Tutto il mondo, da ieri sera, ha puntato gli occhi sull’incontro tra il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, e il presidente statunitense, Donald Trump. Un incontro insolito in cui i due leader non le hanno mandate a dire. Dopo una serie di convenevoli e di buone intenzioni, la situazione si è scaldata. Nella diatriba si aggiunge anche il vicepresidente americano, J.D. Vance, che ha sottolineato come l’Ucraina dovrebbe ringraziare il sostegno statunitense, mentre il tycoon faceva pesare la posizione di forza di Washington rispetto a Kiev. Scene che forse potevamo risparmiarci. Scene che forse sono anche il risultato di una tensione quasi fisiologica, ormai giunti nella fase più delicata del conflitto, quella per cercare una quadra, un accordo che piaccia a tutti. Ed è anche questo il concetto che ha sottolineato Trump nelle sue dichiarazioni: bisogna aiutare l’Ucraina in base a un accordo che soddisfi Kiev, gli Stati Uniti, l’Europa e, non da ultima, la Russia, che rappresenta una metà delle trattative.
Soffermarsi, dunque, sull’alterco tra Zelensky e Trump potrebbe essere riduttivo. Va probabilmente catalogato in uno di quei momenti in cui i proclami sono più ampi degli atti concreti. E sappiamo che questa è forse la strategia più forte dell’attuale presidente americano, partire con delle dichiarazioni forti che destano su di lui l’attenzione di tutti. Lo ha detto anche il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giovanbattista Fazzolari, ieri: “L’errore più grande che chiunque di noi può fare è quello di inseguire le dichiarazioni, aspettiamo di vedere che cosa accadrà concretamente”. Da provocatore qual è, però, Trump avrà l’onere di non dimenticare il motivo per il quale l’Occidente tutto ha scelto di sostenere la causa ucraina.
Con interessi differenti tra loro, i due pilastri fondamentali della Nato hanno scelto di stare dalla parte di Kiev. L’Europa lo ha fatto concretamente per difendere i confini, per evitare che l’ingerenza russa diventasse troppo forte sul nostro continente, con quello che significherebbe permettere a Mosca di avanzare verso Balcani e Mediterraneo. Gli Usa dovevano difendere l’Europa per rimarcare i loro interessi e per difendere soprattutto un modello democratico che non può essere messo in discussione. Interessi diversi, ma combacianti: è anche questa la forza dell’Occidente. E non a caso, Zelensky su X ha ribadito la sua vicinanza agli Stati Uniti: “Grazie America, grazie per il tuo supporto, grazie per questa visita. Grazie Presidente degli Usa, il Congresso e il popolo americano. L’Ucraina ha bisogno di una pace giusta e duratura e noi stiamo lavorando proprio per questo”.
Il monito di Meloni: “Ogni divisione rafforza chi vorrebbe il nostro declino”
Per questo, al di là dei vari leader europei che hanno a gara per esprimere solidarietà a Zelensky, vale il messaggio, l’invito alla coesione di Giorgia Meloni: “Ogni divisione dell’Occidente ci rende tutti più deboli e favorisce chi vorrebbe vedere il declino della nostra civiltà. Non del suo potere o della sua influenza, ma dei principi che l’hanno fondata, primo fra tutti la libertà. Una divisione non converrebbe a nessuno. È necessario un immediato vertice tra Stati Uniti, Stati europei e alleati per parlare in modo franco di come intendiamo affrontare le grandi sfide di oggi, a partire dall’Ucraina, che insieme abbiamo difeso in questi anni, e di quelle che saremo chiamati ad affrontare in futuro. È la proposta che l’Italia intende fare ai suoi partner nelle prossime ore”. Insomma: dialogo, dialogo e ancora dialogo, per trovare il punto d’incontro tra interessi comuni. È Meloni dunque a richiamare all’ordine, a rimarcare la comunanza di valori e di interessi che lega tutto l’Occidente, in senso lato. Permettere ad agenti esterni di dividerci gioverebbe soltanto in loro favore. In realtà, noi occidentali siamo tutti dalla stessa parte.