Tensione tra Houthi ed Israele: in Medio Oriente si rischia nuovamente l’escalation?

Circa 2 giorni fa, un drone è esploso nel centro della città portuale israeliana di Tel Aviv, provocando la morte di una persona ed allarmando con buona evidenza tutte le autorità nazionali: l’attacco è stato rivendicato proprio dagli Houthi. Ovviamente, la reazione dello Stato ebraico non si è fatta minimamente attendere, tanto che il poco dopo è stato rivendicato un attacco aereo israeliano al porto di Hodeida in Yemen proprio dal Premier Benjamin Neanyahu, secondo cui non esiste un luogo troppo lontano per il braccio dello Stato israeliano. La situazione però è ben più tragica, perché le ostilità non finiscono qui.

L’impeto ed il sentimento d’odio comune tra le due realtà non si arresta con le reciproche attribuzioni. Il conflitto tra le due parti si muove spesso nell’ormai assediato Mar Rosso, stando alle notizie dell’IDF, la quale avrebbe intercettato – nella notte fra il 19 ed il 20 luglio – un missile yemenita diretto verso Israele. Come se la situazione non fosse già pesante di suo, non si è fatta attendere la dichiarazione di Hezbollah sugli attacchi mirati, che stando alle dichiarazioni del nucleo paramilitare segnerebbe una “pericolosa nuova fase”. Tutto quello che ora non serve alla regione araba è proprio un’escalation in grado di annientare ogni impegno diplomatico per gestire la difficile crisi di Gaza ed una soluzione che veda “Due popoli e due stati” convivere pacificamente, già difficile da immaginare in questo periodo, dati alla mano.

Il punto è che buona parte di questi attacchi hanno un’ingerenza fortissima anche per gli stati occidentali, basti pensare all’ultimo attacco registrato oggi alla nave americana Pumba sempre nel Mar Rosso. La connessione e la vicinanza degli USA nelle dinamiche politiche dello Stato ebraico, sono un’occasione ulteriore per le milizie yemenite, le quali non hanno disdegnato un attacco missilistico combinato anche contro la città israeliana di Eilat. L’aggressione dell’imbarcazione americana segna un monito nei confronti dell’Occidente, per scoraggiare eventuali foraggiamenti ed appoggi ad Israele dagli altri continenti.

Abdul Malik, Leader degli Houthi, ha dichiarato che i cittadini ebrei non siano più al sicuro nella città di Tel Aviv: un avvertimento preoccupante e che fa presagire ulteriori fuochi incrociati, oltre alle vittime civili che potrebbero ritrovarsi coinvolte dall’una e dall’altra parte. Come abbiamo avuto modo di constatare dopo gli attacchi iraniani avvenuti ad Aprile, Israele non ha alcuna intenzione di arrendersi, anzi preferisce controbattere con tutte le proprie forze contro i propri avversari limitrofi.

Nel frattempo, il Presidente israeliano Benjamin Netanyahu sembra aver perso le staffe per l’accerchiamento dei paesi islamici, affermando di voler comattere l’Iran e tutte le sue metastasi ovunque esse si trovino nel continente arabo. Lo stesso Primo ministro di cui sopra, dovrà interfacciarsi con Joe Biden a Washington il prossimo martedì e le preoccupazioni non sono poche: tra il primo che dimostra di avere un’indole decisamente irascibile visto il corso degli ultimi eventi e l’altro che probabilmente non riesce neanche a contare fino alla modica cifra di 10 sulle dita di una mano, prima di sparare qualche stupidaggine al vento. Altro che Trump, qua la società globale rischia di collassare sotto il peso della confusione e di quella guerra che Hobbes definì con l’accezione di “Tutti contro tutti”.

Il dialogo ormai non sembra essere una valida alternativa al conflitto, assurdo pensare che fino a qualche giorno fa Tony Blinken si ritenesse fiducioso sui negoziati per il “Cessate il fuoco” a Gaza: qua la pace sembra un concetto distopico e lontano anni luce, l’unica “linea d’arrivo” – per citare il Segretario di Stato americano – sembra quella afferente la fine di un intero continente che man mano si sgretola sotto le bombe.

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Gabriele Caramelli
Gabriele Caramelli
Studente universitario di scienze storiche, interessato alla politica già dall’adolescenza. Precedentemente, ha collaborato con alcuni Think Tank italiani online. Fermamente convinto che “La bellezza salverà il mondo”.

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