Trump non ci attacca, ci costringe a svegliarci

Mentre i commentatori di casa nostra si stracciano le vesti come comparse di una tragedia greca, e i leader europei si dicono “scioccati” dai dazi introdotti da Donald Trump, vale la pena ricordare una verità elementare: Trump è stato eletto dagli americani, e lo è stato per applicare la dottrina che ha sempre rivendicato con orgoglio, America First. Chi si indigna oggi finge di non conoscere né l’uomo, né la sua visione. E soprattutto, dimentica che il vero problema non è Trump, ma l’Europa.

Sì, perché doveva arrivare Trump a svegliarci dal torpore. Doveva arrivare lui per costringerci a guardare in faccia la realtà: è stata proprio l’Europa, in questi ultimi trent’anni, a svendere pezzo dopo pezzo la propria economia, il proprio know-how, la propria capacità produttiva alla Cina, per compiacere i dogmi del mercato globale e i diktat delle grandi multinazionali. E ora, con un tempismo degno di un meme, leggiamo Ursula von der Leyen annunciare che «l’Europa risponderà sostenendo i propri mercati e le produzioni nazionali».

Scusate, ma: da quando aiutare le produzioni nazionali è diventato un provvedimento d’emergenza?

La verità, scomoda ma necessaria, è che per i burocrati di Bruxelles l’idea di tutelare le proprie imprese è quasi una bestemmia. Questo la dice lunga su chi sia il vero nemico di noi europei. Non sta a Washington, ma abita nei palazzi grigi dell’Unione Europea.

Chi conosce Trump — e per commentarlo bisognerebbe almeno averlo studiato, non solo odiato a comando — sa bene che i dazi non sono altro che la prima mossa di una trattativa. Trump non è uno che bombarda a caso: Trump tratta. Lo ha sempre fatto. E questa mossa è solo l’inizio di un nuovo tavolo negoziale al quale l’Europa sarà costretta a sedersi, volente o nolente. Magari parlando non solo dei dazi americani, ma anche di quelli europei sulle merci statunitensi.

Lo stesso vale per la difesa. Per decenni ci siamo cullati nell’illusione che bastasse l’ombrello NATO, cioè americano, per sentirci al sicuro. Ma serviva l’ennesimo scossone di Trump per ricordarci che dobbiamo difenderci da soli, che servono eserciti, risorse e visione strategica. Non a caso Fratelli d’Italia chiede da sempre di arrivare al 2% del PIL per la spesa militare: un obiettivo che ora persino i più scettici iniziano a considerare serio. Perché la sicurezza costa. E non si può più delegare a Washington.

Ma anche l’economia costa. E ancora una volta, è Trump a farci aprire gli occhi: ci siamo condannati con le nostre mani, strangolando l’impresa con regolamenti assurdi, tasse soffocanti, burocrazia suicida. Non è un caso se in Europa non è mai nata una big tech company. In Europa fare impresa è una corsa a ostacoli. E chi, come noi italiani, conosce da vicino settori come la moda e l’agroalimentare, sa bene di cosa stiamo parlando: ogni giorno è una battaglia contro leggi pensate per complicare la vita a chi produce, a chi crea lavoro, a chi innova. Leggi che sembrano scritte apposta per favorire gli altri.

E allora, ben venga Trump. Perché sta squarciando il velo dell’ipocrisia. Sta costringendo l’Europa a guardarsi allo specchio. E non è un bello spettacolo. Altro che demonizzarlo: oggi dovremmo dirgli grazie. Grazie per averci mostrato la verità. E soprattutto: viva Trump! Perché la vera domanda, oggi, non è «Cosa sta facendo quel cattivone di Trump?», ma piuttosto: Cosa non ha fatto l’Europa in questi ultimi 30 o 40 anni per difendere sé stessa?

Ecco, forse la risposta fa un po’ più male. Ma era ora.

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Alessandro Nardone
Alessandro Nardone
Consulente di marketing digitale, docente alla IATH Academy, è autore di 9 libri. È stato inviato di Vanity Fair alle elezioni USA dopo aver fatto il giro del mondo come Alex Anderson, il candidato fake alle presidenziali americane del 2016.

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