tra classi dirigenti responsabili e quelle che non lo sono state, al Sud come al Nord”: “Meloni non ha dubbi: «Dicono che vogliamo dividere il Nord dal Sud, come se fossero uniti, come se un divario non esistesse in Italia, come se quel divario non fosse aumentato negli ultimi anni, negli ultimi decenni. E come se questo Governo non avesse già dimostrato, fatti alla mano, di avere tra le sue priorità proprio quella di consentire al Mezzogiorno di dimostrare finalmente il suo valore, libero dai condizionamenti della politica e anche dai condizionamenti della clientela. E forse è proprio questo che spaventa”. L’autonomia si farà e sarà, al contrario di quanto raccontato dalla sinistra, un’occasione che il Sud non dovrà farsi sfuggire.