Trump e i dazi: un’arma geopolitica per un nuovo ordine mondiale?

Mentre Trump alza i dazi e rimescola gli equilibri globali, l’Italia agisce. Giorgia Meloni, con la preparazione di un viaggio a Washington, adotta la postura di chi vuole difendere l’interesse nazionale e ricucire il dialogo tra Europa e Stati Uniti.

Mentre il mondo osserva con apprensione i dazi imposti da Donald Trump, una domanda scomoda inizia a farsi strada: e se non fossero solo misure economiche, ma strumenti per riscrivere la gerarchia globale?

Nel disegno emergente, USA e Cina sembrano configurarsi come le due superpotenze dominanti. La Russia, lasciata sorprendentemente fuori dall’ondata di tariffe, potrebbe essere tollerata come attore regionale purché resti fuori da un’alleanza piena con Pechino. L’Unione Europea, invece, appare colpita duramente e intenzionalmente: disunita, vulnerabile, economicamente sotto pressione. Un’UE frammentata è meno pericolosa di un’Europa forte e coesa.

Il resto del mondo? Potenze regionali o satelliti. Il Giappone e l’India, entrambi membri del Quad e teoricamente alleati chiave nel contenimento della Cina, subiscono dazi pesanti. È un paradosso che potrebbe rivelare una visione più radicale: sacrificare anche gli alleati secondari per costruire un equilibrio a due poli, dove solo i giganti siedono al tavolo dei negoziati.

Australia e Regno Unito, legati agli USA tramite l’AUKUS, ricevono trattamenti meno severi (10%), ma non vengono promossi nel club delle superpotenze. Turchia e Israele restano agganciati a Washington, forse più per calcolo strategico che per reale affinità.

Il rischio di questa strategia è enorme. Un’alleanza tattica tra Germania, Francia, Italia e la Cina – per quanto oggi improbabile – potrebbe ribaltare la scacchiera. Se l’Europa decidesse di inseguire i propri interessi economici in Asia, e la Russia fungesse da ponte energetico (attraverso la strategia pivot to Asia che attenuerebbe le sanzioni occidentali), la tanto temuta Eurasia unita diventerebbe una realtà.

Eppure Trump potrebbe aver previsto tutto. Scommette su un negoziato con Pechino, su una Russia neutrale e su un’Europa incapace di rispondere. Se riuscisse, avrebbe non solo ridisegnato la geopolitica globale, ma dimostrato che in un mondo privo di regole condivise, il pragmatismo brutale può ancora vincere.

In questo scenario, Giorgia Meloni si distingue per una postura intelligente e realista: tentando di frenare l’escalation tra UE e USA, e predisponendo un viaggio istituzionale negli Stati Uniti per riaprire un dialogo diretto, sta interpretando al meglio il ruolo che l’Italia può giocare. Né subalterna né isolata, ma mediatrice strategica tra due fuochi. E forse, proprio in questo fragile equilibrio, c’è la chiave per non essere schiacciati nella nuova partita globale.

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Ulderico de Laurentiis
Ulderico de Laurentiishttp://www.uldericodelaurentiis.it
Direttore Responsabile de "La Voce del Patriota".

1 commento

  1. E’ inutile cercare di dare una spiegazione razionale alla “politica” del Sig. Trump, o addirittura cercare di congetturare che ci sia una strategia.
    La sola sentenza possibile è quella del grande storico Carlo Cipolla: il cretino fa più danni del delinquente.
    Purtroppo il soggetto in questione è anche presidente del più grande Paese dell’Occidente.
    Un consiglio da amico: Sig. Trump, pensi a contrastare i woke e lasci economia e politica a qualcuno che ne capisca qualcosa, fuori dalla Sua corte dei miracoli.
    Che Dio ci conservi Giorgia.

    Con affetto

    Alessandro

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