La nuova frontiera delle lobby LGBTQI+ è nello sport. Ebbene sì, perché secondo alcuni l’uguaglianza passa anche nelle sfide sportive, anche quando queste assumono tratti più discriminatori che altro.
Il tema dei transgender che partecipano nelle competizioni femminili, sebbene abbiano “forza, velocità, resistenza come quelle degli uomini” è un tema discusso da anni e nel corso del tempo ha subito degli (alquanto spiacevoli) sviluppi, che stanno portando a delle conseguenze anche drammatiche, considerando alcuni episodi che hanno in passato già creato danni irreparabili sotto svariati punti di vista.
Ricordiamo ad esempio la commozione cerebrale e le 7 ossa craniche rotte di Tamikka Brents, letteralmente fatta a pezzi dall’atleta trans Fallon Fox. O ancora, la corsa di atletica leggera che nel 2019 vide sul podio due trans, Terry Miller e Andraya Yearwood, che si guadagnarono rispettivamente il primo e il secondo posto lasciando, ingiustamente, dietro le altre atlete.
Due tipi di risultati diversi, ma che portano ad una conclusione comune, ovvero il fatto che non è possibile far gareggiare atleti transgender come fossero donne quando presentano fisiologicamente delle caratteristiche da uomini.
Recentemente, il tema dei transgender nello sport ha catturato una nuova attenzione in seguito alla decisione della Commissione di Boxe della Florida di approvare i livelli ormonali di Alana McLaughin, ex membro delle Forze speciali dell’Esercito americano, a cui è stato permesso di gareggiare con atlete donne.
Come ricordato già per il caso Brents-Fox, c’è qui il rischio concreto che McLaughin possa arrecare seri danni alle avversarie, soprattutto in considerazione del fatto che questi tipi di combattimenti non sono di certo ‘leggeri’.
Sul tema è intervenuto anche Claudio Alberton, decano e maestro degli sport di combattimento in Italia, che ha messo in guardia su questa ossessione di uguagliare i transgender alle donne nel mondo dello sport: “È un abominio. In Italia nel caso sarebbe uno scontro tra due trans o tra un trans e un maschio”. Infatti, sebbene il trans grazie all’utilizzo di ormoni possa cambiare morfologia ed estetica, “la sua forza fisica resta quella di un uomo”.
L’equiparazione trans-donna in Italia fortunatamente non è ancora avvenuta, o per lo meno non sotto ogni aspetto possibile. L’augurio è quello di arrivare quanto prima ad una regolamentazione universale nel mondo dello sport, in modo che non ci siano più discriminazioni nei confronti di donne costrette a competere con transgender che hanno caratteristiche oggettivamente più favorevoli, ma soprattutto affinché venga eliminato il pericolo concreto, e che paradossalmente verrebbe concesso, che le donne rischino la propria vita per gareggiare contro chi ha, di fatto, la forza di un uomo.